Il nuovo ritratto di 3I/ATLAS scattato da Hubble il 30 novembre 2025 è l’equivalente astronomico di un fermo-immagine in un documentario sugli ecosistemi nascosti: più lo guardi, più ti accorgi che ti sta raccontando una storia che non appartiene al nostro Sistema Solare. L’immagine, pubblicata da ESA/Hubble (fonte: https://esahubble.org/images/opo2520/), mostra una cometa che si sta già allontanando, ma che continua a lasciare una scia di dati. Ed è esattamente questo il punto: 3I/ATLAS non è importante perché è spettacolare, ma perché è anomala.
Scoperta il 1° luglio 2025 dal sistema di sorveglianza ATLAS (fonte: ATLAS), 3I/ATLAS è il terzo oggetto interstellare confermato a transitare nel Sistema Solare dopo ‘Oumuamua e 2I/Borisov. La sua orbita iperbolica la tradisce subito: non è mai appartenuta al Sole e non tornerà più. È un corpo che arriva da un altro sistema planetario e che porta con sé una chimica e una storia che si sono evolute sotto un’altra stella.
Da quando la cometa ha raggiunto il perielio il 29 ottobre 2025 (fonte: Asteroidi & Dintorni), gli osservatori hanno iniziato a registrare segnali che rendono 3I/ATLAS diversa dalle comete che conosciamo. Il James Webb ha rilevato una coma dominata da anidride carbonica, con un rapporto CO₂/H₂O tra i più elevati mai misurati (fonte: arXiv 2508.18209). È come trovare un ingrediente in proporzioni sbagliate in una ricetta di famiglia: capisci subito che non viene dalla tua cucina. Alcune osservazioni suggeriscono perfino fenomeni di criovulcanismo, una sorta di eruzione di ghiacci e gas più comune negli oggetti trans-nettuniani che nelle comete a breve periodo (fonte: IFLScience).
La polarimetria ottenuta da strumenti come il VLT aggiunge un ulteriore tassello. La luce diffusa dalla polvere di 3I/ATLAS mostra un pattern — un “ramo di polarizzazione negativa” — più simile a quello di certi oggetti della Fascia di Kuiper che non alle comete tradizionali (fonte: arXiv 2509.05181). È un po’ come analizzare la grana di una roccia e accorgersi che il minerale non può essersi formato nelle stesse condizioni di temperatura e pressione dei nostri ambienti. Infine, modelli recenti descrivono la cometa come un corpo primitivo carbonaceo, ricco di metallo nativo: un materiale che nelle comete solari non osserviamo quasi mai (fonte: arXiv 2511.19112).
Perché, dunque, se ne parla tanto? La risposta sta nella rarità, nella fisica e nella narrativa scientifica. Rarità perché gli oggetti interstellari confermati si contano sulle dita di una mano e ogni nuovo esemplare è una finestra aperta sulle fasi di formazione di altri sistemi planetari. Fisica perché la composizione di 3I/ATLAS incrina modelli consolidati: se altrove le comete si formano con più ghiaccio di CO₂ e meno acqua, allora i dischi protoplanetari non sono tutti uguali. E narrativa perché, nel dibattito pubblico, l’idea di un corpo che arriva “da fuori” porta con sé metafore potenti: semi chimici che viaggiano tra le stelle, messaggeri di mondi lontani, testimonianze materiali di come la materia si organizza quando nessuno la guarda da vicino.
È per questo che il nuovo scatto di Hubble non è un semplice aggiornamento visivo, ma un reminder: ogni tanto il Sistema Solare riceve posta da un altro indirizzo. E 3I/ATLAS, con la sua chimica deviata e la sua dinamica non legata, è uno dei biglietti più interessanti che abbiamo aperto negli ultimi anni.
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