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economia

Un’impresa su cinque è ambulante. E non sono solo stranieri

Ventidue imprese commerciali su 100 in Italia sono ambulanti. Sono gli ultimi dati diffusi da Unioncamere sulla base del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio: al 30 giugno 2019 si contavano 183 mila attività registrate, per il 95% micro-imprese individuali e 4 su 10 in sole tre regioni: Campania (con oltre 29mila realtà), Lombardia (21.231 imprese registrate) e Sicilia (19.025 attività). Rispetto al 2018 si osserva un calo di quasi 6.000 imprese ambulanti, prevalentemente in ambito tessile.
I comuni con la maggiore densità di queste imprese sono tutti nel Meridione, a partire da Castel Volturno (Caserta), con ben 2 imprese ambulanti ogni 3 attività commerciali. Al secondo posto San Giuseppe Vesuviano (Napoli) con il 58,5% e al terzo Quartu Sant’Elena (Cagliari) con il 49,2%. Seguono i Comuni di Lamezia Terme (Catanzaro) con il 49%), Lecce con il 47,4% di imprese commerciali ambulanti e Agrigento con il 47,2%.
Sono ben 37 i comuni italiani con più di 500 imprese di questo tipo e 6.500 (su 7900 comuni!) quelli con almeno un’impresa ambulante.

Avviare un’impresa ambulante è una prerogativa degli stranieri? No. Certo, una grossa parte di queste attività – il 56% – ha come titolare una persona di nazionalità straniera ma un’analisi territoriale dettagliata mostra un’Italia dai profili variegati, con comuni dove la quota di ambulanti italiani è schiacciante rispetto a quella dei colleghi stranieri. Ad Andria per esempio il 95,3% dei titolari di impresa del commercio ambulante è italiano, ad Enna l’82,1% e anche in grandi città si assiste allo stesso fenomeno: a Bari è italiano oltre il 78,7% degli ambulanti; a Brindisi il 70,6%, mentre a Torino, gli ambulanti italiani sono il 66,6% dei titolari di esercizi mobili. All’altro estremo, i territori con minore presenza di imprenditori ambulanti nati in Italia sono le province di Catanzaro (solo il 20,5% rispetto al totale), Reggio Calabria (21,3%) e Caserta (23,1%).

Non sono i cinesi a dominare il mercato degli ambulanti. Troviamo le attività cinesi solo al sesto posto, con meno di 4.000 imprese registrate, meno rispetto a quelle gestite da nigeriani e pakistani, e molte meno rispetto a quelle di bangladesi, senaglaesi e marocchini.
La fetta più grossa di ambulanti stranieri, 4 su 10, è marocchina (36 mila attività), a cui seguono, sebbene a distanza, i commercianti dal Senegal (15 mila attività) e dal Bangladesh (circa 15mila imprese). Anche sotto questo aspetto a seconda del territorio le prevalenze delle varie nazionalità di concentrano diversamente: a Caserta il 68,2% degli ambulanti viene dal Senegal, a Reggio Calabria il 65% ha origini marocchine, mentre a Castel Volturno sono i nigeriani a rappresentare il 58,1% delle imprese ambulanti.
Un aspetto che differenzia nord e sud è il fatto che nel meridione il legame territoriale: la maggior parte di chi esercita un’attività ambulante al sud lo fa nel paese dove è nato, mentre al nord il fenomeno è molto meno presente. A Bari, la città dove questa dinamica è più evidente, il 97,5% delle imprese ambulanti ha come titolare una persona nata nella stessa provincia. Seguono Palermo e Napoli, dove, rispettivamente, il 96,3% e il 95% degli ambulanti proviene dal rispettivo territorio comunale. A Brescia, la prima città del centro nord in questa classifica, in ventesima posizione, l’83% degli ambulanti è nato all’interno della stessa provincia. Fa eccezione Bolzano in quinta posizione, con il 93,5% di ambulanti autoctoni.

Che cosa si commercia? Prevalentemente abbigliamento, che rappresenta il 38% delle attività ambulanti, seguono “altri prodotti” cioè fiori, cosmetici, detersivi per un altro 37,3%, mentre il settore alimentare rappresenta solo il 18% delle attività ambulanti, prevalentemente prodotti ortofrutticoli.