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economia

Turismo, che fine hanno fatto canadesi, russi e statunitensi?

Nove viaggiatori stranieri su dieci hanno abbandonato l’Italia tra aprile e giugno. Il segno più tangibile della crisi che ha colpito il turismo nazionale lo riporta Banca d’Italia nel suo bollettino trimestrale, con l’avvertenza che la differenza metodologica dovuta all’impossibilità delle usuali rilevazioni campionarie a causa della pandemia da Covid-19 potrebbe renderla imprecisa. Ma se anche accettassimo qualche punto di errore statistico, la fotografia chiara è che canadesi, russi e statunitensi si sono volatilizzati tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate.

Il dato peggiore tra i Paesi rilevati spetta al Canada, che con -93% porta il numero degli arrivi da quasi 400mila dello stesso periodo del 2019 ad una cifra che supera poco più le 25mila unità.

A vedere le cifre assolute, lo scarto rispetto all’anno precedente fa ancor apiù impressione: –21 milioni di viaggiatori, -84milioni di pernottamenti che si traducono in un drastico -10 miliardi di spesa, che passa da poco più di 12 miliardi del 2019 a 1,8 di quest’anno. E tutto in soli tre mesi, anche se sono quelli dove la pandemia ha colpito più duramente, con lockdown estesi in Italia e nel mondo.

E gli italiani? Anche i nostri connazionali nello stesso periodo hanno ridotto i movimenti internazionali. I viaggiatori sono stati 13 milioni in meno, i pernottamenti hanno avuto un calo di 50 milioni di unità e la spesa si è ridotta da 6,3 miliardi a 1,4.

Ma da solo, quest’ultimo dato rappresenta come la bilancia del turismo (che pendeva ovviamente verso il nostro Paese, capace di attrarre flussi netti per 5,6 miliardi di euro nello stesso trimestre l’anno scorso) tra aprile e giugno 2020 si è assottigliata fino a 436 milioni di attivo.

Cioè, gli italiani hanno sì frenato i viaggi all’estero, ma meno di quanto non abbiano fatto gli stranieri in Italia. E il gap, come mostra il grafico sottostante, è maggiore nei rapporti con Canada, Russia e con i vicini Austria e Svizzera.

 

Ora si attendono i dati di luglio-settembre, per capire se il cuore della stagione turistica 2020 sarà, almeno sul lato degli arrivi internazionali, definitivamente persa e se gli incentivi sul fronte domestico abbiano saputo, almeno in parte, convincere gli italiani a fare le ferie in patria.