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cronaca

Il Covid-19, la fiducia nei vaccini e come ci siamo informati

 

Partiamo dalla fiducia. I dati arrivano da un sondaggio in otto paesi diversi ( Brasile, Cina, Germania, India, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti.), Global Web Index ha creato cinque profili per aiutare a illustrare come gli atteggiamenti tipici nei confronti dei vaccini differiscano a seconda di una serie di fattori, come età, reddito, stile di vita e valori. Per usare un numero di sintesi, il 66% è favorevole al vaccino per il Covid-19. La percentuale è piuttosto bassa. All’interno di questo gruppo, per fortuna, i sostenitori del vaccino sono più i giovani (età 18-34 anni), sono professionisti, hanno un reddito elevato e vivono in città. Il 12% è dichiara invece più che sciettico, “riluttante” al vaccino, il che significa che non è sicuro di riceverne uno. Le loro paure nascono principalmente dall’ansia e da messaggi giudicati “controversi” che arrivano direttamente dalla comunità scientifica. I risultati sono riassunti in questa infografica pubblicata su Visual Capitalist.

 

E in Italia come ci siamo informati sul Covid? Il 42,7% degli italiani ritiene di avere un ottimo livello di conoscenze sulla vaccinazione contro il Covid-19, il 23,3% scarso o sufficiente, e circa 1/3 discreto. La principale fonte di informazione sul Covid-19 sono stati finora tv (66,6%) e internet (45,3%).

Lo evidenzia l’indagine condotta su oltre 12.300 persone, dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, presentata questa mattina.

A sentirsi più sicuri delle proprie conoscenze sono gli over 65 (48,7%), mentre si sentono più disinformati coloro che hanno tra i 45 e i 54 anni (26,9%). Per il prossimo futuro la maggior parte degli italiani vorrebbe maggiori informazioni da istituzioni sanitarie (54,6%), medici di medicina generale e pediatri di libera scelta (45,5%) e medici specialisti (34,5%), in particolare sugli effetti collaterali e su come funzionano i vaccini anti-Covid.

L’indagine ha anche analizzato i fattori che possono aumentare la propensione a vaccinarsi, come il tempo necessario a vaccinarsi o le modalità di prenotazione. E’ così emerso che la probabilità di vaccinarsi aumenta quando il luogo della somministrazione del vaccino è più accessibile e facilmente raggiungibile, l’efficacia del vaccino è maggiore, il tempo necessario per vaccinarsi è minore, e quando l’appuntamento per la vaccinazione è comunicato e confermato automaticamente a meno di cancellazione. La propensione cala quando il rischio di effetti collaterali è maggiore e la maggioranza delle persone è contraria alla vaccinazione.
Tra gli interventi suggeriti per migliorare ancora di più l’adesione alla campagna vaccinale “ci dovrà essere senz’altro una strategia di comunicazione mirata, condivisa ed unica, semplice e comprensibile anche a chi è meno istruito”, commenta Sabina Nuti, rettrice della Scuola S. Anna, oltre ad inserire nei siti regionali e aziendali una sezione informativa sull’efficacia e i rischi dei vaccini (Ansa).