Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
economia

Retribuzioni: i nuovi rapporti di lavoro sono sempre meno pagati. I numeri

Una nota rilasciata da Istat qualche giorno fa sulle retribuzioni orarie nel settore privato sottolinea due aspetti importanti. Primo, nel 2016 i nuovi rapporti di lavoro sono risultati meno pagati rispetto a quelli già in essere, con una retribuzione oraria pari a 9,99 euro, più bassa del 18,4% rispetto a quella dei rapporti esistenti, pari a 12,25 euro l’ora. Il valore mediano della retribuzione media, ovvero quello situato a metà della distribuzione, è pari a 11,06 euro nel 2014 e a 11,21 euro nel 2015 e nel 2016. Una crescita dunque tutto sommato inesistente, soprattutto se la confrontiamo con la retribuzione oraria media che è cresciuta dal 2014 al 2015 (da 13,80 euro a 14,01 euro) ma si è abbassata fra il 2015 e il 2016, raggiungendo nell’ultimo anno i 13,97 euro orari.

Questo nonostante la quota dei cosiddetti low pay jobs, cioè i lavori sottopagati, sia ufficialmente scesa dal 2014 al 2016, anche se a Sud si rimane ancora sopra il 10%. Diciamo “ufficialmente” perché Istat considera per ovvie ragioni solo i rapporti di lavoro regolari.

Il secondo aspetto importante è che non dobbiamo smettere di calcare la mano sul tema del gender pay gap: sei lavoratrici su 10 hanno oggi retribuzioni orarie sotto la mediana, contro il 44% dei maschi.

Se suddividiamo le retribuzioni orarie in dieci gruppi in ordine crescente osserviamo uno sbilanciamento: la differenza nella retribuzione oraria tra il nono decile (retribuzioni più elevate) e la mediana è pari a 10 euro, mentre quella tra mediana e primo decile (retribuzioni meno elevate) è soltanto di 3 euro.
Come è prevedibile, più si scende verso sud e più si abbassa la retribuzione oraria mediana. Le province di Varese, Genova, Trieste, Torino, Modena, Monza e della Brianza, Bologna, Reggio nell’Emilia, Lecco, Milano, Bolzano presentano, nel 2016, le retribuzioni mediane più alte, superiori o uguali a 12 euro; all’opposto, le province di Ragusa, Benevento, Lecce, Salerno, Cosenza, Vibo Valentia, Barletta-Andria-Trani, Foggia, Caserta registrano le retribuzioni orarie più basse nel 2016, inferiori o uguali a 10 euro.
Il gradiente è netto anche in relazione alla dimensione dell’azienda, a parità di settore economico (industria o servizi). Chi lavora in un’azienda con più di 250 dipendenti nel settore dell’industria ha una retribuzione mediana oraria di quasi 16 euro, contro i 13,4 euro per aziende da 50-249 dipendenti, i 12,1 euro orari per imprese da 10 a 49 dipendenti e appena 10 euro l’ora per le piccole attività con meno di 10 lavoratori. Si osserva comunque che dal 2015 al 2016 la retribuzione oraria mediana si è abbassata, tranne nelle aziende con più di 250 dipendenti.
Anche il ragionamento sul part time cambia a seconda della dimensione dell’azienda. Nell’Industria si ha una differenza assoluta a favore dei full-time pari a 1,15 euro nelle imprese sotto i dieci dipendenti e a 2,56 euro nelle imprese sopra i 250 dipendenti, mentre nei Servizi tali differenze ammontano rispettivamente a 0,75 euro e 2,67 euro.
La questione del part time ci porta inevitabilmente a parlare di lavoro femminile, il più interessato dalla scelta – il più delle volte involontaria – di questa forma. Non è un caso che per le donne, la distribuzione delle retribuzioni orarie sia orientata verso i livelli più bassi. Nel 2016 ha percepito una retribuzione oraria superiore a 15 euro il 17,8% delle donne contro il 26,2% degli uomini. Nel 2016, il 59% delle lavoratrici percepisce una retribuzione oraria inferiore alla mediana nazionale (con un picco del 63% in Basilicata), quota che scende al 44% per gli uomini. Una retribuzione oraria inferiore a 8 euro è stata invece percepita dall’11,5% delle donne e dall’8,9% degli uomini. La regione dove la quota di rapporti con retribuzione inferiore alla mediana regionale è più simile tra i generi è il Lazio, mentre le regioni con maggiore squilibrio sono Valle d’Aosta (42,1% dei rapporti maschili sotto la mediana e 60,1% di quelli femminili), Molise (43,3% dei rapporti maschili e 61,3% di quelli femminili) e Basilicata (43,7% contro 63%).