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economia

Agriturismi e fattorie didattiche: i tassi di sopravvivenza e il bussiness di lungo periodo

Dall’ultimo rilevamento di Istat, emerge che il settore dell’agriturismo è in forte crescita, da nord a sud: si sfiora il +1% delle nuove attività dal 2017 al 2018 per un totale di 23.615 realtà censite nell’ultimo anno. Tra il 2007 e il 2018 la crescita delle aziende agrituristiche è stata addirittura superiore al 33%, con un saldo attivo di 5.895 aziende. Oggi il 60% dei comuni italiani (precisamente 5.034 su 7.960) ospita almeno un agriturismo, con in media 4,7 aziende per comune.

Solo nell’ultimo anno è cresciuto il numero di comuni che ospitano agriturismi (+2,9%), gli arrivi, cioè il numero di persone che prenotano (+5,9%) e le presenze, cioè il numero di giornate di vacanza prenotate (+5,6% per un totale di 13,4 milioni di notti nel 2018). Gli aumenti maggiori si registrano nel Nord-est (+2,4 milioni) e nel Centro (+1,6 milioni).

Emerge dunque – si legge nella nota – sia un aspetto intensivo, dato dalla crescita del numero complessivo di agriturismi, sia un aspetto diffusivo dovuto alla maggiore articolazione a livello comunale.

Nel 2018, la metà delle aziende agrituristiche si trova in collina, il 31% in montagna e il 16% in pianura. In particolare il Paradiso degli agriturismi è la Toscana, che ospita un quinto delle attività di tutta Italia e conta nel 2018 oltre 60 mila posti letto, di cui oltre 43 mila presso abitazioni indipendenti. Seguono la Provincia Autonoma di Bolzano (13%), la Lombardia (7%) e il Veneto (6%). I comuni con almeno 100 aziende agrituristiche sono 8: Grosseto, Castelrotto, Appiano sulla strada del vino, Cortona Caldaro sulla strada del vino, Manciano, Assisi, San Gimignano).

Se zoomiamo sul comparto degli agriturismi montani notiamo che quasi la metà delle attività si concentra nella Provincia di Bolzano e che la seconda regione in classifica è la Toscana. Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta e Veneto rappresentano ognuna intorno al 3% degli agriturismi montani, il Friuli Venezia Giulia appena l’1,2%.

Ma che cosa significa agriturismo? Spesso è sinonimo di buona tavola, sport, attività all’aperto, riposo e benessere. Molto meno spesso di agricoltura didattica. Nel 2018, solo il 6,4% delle aziende agrituristiche (1516) svolgono attività di fattoria didattica (AFD). La maggior parte delle fattorie didattiche si concentra in Piemonte, Lombardia e Veneto, mentre in Toscana, pur essendoci la fetta più consistente di agriturismi del paese, ci sono solo 64 fattorie.

La buona notizia è che l’imprenditoria femminile qui è molto marcata. Le aziende agrituristiche con fattorie didattiche sono un settore gestito prevalentemente da imprenditori giovani e, in particolare, da donne. Rispetto al 2011 le fattorie didattiche femminili sono aumentate del 40% (per gli agriturismi non AFD gestiti da donne l’incremento è del 16%), mentre per gli AFD gestiti da maschi l’incremento è pari al 31%.

Nel complesso, in tutto il settore agrituristico si registra un aumento delle aziende a conduzione femminile: +1% tra il 2017 e il 2018, anche se le titolari rimangono il 36% del totale. La presenza femminile in proporzione rispetto al totale delle imprese agrituristiche è più elevata al sud, in particolare in Basilicata (50,8%), Liguria (49,8%), Campania (49,1%), Valle D’Aosta (48,3%) e Abruzzo (48%). Il Trentino-Alto Adige si conferma invece la regione con la minor incidenza di aziende agrituristiche a gestione femminile (14,8%) soprattutto nella provincia autonoma di Bolzano (13,3%).

Certo, va detto che quella agrituristica non sembra essere un’attività a lungo termine. L’età media delle realtà attive fino al 2018 è di poco inferiore ai 12 anni. La probabilità di sopravvivenza delle aziende agrituristiche a un anno dalla nascita è pari al 94%. Dopo 5 anni le probabilità di sopravvivenza delle aziende diminuiscono in modo significativo, tale riduzione è meno accentuata per le aziende gestite da giovani conduttori (18–25 anni) e, in particolare, per quelle del Nord-est. Dopo 10 anni di vita questa probabilità si riduce significativamente ma, ad eccezione del Sud, non scende mai sotto il 52%.