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Aids: nel 2017 in Europa 25mila contagi da Hiv. I numeri dell’epidemia

Oltre 160mila nuove diagnosi di Hiv in Europa, poco meno di 26mila nei soli Paesi dell’Unione. Ai quali si aggiungono oltre 3mila casi di Aids. L’epidemia insomma continua, anche se con un ritmo inferiore rispetto a quanto visto negli anni passati. Un rallentamento imputato ad una riduzione del 20% dei contagi tra maschi omosessuali, che pure rappresentano ancora il 38% dei nuovi contagiati.

 

A fornire questi dati sono l’Organizzazione mondiale della sanità e lo European Center for Disease Control che come ogni anno, in occasione della giornata mondiale per la lotta all’Aids in calendario il 1 dicembre, pubblicano il rapporto “Hiv/Aids in Europe surveillance”. Ovvero uno studio epidemiologico sulla diffusione della sindrome da immunodeficienza acquisita in Europa. Un rapporto che consente innanzitutto di valutare la diffusione del virus dell’Hiv nel vecchio continente.

 

 

Come si può notare dalla mappa, sono la Lituania e l’Estonia, rispettivamente con 18,8 e 16,6 casi ogni 100mila abitanti, i due Paesi nei quali si è avuta un’incidenza maggiore del numero di nuovi sieropositivi. Per quanto la situazione in queste due nazioni sia molto differente. Se infatti in Lituania la tendenza è quella di un aumento dei casi, in Estonia si assiste invece ad una diminuzione. Per scoprirlo, basta muovere il cursore (o toccare per chi legge da mobile) sul territorio di una nazione. Apparirà un pop up che mostrerà un grafico che racconta l’andamento dei casi in numeri assoluti nell’ultimo decennio.

 

Anche l’Italia, dopo aver visto un significativo aumento tra il 2008 ed il 2009, sta conoscendo una lenta seppur costante riduzione nel numero di nuovi casi di sieropositività. Lo scorso anno sono stati 3.443, ovvero 5,7 ogni 100mila residenti. Ma come sono avvenuti i contagi? La causa principale sono i rapporti non protetti tra persone eterosessuali:

 

 

 

Sono state 1.578 le persone contagiate per un rapporto eterosessuale con una persona sieropositiva, 1.324 gli uomini che hanno contratto il virus dopo un rapporto omosessuale. Solo 94 i casi legati allo scambio di siringhe infette, appena 12 quelli in cui il virus è passato dalla mamma al feto e, di conseguenza, al bambino. Per scoprire come siano andate le cose negli altri Paesi dell’Unione europea, basta utilizzare il filtro in alto a sinistra.

 

Se si sceglie il valore ‘All’ viene visualizzato il quadro generale. E si scopre che a livello europeo la principale causa resta il sesso non protetto tra uomini. Si segnalano anche 59 casi di contagio dopo una trasfusione e 10 avvenuti in ambiente ospedaliero. Vale qui la pena di ricordare che una delle problematiche sottolineate nel rapporto riguarda le diagnosi tardive. Ovvero il fatto che un sieropositivo su due scopre di esserlo quando ormai l’infezione è a uno stadio avanzato. E quindi è possibile che abbia contagiato altre persone non sapendo di essere infetto.

 

Altro tema, la patologia vera e propria. Ovvero il passaggio dalla sieropositività alla sindrome da immunodeficienza acquisita. Lo scorso anno sono state 3.130 le persone che vivono nell’Unione europea e hanno ricevuto questa diagnosi:

 

 

Con 6 casi ogni 100mila abitanti, la Lituania è stata il Paese maggiormente colpito. Anche in questo caso, passando o cliccando sul territorio, appare un pop up che mostra l’andamento in numeri assoluti nell’ultimo decennio. Guardando al caso italiano, si scopre che le diagnosi sono state 1,1 ogni 100mila abitanti. La tendenza, nel nostro Paese, è quella di un costante calo. Nel giro di dieci anni, anzi, i nuovi casi di Aids sono sostanzialmente dimezzati, passando dai 1.342 del 2008 ai 690 dello scorso anno. Il sentiero imboccato, almeno a livello italiano, è insomma quello giusto. Specie in considerazione dell’obiettivo globale di eradicare la malattia entro il 2030.

 

Red ribbon image credit: Gary van der Merwe [<a href=”http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html”>GFDL</a> or <a href=”http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/”>CC-BY-SA-3.0</a>], <a href=”https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Red_Ribbon.svg”>via Wikimedia Commons</a>