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Matematica, i numeri primi nell’epoca dei Big data

Se state leggendo questo articolo, molto probabilmente dovreste essere appassionati di numeri o quantomeno averne una certa familiarità.
A differenza del solito, in questa occasione non ci si servirà dei numeri per rappresentare un fenomeno, bensì si proverà ad approfondire un ambito piuttosto affascinante della materia, vale a dire i numeri primi.
Se i numeri sono gli elementi base di tutta la matematica, i primi sono di fatto gli ingredienti per creare qualsiasi altro numero visto che ogni cifra può essere ottenuta moltiplicando numeri primi e, da definizione, un numero primo è un numero naturale strettamente maggiore di uno che sia divisibile solo per sé stesso o per uno.
I primi studi relativi a questi numeri risalgono ai tempi dell’Antica Grecia quando Euclide diede un grande contributo alla materia dimostrando che i numeri primi sono infiniti.
Per farlo si chiese se esistesse un numero finito di numeri primi che moltiplicati tra loro potesse produrre tutti gli altri numeri e come primo tentativo prese in esame il due, il tre e il cinque.
Dalla loro moltiplicazione si ottiene trenta, e il colpo di genio di Euclide fu quello di sommarvi uno in modo da ottenere il trentuno, numero non divisibile né per due, né per tre né per cinque, rendendolo a sua volta primo.
Anche aggiungendo il trentuno alla lista dei numeri primi, Euclide poteva ripetere lo stesso trucco dell’aggiunta di un’unità all’infinito e per quanti numeri ci fossero sulla lista, poteva dimostrare che ce n’erano sempre dei mancanti, a dimostrazione della loro infinità.
Anche a dispetto di questa prima grande intuizione, Euclide non fu in grado di prevedere con quale frequenza questi numeri si disponessero e, ad oggi, il modo in cui si presentano resta uno dei misteri più enigmatici di tutta la matematica.
Nell’infografica sono rappresentati i primi mille numeri primi colorati in modo da farli risaltare all’interno dell’insieme che li contiene fino al numero 7919 e che li ordina dall’alto a sinistra (1) fino in basso a destra (7919).
In aggiunta viene fornita sia il loro conteggio ad intervalli di centinaia (1-80) sia la loro distribuzione in funzione della loro ultima cifra alla quale è stato assegnato un colore che li contraddistingue anche nel grafico principale.

Osservandone la disposizione risulta impossibile trovare una frequenza o un pattern con il quale appaiano tra tutti gli altri numeri: a volte sono separati per poche unità, mentre in altri casi ci sono “buchi” molto più vasti come ad esempio nella parte finale del grafico tra 6491 e 6521.

Inoltre, benchè possa essere facile pensare che la maggior parte dei numeri primi si concentri principalmente all’inizio della sequenza, fatta eccezione per il primo centinaio che contiene venticinque primi ed il secondo che ne conta ventuno, proseguendo con la divisione a blocchi di cento è possibile notare come la distribuzione sia piuttosto aleatoria senza presentare alcun tipo di andamento regolare.
Tenendo a mente che l’ultimo centinaio (80) non è completo visto che l’ultimo numero è il 7919, ci sono comunque diversi casi di blocchi successivi che presentano una differenza significativa come ad esempio tra il cinquantanovesimo ed il sessantesimo nei quali si registrano rispettivamente sedici e sette occorrenze.
Quando poi si passa ad esaminare l’ultima cifra che compone i primi mille numeri primi, ci si accorge che analogamente non esiste uno schema distributivo.
Comprensibilmente il due e il cinque compaiono solo una volta a testa perché sono esclusi dalla lista tutti i numeri pari – ad eccezione del due stesso – e tutti i multipli del cinque che finiscono appunto per cinque se sono dispari, visto che quelli che terminano per zero sono già esclusi in quanto pari.
Per lo stesso motivo non si trova traccia di quattro, sei e otto, mentre tra le uniche cifre rimaste si riscontra un sostanziale equilibrio senza però alcun cenno di simmetria, spaziando dalle 254 occorrenze del sette fino ad arrivare alle 245 dell’uno, il meno gettonato per l’insieme considerato, intervallati dal tre (253) e dal nove (246).
Contributi Storici
Nel corso degli anni sono stati molteplici gli studiosi che si sono cimentati nel campo dei numeri primi, con nomi illustri quali Fermat ed Eulero, ma un vero punto di svolta nell’approccio alla tematica si è presentato grazie a Carl Friedrich Gauss sul finire del diciottesimo secolo.
Grande appassionato di numeri primi, specialmente grazie una raccolta di tavole matematiche ricevute come regalo per il suo quindicesimo compleanno, Gauss capì che era impossibile prevedere quando sarebbe apparso un numero primo, pertanto come spesso accade per i grandi pensatori, cercò di pensare in modo più creativo e spostò la sua attenzione su un altro punto di vista.
La domanda che si pose non era più quali fossero i numeri primi, bensì quanti fossero.
Se Euclide aveva dimostrato che erano infiniti, Gauss – che a quanto si dice fosse in grado di scomporre in fattori primi mille numeri nell’arco di quindici minuti – cominciò a quantificare quanti ce ne fossero in determinati intervalli.
Notando che all’aumentare del conteggio, i numeri primi diventavano sempre più rari, Gauss si chiese se ci fosse un sistema per predire in che modo diminuissero visto che apparentemente non pareva esserci alcuna parvenza di regolarità.
Per farlo, il matematico (ma anche astronomo e fisico) tedesco fece ricorso alla probabilità e scoprì che la probabilità di incontrare un numero primo diminuiva in maniera regolare in funzione della grandezza dell’intervallo considerato.
Il testimone virtuale lasciato da Gauss venne raccolto da Bernhard Riemann, altro matematico tedesco formatosi anch’egli a Gottinga, considerata all’epoca la capitale europea della matematica.
La sua più grande scoperta fu la cosiddetta funzione Zeta dalla quale è ottenibile un grafico con il quale Riemann comprese che era possibile affinare le teorie di Gauss grazie al posizionamento degli “zeri” (non banali, a parte reale immaginaria positiva), vale a dire i punti in cui la funzione presentava valori pari a zero.
Grazie a questa intuizione, se Gauss aveva raggiunto una stima approssimativa della quantità dei numeri primi, Riemann fu in grado di correggerla in modo che si potesse ottenere il numero corretto dei numeri primi man mano che si procede nel conteggio.
Benchè straordinaria come intuizione, la scoperta non venne mai dimostrata, venendo denominata pertanto “ipotesi di Riemann”, ed è a tutt’oggi uno dei problemi aperti della matematica per i quali c’è in palio un milione di dollari destinato a chi riuscirà a risolverlo.

