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politica

Elezioni in Emilia-Romagna, quanto vale l’effetto Sardine? Ecco perché il centro-sinistra non deve esultare

Vince Stefano Bonaccini, l’Emilia-Romagna si conferma regione ‘rossa’ e frena l’avanzata delle truppe sovraniste salviniane. Tutto bene, dunque, per gli eredi, o epigoni a seconda dei punti di vista, della tradizione del Partito comunista italiano? Non esattamente. Già, perché se si guarda a come sono andate le ultime elezioni, confrontando affluenze e distacchi tra i due principali candidati, i numeri dicono che al Nazareno sarebbe meglio non esagerare con le celebrazioni.

Infodata ha analizzato le ultime cinque elezioni regionali in Emilia-Romagna, prendendo in considerazione i dati relativi all’affluenza e il distacco tra il candidato vincitore, ovvero Vasco Errani prima e Bonaccini poi, e il suo principale sfidante, normalmente un esponente della coalizione di centrodestra. La linea gialla rappresenta la percentuale di elettori che si sono effettivamente recati alle urne. Il pallino rosso rappresenta invece il distacco in punti percentuali tra il vincitore e il principale sconfitto: tanto più é grande, maggiore é il distacco e viceversa. Il filtro in basso (o in alto a sinistra per chi legge da desk) permette di visualizzare la situazione in una singola provincia. Situazione che, tendenzialmente, rispecchia quella regionale.

 

 

I dati dicono che fino al 2010, ovvero fino alla terza elezione di Vasco Errani, il candidato del centrosinistra é riuscto a mantenere un distacco di almeno 15 punti percentuali sullo sfidante del centrodestra. Risultati che si inseriscono pienamente nel solco della tradizione politica dell’Emilia-Romagna.

Ora, anche in occasione della prima elezione di Bonaccini, il vantaggio sullo sfidante dell’epoca Alan Fabbri superò i 19 punti percentuali. Ma alle urne, in quell’occasione, si recò solamente  il 37,71% degli elettori.

Una scarsa affluenza probabilmente legata anche al fatto che si votò a novembre, periodo non consueto per le consultazioni elettorali. Un voto anticipato a seguito delle dimissioni di Errani dopo la sua condanna ad un anno per falso ideologico, nell’ambito di un procedimento da cui poi sarebbe uscito assolto nel 2016. E che vide una partecipazione molto bassa.

Quando gli emiliano-romagnoli sono tornati a votare in maniera più massiccia, domenica é andato alle urne il 67,67% degli aventi diritto, il distacco nei confronti della candidata di centrodestra si é ridotto a poco meno dell’8%. Una vittoria netta, certo, in condizioni normali. Non certo in una regione nella quale il centrosinistra ha vinto le ultime quattro elezioni con un distacco almeno doppio rispetto al principale competitor.

Scongiurato o meno che sia, questo dipende dai punti di vista, il sorpasso sovranista nella regione rossa per eccellenza potrebbe essere solamente rimandato. Certo, le variabili in gioco sono molte e non riguardano solo dinamiche locali. Ma il fatto che le distanze si siano ridotte é certamente un elemento da tenere in considerazione nell’analisi della vittoria. Di sicuro lo farà chi invece oggi é chiamato ad analizzare la sconfitta.