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scienze

Cambiamenti climatici e inquinamento minacciano le antiche paludi dell’Iraq

Le paludi irachene, note anche come paludi mesopotamiche, costituiscono un ecosistema che si estende tra il sud dell’Iraq, l’ovest dell’Iran e il nord del Kuwait, casa degli arabi delle paludi, colore che vivono nelle paludi e basano il loro sostentamento su ciò che esse offrono. I Maʿdān vivono in delle palafitte a ridosso dell’acqua e la loro sussistenza si basa sulla coltivazione di canne e riso, sulla pesca e sull’allevamento del bufalo d’acqua.

 

Le paludi, nel corso degli anni, hanno subito vari periodi di asciugamento, inizialmente per liberare terra da destinare all’agricoltura e da bucare in cerca di petrolio, ma successivamente anche come punizione per gli arabi sciiti che avevano preso parte alle proteste contro il regime di Saddam Hussein nel 1991. La principale causa dell’asciugamento delle paludi è da attribuire a strutture artificiali costruite appositamente per quello scopo, la situazione si aggravò anche a causa di dighe costruite a monte, in Turchia e Siria.

 

Le fasi più gravi sono quelle relative agli anni ‘90, in seguito alla punizione inflitta da Sadam Hussein. Successivamente, quando gli Stati Uniti invasero l’Iraq nel 2003, la struttura ideata dall’ormai destituito presidente venne smantellata e le paludi tornarono a bagnarsi, senza però tornare mai ai livelli precedenti degli anni precedenti al 1992: si è passati a circa 20.000 km quadrati di palude del 1991 a 4.000 km quadrati registrati nel 2023. Il nemico ora non sono più le infrastrutture irachene che vogliono far asciugare le paludi, ma il cambiamento climatico.

 

 

Un articolo della OHCHR sottolinea come l’ecosistema delle antiche paludi mesopotamiche nel sud dell’Iraq sia oggi in una situazione di vera e propria emergenza climatica: l’aumento delle ondate di calore estremo, la penuria d’acqua e l’inquinamento legato all’estrazione petrolifera stanno erodendo rapidamente questo fragile ambiente naturale. La salinità dell’acqua sta aumentando sempre di più, uccidendo i pesci e facendo ammalare i bufali d’acqua, entrambi elementi essenziali alla sopravvivenza dei Maʿdān. Le comunità delle paludi soffrono di grave degrado ambientale e della quasi totale assenza di infrastrutture: mancano elettricità, scuole, cliniche e impianti fognari, l’accesso ad acqua potabile e sistemi di trattamento è insufficiente e le opportunità di sostentamento sono estremamente limitate.

 

 

 

Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo ha proposto un piano per mitigare il fenomeno in atto. Il progetto si propone di intervenire con soluzioni concrete: sistemi innovativi per fornire acqua potabile e trattare le acque reflue, insieme a iniziative per la diversificazione dei mezzi di sussistenza e l’ecoturismo sostenibile, in armonia con i piani governativi di gestione delle risorse naturali. In questo quadro, il rafforzamento dell’empowerment femminile diventa un elemento chiave per garantire coesione sociale, stabilità e uguaglianza di genere. Solo con un’azione che intrecci sviluppo economico, protezione ambientale e pari opportunità, particolarmente per le donne, si potrà ambire a un futuro più coeso e sostenibile per l’intero ecosistema delle paludi mesopotamiche e per i Maʿdān.