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finanza

Crescono le startup dell’agritech ma non fanno rete

Tecnologie di precisione, packaging intelligente, serre idroponiche, vertical farm e molto altro ancora. Le startup dell’agritech nel mondo raccolgono 283 milioni di dollari, con un +34,7% rispetto allo scorso anno grazie ad una settantina di deal conclusi e con più di un terzo degli investimenti di tipo seed. È la fotografia scattata da CB Insights. Soltanto cinque anni fa il dato si fermava a meno di 100 milioni, legato ad una trentina di operazioni di funding. Così il comparto punta all’innovazione con attori che provano a declinare l’agricoltura con nuove tecniche di produzione e distribuzione. È il segno di una vivacità del mercato, che si coglie in tutta la filiera. Secondo l’osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano sono 481 le startup del food nel mondo. Anche se il dato scende a meno della metà se si filtrano quelle protagoniste di round di investimento: in tutto 182. Ma cresce il peso specifico dell’Italia, protagonista dell’11% delle operazioni mondiali. «Strutturalmente da noi registriamo un ritardo, con un numero ancora esiguo di startup e con finanziamenti limitati, ma i dati sono in crescita. D’altronde da noi si fa leva sulla qualità del prodotto certificato e sulla sostenibilità, anche se quest’ultimo trend ha una notevole forza in altri Paesi avanzati come l’Inghilterra e la Germania: lì la mancanza del made in Italy si colma con i servizi», afferma Filippo Renga, direttore dell’osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano dedicato all’innovazione digitale nell’agro-alimentare. Guardando l’ecosistema si distinguono le startup di distribuzione, con nuovi meccanismi di ecommerce e kit di coltivazione. «Si registra il tentativo di individuare soluzioni che accorciano la filiera e colmano desideri alimentari più di nicchia», precisa Renga. C’è quindi la forza della disintermediazione, che avvicina il produttore al consumatore finale, oggi sempre più connesso e informato. Per l’Italia cinque sono i cluster delle startup italiane che operano nel food, stando alla ricerca della società di head hunting Simbiosity realizzata per Seeds & Chips, il summit annuale sull’innovazione nell’alimentazione: il 22% sono quelle dell’agritech e della trasformazione del prodotto, il 18% economia della conoscenza, a distribuzione col 16% e nutrizione col 12%. E in vetta alla distribuzione geografica ci sono Lombardia col 20%, Emilia Romagna con l’11%, Veneto con l’8%. Dalla domanda all’offerta. Crescono le competenze degli startupper che legano le conoscenze di mercato ai servizi digitali. «Gli skills si intersecano con gli ambiti digitali: programmazione, sviluppo web, mobile». C’è poi l’integrazione tra i colossi esistenti e le nuove realtà, con un processo di avvicinamento più complesso rispetto ad altri settori. «Ma resta la consapevolezza che questa integrazione sarà il futuro, perché bisognerà innovare nella gamma dei servizi attingendo da competenze tech tipiche del comparto delle startup», conclude Renga. «In questo settore gli elementi di innovazione sono soprattutto legati ai sistemi alternativi di produzione di cibo, tutti estremamente controllati e digitalizzati. L’Italia ha tutte le carte in regola per diventare leader in questo settore, ma c’è necessità di fare rete», afferma Marco Gualtieri, fondatore di Seeds&Chip. Si vince però solo puntando su un ecosistema integrato. Che oggi fa fatica a realizzarsi. Nonostante ciò si distingue Robonica, la serra smart made in Italy creata dal 25enne Harald Cosenza. E c’è la produzione di cibo del futuro: a produrlo ci stanno pensando quattro giovani pugliesi affamati di innovazione. La loro impresa si chiama Apulia Kundi ed è partita con un primo seed ottenuto col bando “Bollenti Spiriti” della Regione Puglia, in sinergia con l’Università di Bari. Mentre nel reatino ci sono le serre idroponiche di Giorgia Pontetti, che produce in tre serre idroponiche ad alta tecnologia e tutte computerizzate il pomodoro hi-tech senza nichel per i mercati del nord-Europa. «Nel settore si registra ottimismo: è stato lanciato il piano dell’agricoltura digitale e nel mondo c’è interesse sulle realtà nostrane. In Cina il 90% delle startup accelerate sono europee ed italiane. Per crescere però bisogna guardare al Paese leader in Europa per investimenti e innovazione, l’Olanda», afferma Sara Roversi, direttore del Future Food Institute, che sta promuovendo insieme al ministero dell’agricoltura l’evento “Agrogeneration”: dall’11 al 13 ottobre a Bergamo, in concomitanza col G7 sull’agricoltura. Quelle chiamate a ripensare il comparto del food partendo dalla terra e dalla rete.