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economia

Indice di libertà economica: perché l’Italia è 80esima

 

 

Ci penalizzano la scarsa efficienza del sistema giudiziario e la stabilità dei prezzi. Che hanno cancellato i passi avanti compiuti sotto il profilo della spesa pubblica, del contrasto alla corruzione e della gestione del deficit e del debito pubblico. Il risultato è un punteggio di 60,2, che ci porta all’80simo posto. Subito sotto al Kyrgyzstan e subito sopra le isole Fiji, in coda al gruppo dei Paesi che vengono definiti moderatamente liberi.

La Heritage Foundation ha rilasciato l’edizione 2019 del suo Index of economic freedom, indicatore che misura appunto la libertà di lavorare, produrre, investire e consumare all’interno di ogni Paese del mondo. O meglio, quasi tutti: Siria, Libia, Somalia, Yemen, Iraq e Liechtenstein non sono classificati. Il risultato, come detto, non è buono. E non solo per quanto riguarda l’Italia, ma a livello globale.

Sono infatti solo 6 i Paesi che ottengono un punteggio superiore ad 80 e vengono quindi definiti liberi. Si tratta di Hong Kong (90,2), Singapore (89,4), Nuova Zelanda (84,4), Svizzera (81,9), Australia (80,9) e Irlanda (80,5). Nella seconda fascia, con un punteggio compreso tra 79,7 e 70 ci sono Canada, Usa e Cile, il Regno Unito con i Paesi Scandinavi, Germania, Austria e Repubblica Ceca. Più a est la Georgia e ancora il Giappone, la Corea del Sud, la Malaisia e Taiwan. Gli Emirati Arabi Uniti nella penisola araba e, in Africa, il Ruanda. Si, la stessa nazione il cui nome, 25 anni fa, era associato nelle cronache alla parola ‘genocidio’.

Un quarto di secolo più tardi, questo Paese africano risulta così molto più libero sul piano economico di molti Paesi europei, Italia compresa. Oltre che una positiva eccezione a livello del continente africano. Interessante poi notare invece come la Cina, seconda economia mondiale, ottenga un punteggio pari a 58,4 e si collochi nella fascia delle nazioni definite per lo più non libere. Lungo è anche l’elenco delle nazioni nelle quali le libertà economiche sono represse. Tra queste ci sono Cuba e il Venezuela in Sudamerica, diverse nazioni africane, il Turkmenistan e la Corea del Nord. La quale, con un punteggio di appena 5,9, è il Paese con la minore libertà economica al mondo.

Valutazioni, quelle della Heritage Foundation, che tengono conto di diversi fattori, non solo strettamente economici. C’è ad esempio la tutela della proprietà privata, oltre a tutti gli aspetti burocratici da adempiere per l’apertura di un’attività. Oltre a elementi come la presenza di dazi e tariffe o di limitazioni agli investimenti.

Per quanto riguarda l’Italia, la valutazione più bassa (26,5) riguarda la spesa pubblica, considerata troppo elevata. Mentre quelle più alte riguardano la libertà da tariffe (86), quella di investire (85) e la stabilità dei prezzi (84). Tre fattori sui quali certamente incide l’appartenenza al mercato unico europeo. Condizione non sufficiente, però, a garantirci una migliore posizione nella classifica generale.