Natura e applicazioni nella vita quotidiana
Curiosamente, per quanto enigmatici possano essere, in natura ci sono diversi esempi di quanto fantastici possano essere i numeri primi.
Su tutti, il più famoso è il caso di due specie di cicale del Nord America, le Magicicada, che per tredici o diciassette anni (rispettivamente denominate tredecim e septendecim) vivono sottoterra in forma di ninfa nutrendosi dei fluidi delle radici, emergendo poi in superficie per sei settimane durante le quali si accoppiano con l’obiettivo di procreare la nuova generazione, salvaguardandola dagli attacchi periodici dei predatori naturali.
Il fascino di questi due cicli vitali è ancora maggiore se si pensa che, essendo due numeri primi, il tredici ed il diciassette garantiscono alle due specie la sicurezza di dover condividere lo stesso habitat solo una volta ogni 201 anni (13×17 = 201), abbassando così drasticamente la possibilità di una competizione eccessiva per il territorio.
Sempre in tema di sicurezza, ma in questo caso digitale, l’utilizzo dei numeri primi è la base fondante delle transazioni operate con carta di credito.
Il sistema per occultare il numero delle carte di credito è basato sulla combinazione di due numeri molto grandi – uno dei quali è appunto il prodotto di due numeri primi a loro volta composti da molte cifre (svariate decine) – e con cui si procede alla cifratura.
Benchè questo numero sia pubblico (la cosiddetta chiave pubblica), essendo composto anche dalla moltiplicazione di due numeri primi, un’eventuale decifratura implicherebbe la necessità da parte di un hacker di doverli individuare, cosa che diventerebbe un problema intrattabile proprio per via della grandezza con la quale sono stati scelti i numeri primi.

Articolo pubblicato a gennaio 2019

Ultimi commenti
  • DRISSI HAYTOM |

    QUANTO SARA LA RICOMPENSA SE UNO DOVREBBE TROVARE UN CRITERIO O UN MANIERA PER SAPERE SI UN NUMERO è PRIMO.

  • DRISSI HAYTOM |

    QUANTO SARA LA RICOMPENSA SE UNO DOVREBBE TROVARE UN CRITERIO O UN MANIERA PER SAPERE SI UN NUMERO è PRIMO.

  • Giovanni |

    Sono interessanti tutte le rappresentazioni grafiche dei numeri primi. I grafici, che conosco, oltre al valore artistico non hanno la terza dimensione. Né ho un programma per tentare una rappresentazione 3D. Sarei grato a chi può consigliarmi un software adatto allo scopo.

  • Giovanni |

    Sono interessanti tutte le rappresentazioni grafiche dei numeri primi. I grafici, che conosco, oltre al valore artistico non hanno la terza dimensione. Né ho un programma per tentare una rappresentazione 3D. Sarei grato a chi può consigliarmi un software adatto allo scopo.

  • Ci vuole molta calma |

    Mi fanno andare in bestia sti commenti… Cosa c’è di sbagliato nella definizione? Forse avrebbe dovuto precisare che considera solo divisori naturali, ma questo è più o meno chiaro, e per il resto funziona. Tu hai in mente la definizione classica in un qualsiasi dominio di integrità, e quella che dà lui è la definizione di elemento irriducibile… Ma, visto che forse ti piace parlare difficile, ricordo che gli interi sono un dominio a fattorizzazione unica, e quindi i due concetti coincidono.

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