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economia

«Pronto? Stai ancora lavorando?» Smartworking indisciplinato nell’era pre-Covid

“Ah no? Scusa era solo per una cosa veloce…“. Il o la responsabile che ti chiama oltre l’orario d’ufficio, durante i weekend o nelle giornate di ferie: se pensate che sia un fenomeno solo dovuto all’home working (e alla sua massiccia diffusione a partire da marzo), vi sbagliate.

Già l’anno scorso, in periodo pre-covid, era una cosa abbastanza comune: l’Istat ha provato a misurare quanti lavoratori abbiano ricevuto (nei due mesi precedenti l’intervista) un contatto da un cliente o dal datore di lavoro durante il proprio tempo libero.

Il risultato? Già la media totale dei nostri connazionali è significativa: quasi uno ogni due ha ricevuto almeno un contatto, e il 16% più di un paio in 60 giorni.

Guardando lo spaccato professionale per attività, appare, come immaginabile, che siano le posizioni più qualificate a ricevere sollecitazioni più frequentemente: solo il 38% ha dichiarato di non avere ricevuto alcun contatto, contro il 73% di quelle generiche.

E se amate la tranquillità domestica con una netta separazione tra vita privata e lavoro, gli impieghi in agricoltura, industria in senso stretto e servizi alla famiglia fanno per voi. Dall’altro capo della classifica, cioè i settori dove i lavoratori impiegati hanno più di altri hanno ricevuto contatti da clienti o datori di lavoro, si trovano i servizi alle imprese, quelli di comunicazione e informazione e le costruzioni.

Scusa, so che sei fuori, ma è per una cosa urgentissima“. Pensate che fossero tutte questioni improcrastinabili? Nient’affatto: tra coloro che hanno ricevuto più contatti solo la metà ritiene che alla richiesta era implicita una reazione immediata: il resto poteva aspettare, magari una mail da leggere con calma la mattina successiva.

Il diritto alla disconnessione, cioè a separare in modo chiaro le ore da dedicare al lavoro da quelle del riposo (o per la famiglia o i propri interessi), è uno dei temi al centro della contrattazione tra imprese e lavoratori, e già alcune aziende hanno anticipato i tempi.

Nel 2020, durante i mesi di lockdown, la tecnologia si è mostrata certamente una valida alleata per proseguire con il lavoro, ma talvolta anche una fastidiosa intromissione in luoghi, tempi e spazi che prima erano separati e “personali”: per la conferma (e la misura) di questa supposizione, tuttavia, dovremo attendere la prossima indagine Istat, tra dodici mesi.