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scienze

Guarda il tuo carrello della spesa e scopri se si avvicina alle raccomandazione del rapporto Lancet

Quante volte abbiamo sentito dire “mangiare meno carne” o “seguire una dieta più vegetale”? Il nuovo, enorme, rapporto della Commissione EAT-Lancet, firmato da 70 scienziati di 35 Paesi, ha definito che cosa dovremmo mangiare sulla base delle migliori evidenze disponibili attualmente, e ha confrontato queste indicazioni con i dati reali sul consumo alimentare globale. Due risultati emergono rispetto al legame fra dieta e salute: primo, che mangiamo davvero male e quantità esagerate di cibo; secondo che l’adozione globale della cosiddetta “planetary health diet” (PHD) potrebbe prevenire 15 milioni di morti premature ogni anno, equivalenti al 27% dei decessi tra adulti nel mondo. Si tratta di una riduzione enorme, legata soprattutto al calo del rischio di malattie cardiovascolari, diabete, ictus, alcuni tipi di cancro e addirittura malattie neurodegenerative. Sono sempre di più gli studi che mettono in evidenza delle correlazioni fra uno stile di vita non sano e la prevalenza di demenza.

 

Cosa e quanto dovremmo mangiare

Secondo la planetary health diet”, ogni persona dovrebbe nutrirsi di al massimo 200 grammi di carne rossa a settimana. Negli Stati Uniti e in Canada se ne consumano oltre 1.400 grammi, cioè più di sette volte tanto. In Europa e America Latina il consumo è cinque volte superiore, in Cina quattro volte.

La carne (e i conservanti che contiene quella lavorata come i salumi) è solo uno dei temi da tenere in considerazione. Anche i latticini vengono consumati in quantità eccessive rispetto alle raccomandazioni della dieta planetaria: fino a 500 grammi al giorno sono consentiti, ma in Nord America e in Europa se ne consuma spesso ben di più. Al contrario, in regioni come l’Africa subsahariana, dove la dieta è troppo povera di nutrienti e basata quasi esclusivamente su amidi, un leggero aumento del consumo di uova, pollo e latte sarebbe non solo sostenibile, ma auspicabile per motivi di salute pubblica.

Lo illustra il grafico qui sotto, che confronta i consumi alimentari attuali (al 2020) per area geografica e le raccomandazioni della planetary health diet, rappresentate dalla linea tratteggiata.

Fonte: The EAT-Lancet Commission (2025)

La dieta proposta qui non è ideologica né restrittiva: è basata sui risultati della letteratura ed è stata progettata per essere flessibile e adattabile a diverse culture, età e condizioni economiche. Non si tratta necessariamente di eliminare alimenti, ma i benefici si vedono anche solo se impariamo a riallocarli nel piatto, aumentando in modo sostanziale il consumo di alimenti vegetali – verdure, legumi, frutta, cereali integrali, frutta secca – e riducendo quello di cibi ad alto impatto ambientale e basso valore nutrizionale, come carni rosse, zuccheri aggiunti, cibi ultraprocessati.

Una dieta equilibrata dovrebbe includere ogni giorno almeno cinque porzioni di frutta e verdura, accompagnate da tre o quattro porzioni di cereali integrali. È consigliato consumare una porzione di frutta secca e una di legumi — come fagioli, piselli o lenticchie — ogni giorno, insieme a una porzione di latticini, che può essere rappresentata da latte, yogurt o formaggio. Le uova possono essere consumate tre o quattro volte alla settimana, mentre il pollo e il pesce dovrebbero comparire nel menù circa due volte a settimana ciascuno. La carne rossa, invece, andrebbe limitata a una sola porzione settimanale.

In termini di grammi: almeno 500 grammi al giorno di frutta e verdura, 150 grammi quotidiani di cereali integrali, 75 grammi di legumi, 25 grammi di frutta secca, fino a 400 grammi di pollo e 700 di pesce a settimana, tre o quattro uova, un solo pasto con carne rossa. Sono anche previsti latticini, fino a 500 grammi al giorno, adattabili a seconda delle preferenze culturali e delle fonti proteiche alternative disponibili.

In questo modo, secondo le stime, sarebbe possibile entro il 2050 salvare capra e cavoli,ossia ridurre l’impatto dell’alimentazione sul pianeta e al tempo stesso fornire cibo a sufficienza per una popolazione mondiale prevista di 9,6 miliardi di persone.
Il problema è che il 30% più ricco della popolazione mondiale genera oltre il 70% dei danni ambientali legati all’alimentazione, hanno rilevato. Inoltre, 2,8 miliardi di persone non possono permettersi una dieta sana e 1 miliardo è denutrito, nonostante la produzione alimentare globale sia sufficiente. Il sistema alimentare sta inoltre deludendo il miliardo di persone che convive con l’obesità, afferma il rapporto.

Meno malattie croniche (e quindi meno spesa pubblica e privata)

Proprio qualche mese fa The Lancet aveva pubblicato un ampio studio europeo, Italia inclusa, che aveva conclso che un’alimentazione a base vegetale riduce il rischio di multimorbilità. I dati riguardano oltre 400.000 uomini e donne di età compresa tra i 37 e i 70 anni in sei Paesi europe: chi seguiva una dieta a base vegetale avevano un rischio inferiore del 32% di sviluppare multimorbilità rispetto a coloro che ne seguivano una in misura minore. L’associazione è risultata evidente sia negli adulti sotto i 60 anni, sia in quelli con più di 60 anni, che significa che una scelta alimentare di questo tipo può offrire benefici in diverse fasi della vita.
Un altro ampio studio trentennale pubblicato su Nature Communications ha seguito oltre 105.000 persone e conferma che un’alimentazione prevalentemente vegetale, ricca di frutta, verdura e legumi e povera di zuccheri e grassi trans, aumenta sensibilmente le probabilità di arrivare a 70 anni senza malattie croniche. La ricerca, condotta dalla Harvard T.H. Chan School of Public Health insieme alle università di Copenaghen e Montreal, ha individuato nei 50 anni un momento cruciale: adottare una dieta sana dopo i 40 anni favorisce un invecchiamento libero da patologie. Nel campione analizzato, il 9,3% dei partecipanti ha raggiunto i 70 anni senza alcuna malattia fisica o mentale.

Ambiente: il cibo è responsabile del 30% delle emissioni globali

Il sistema alimentare mondiale è anche una delle principali cause della crisi ecologica, scrivono gli autori. La produzione, distribuzione e consumo di cibo è responsabile del 30% delle emissioni globali di gas serra, ed è la prima causa di perdita di biodiversità, distruzione delle foreste e inquinamento delle risorse idriche.
Se il mondo intero adottasse la dieta planetaria – accompagnata da politiche efficaci in altri settori – le emissioni legate al cibo potrebbero essere dimezzate entro il 2050. Un effetto comparabile a spegnere tutte le centrali a carbone del pianeta.

La dieta planetaria nasce anche come risposta a questa doppia ingiustizia: da un lato eccesso e spreco, dall’altro carenza e fame. L’obiettivo è offrire una base nutrizionale sostenibile per tutti, e farlo correggendo le distorsioni attuali: spostando i sussidi agricoli verso alimenti più sani, riducendo le disuguaglianze di accesso al cibo, favorendo sistemi produttivi locali e resilienti.

Per approfondire. 

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