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economia

Neet, quel tesoro (inespresso) da un trilione di dollari

Come far crescere di colpo il Pil italiano di una quota compresa tra il 7 ed il 9%? Semplice, basta trovare un lavoro a quel giovane su tre che non ce l’ha. Già, perché quel 35% di Neet tra i 20 ed i 24 anni non rappresentano solamente un problema sociale, ma anche un potenziale inespresso. A cominciare dal profilo economico.
 
A stimarlo, basandosi su dati raccolti dall’Ocse, è PricewaterhouseCoopers nell’edizione 2016 del suo rapporto “Young workers index”, intitolato quest’anno non a caso “Empowering a new generation”. Secondo la società di consulenza a livello globale i Neet rappresentano un valore potenziale pari a mille miliardi di dollari. Il punto è riuscire a liberarlo. Missione impossibile? No, tanto che c’è chi ci sta riuscendo: Israele ha dimezzato il numero di Neet dal 2006 al 2014, molto bene in questo senso ha fatto anche la Germania. Che oggi, secondo l’indice stilato da Pwc, è dopo la Svizzera il secondo miglior paese per le opportunità che vengono offerte ai giovani.
 


 
 
 
Conclusione: il modello da seguire, insomma, è quello tedesco. E la ricetta vincente introdotta da Berlino, sottolinea Pwc, ha come principale ingrediente l’alternanza scuola-lavoro. Ovvero il coinvolgimento di oltre il 50% degli studenti tedeschi in periodi di formazione in azienda. Si tratta di uno dei punti di forza della #buonascuola voluta dal governo Renzi. Ci vorrà qualche anno, però, per vedere se la riforma aiuterà il Paese a sbloccare qualcuno di quei punti di Pil “congelati” nel limbo in cui vivono i giovani che non studia e non lavorano.