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cronaca

Spesa sanitaria, perché continuano a crescere i consumi di farmaci a brevetto scaduto?

 

Anche per il 2018 si conferma il trend in crescita nel consumo di farmaci a brevetto scaduto, che costituiscono il 65,9% della spesa e l’82,7% dei consumi in regime di assistenza convenzionata. In lenta crescita anche l’uso dei farmaci equivalenti, ossia i medicinali prodotti ex novo a partire da principi attivi di farmaci con brevetto scaduto, che hanno rappresentato invece il 19,0% della spesa e il 29,4% dei consumi totali.

Solo sette anni prima, nel 2011, i farmaci a brevetto scaduto rappresentavano il 37% della spesa di farmaci di classe A (gratuiti per i cittadini perché rimborsati), ovvero la metà rispetto al 2018. Solo nell’ultimo anno il loro peso sul totale è cresciuto del 6%. Un gap simile si osserva anche nell’uso dei farmaci equivalenti, che nel 2011 rappresentavano solo il 9% della spesa nell’assistenza territoriale, contro il 19% di oggi.

In altre parole oggi il 17% dei farmaci utilizzati in assistenza convenzionata è ancora coperto da brevetto, incidendo per il 34% sulla spesa farmaceutica territoriale totale. Lo evidenzia l’ultimo rapporto annuale OSMED di AIFA “L’uso dei farmaci in Italia. Rapporto Nazionale 2018”.

Una precisazione terminologica. Spesso sentiamo parlare – erroneamente –  di medicinale “generico”. Inizialmente, nel 1996, questo termine era stato introdotto come sinonimo di “equivalente” rispetto a un “originator” con brevetto scaduto, ma dal momento che il termine “generico” poteva indurre nella popolazione l’idea che si trattasse di specialità meno efficaci o ad azione non specifica, nel 2005 si è deciso di sostituito ufficialmente con la formula “medicinale equivalente”.

La prima regione con la maggiore incidenza della spesa per farmaci a brevetto scaduto sulla spesa farmaceutica convenzionata regionale è l’Emilia Romagna con  il 70,7%, seguita dall’Umbria (69,6%) e dalla P.A. di Trento (69,2%). Lombardia (60,7%), Valle d’Aosta (64,4%) e Sardegna (64,5%) sono invece le regioni con il livello di spesa più basso.

Un’altra buona notizia è che non si riscontrano differenze regionali particolarmente rilevanti: sia a nord che al centro che a sud la percentuale di spesa rappresentata dai farmaci di classe A a brevetto scaduto è intorno al 65%. Non si può dire invece lo stesso dell’uso dei farmaci equivalenti, la cui spesa rappresenta il 18% del totale in Calabria, il 19% in Basilicata e Campania, e il 20% in Sicilia, ma sale al 41% in Lombardia e al 43% nella Provincia Autonoma di Trento. Più si scende da nord a sud, meno si utilizzano di farmaci equivalenti, rispetto agli ex originator, cioè ai farmaci per i quali è solo scaduto il brevetto.

La maggior parte dei farmaci a brevetto scaduto utilizzati riguarda l’ambito cardiovascolare e antimicrobico, con percentuali rispettivamente intorno all’84%.

I primi tre principi attivi a brevetto scaduto a maggiore spesa nel 2018 sono il pantoprazolo e il colecalciferolo (entrambi di classe A). Il primo usato contro l’ulcera gastrica e le malattie del reflusso gastroesofageo, rappresenta 272 milioni di euro di spesa, mentre il secondo uno steroide noto come Vitamina D, 268 milioni di euro: il 17% di spesa in più rispetto al 2017. Il terzo medicinale a brevetto scaduto è l’atorvastatina (farmaco di classe C, perciò a spese del cittadino),  usato per abbassare il colesterolo, che ha prodotto una spesa pari a 248 milioni di euro solo nel 2018, una variazione del 6% sull’anno precedente. Fra gli antimicrobici, al primo posto troviamo l’Amoxicillina, un antibiotico usato fra le altre cose contro Streptococchi e influenza e in generale contro le infezioni batteriche delle via aeree superiori e del tratto respiratorio. Sempre fra i farmaci di classe C troviamo ai primi posti per spesa il bisoprololo, betabloccante contro l’insufficienza cardiaca, aritmie e ipertensione, con 138 milioni di spesa annua, il 6,8% in più del 2017.