Nel mondo, all’inizio del 2025, nove Paesi detenevano poco più di 12 mila testate nucleari. Di queste, 9,5 mila, erano destinate alla consegna verso i loro organi militari. Ce lo raccontano gli ultimi dati della Federation of American Scientists (FAS), con cui è possibile fare una stima di quanto possa essere vasto l’inventario nucleare a livello globale.
Nonostante le riduzioni significative effettuate dopo la Guerra Fredda, lo studio della Federazione americana evidenzia che l’arsenale nucleare globale rimane alquanto consistente. Nel quadro complessivo, sono soprattutto gli Stati Uniti e la Russia a detenere armi nucleari, precisamente l’87% di tutto il mondo, di cui 3.700 sono armamenti americani e 4.380 russi. Di queste, l’83% sarebbero pronte all’uso militare. Inoltre, sebbene il numero totale di armi nucleari sia in evidente calo, il loro tasso di riduzione è rallentato negli ultimi tre decenni.
Guardando i dati storici, il picco delle scorte di armi nucleari si è verificato nel 1986 (e quindi in piena Guerra Fredda), quando il conteggio complessivo registrava 70,3 mila testate nucleari. Ad oggi possiamo dire che, sempre secondo la FAS, il principale motivo dell’attuale riduzione delle scorte avviene perché gli Stati Uniti e la Russia continuano a smantellare le testate precedentemente ritirate. Ma ciò non toglie che anche altri attori stanno arricchendo le proprie scorte. Lo studio della Federazione fa soprattutto menzione della Cina, come dell’India, della Corea del Nord, del Pakistan e, in Europa, anche del Regno Unito.
Discorso a parte merita Israele. Lo stato ebraico non ha scelto di aderire al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (Tnp), e non ha mai confermato ufficialmente il possesso di armi nucleari. Quindi non abbiamo numeri certi. La stessa FES ammette che il numero esatto di armi nucleari in possesso di ciascun Paese è un segreto nazionale. La maggior parte degli Stati dotati di armi nucleari non fornisce informazioni sulle dimensioni delle proprie scorte nucleari. Tuttavia, il grado di segretezza varia notevolmente da Paese a Paese. Per esempio, tra il 2010 e il 2018, gli Stati Uniti hanno reso note le dimensioni totali delle loro scorte, ma nel 2019 l’amministrazione Trump ha interrotto questa pratica. L’anno successivo l’amministrazione Biden ha ripristinato la trasparenza nucleare, ma poi ha rifiutato di declassificare i dati sulle scorte statunitensi per il 2021, 2022 e per il 2023. Allo stesso modo, nel 2021 il Regno Unito ha annunciato che non avrebbe più reso pubblici i dati relativi alle scorte operative.
Infine, una precisazione: delle circa 12 mila testate nucleari presenti al mondo, 9,6 mila si trovano nelle scorte militari per essere utilizzate attraverso gli aerei, le navi e i sottomarini a disposizione delle Nazioni detentrici. Le rimanenti 2,4 mila sono ritirate, rimanendo ancora relativamente intatte e in attesa di essere smantellate. Nondimeno, tornando alle scorte militari, solo circa 3,9 mila di queste sono effettivamente schierate con le forze operative (su missili o basi di bombardieri). La maggior parte di esse (circa 2,1 mila) sono statunitensi, russe, britanniche e francesi. Proprio questa quota residua, secondo quanto riportato nello studio, è da considerarsi in stato di massima allerta, armi pronte per essere utilizzate anche con breve preavviso.
Per approfondire.
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