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economia

Asili nido: Il 35% dei bambini riceve il bonus asilo nido – Parte 2

Nel 2023, il 40% delle donne che hanno avuto un figlio non lavora. Più della metà di queste è casalinga, mentre il restante 14% è disoccupata o in cerca della prima occupazione. Di conseguenza, solo il 60% delle neomamme risulta occupata, una percentuale piuttosto bassa. Questo dato non è significativamente alterato dalla presenza di cittadine straniere: tra le neomamme italiane lavora il 67%, mentre tra le straniere la percentuale si ferma al 28%. Tuttavia, poiché le straniere rappresentano una quota minore, la media complessiva delle partorienti occupate si attesta comunque intorno al 60%. Anche la presenza di studentesse incide in modo trascurabile, dato che rappresentano appena l’1% delle neomamme e il 2% nella fascia tra i 20 e i 29 anni.

Il legame tra età e condizione lavorativa è molto marcato. Tra le ventenni che hanno partorito nel 2023, lavora solo il 40%; il 21% è disoccupata, il 35% è casalinga e il 2% studia. Al contrario, tra le neomamme over 40 lavora il 72%, mentre il 17% si dichiara casalinga e il 10% risulta disoccupata. Nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 39 anni, quasi sette donne su dieci sono occupate, due su dieci sono casalinghe e una su dieci è disoccupata.
La scarsa occupazione femminile dopo la nascita di un figlio riflette, almeno in parte, una carenza strutturale di servizi per l’infanzia: molte donne restano a casa non per scelta, ma per mancanza di alternative concrete a cui affidare i propri figli nei primi anni di vita.

Quanto costa il nido

Secondo l’ultimo rapporto sui servizi educativi per l’infanzia di Istat e del Centro Governance & Social Innovation dell’Università Ca’ Foscari di Venezia la spesa media per bambino residente è aumentata nel tempo, passando dai 180 euro del 2019 a oltre 460 euro nel 2022. Tuttavia, la distribuzione territoriale delle risorse mostra forti disuguaglianze: nel 2022, al Centro si sono raggiunti i 588 euro pro capite, seguiti dai 541 euro del Nord-Ovest e dai quasi 500 euro del Nord-Est. Decisamente inferiori i valori registrati nelle Isole, con 343 euro, e nel Sud, dove si è scesi a 304 euro per bambino residente.

Il Bonus Asilo Nido 2025 varia in base all’ISEE familiare: fino a 25.000 euro si possono avere fino a 3.000 euro annui (circa 272,70 euro al mese per 11 mesi), da 25.001 a 40.000 euro, 2.500 euro annui (circa 227,20 euro al mese per 11 mesi), mentre se l’ISEE familiare è superiore a 40.000 euro si può beneficiare di un contributo massimo di 1.500 euro annui (circa 136,30 euro al mese per 11 mesi). Per i bambini nati dal 1° gennaio 2024, è previsto un bonus maggiorato di 2.100 euro, portando l’importo massimo a 3.600 euro annui per famiglie con ISEE fino a 40.000 euro .

Nel 2019 il bonus era stato erogato a circa 290.000 bambini tra 0 e 2 anni, pari al 21,7% della popolazione in quella fascia d’età, con un importo medio annuo di 832 euro distribuito su 6,4 rate. Dopo la flessione causata dalla pandemia e la successiva ripresa nel 2021, il 2022 ha visto una forte crescita: i beneficiari sono stati 430.000, corrispondenti al 35% dei bambini da 0 a 2 anni, e l’importo medio annuo è salito a 1.318 euro per ciascun beneficiario, distribuito in media su 6,5 rate.

Chi sta economicamente peggio non manda i figli al nido

Dal rapporto emerge che il reddito familiare è un fattore determinante nell’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia. Le famiglie che utilizzano il nido hanno un reddito netto annuo equivalente mediamente pari a 23.000 euro, contro i 18.000 euro delle famiglie che non ne fanno uso. Lo confermano anche i dati Eurostat su tutta l’area europea.
Anche il livello di istruzione dei genitori gioca un ruolo significativo: se almeno uno dei due ha una laurea o un titolo superiore, la frequenza al nido raggiunge il 31,1%, mentre si ferma al 26,3% nei casi in cui entrambi i genitori abbiano al massimo il diploma. La condizione lavorativa dei genitori influisce in modo altrettanto evidente: quando lavora al massimo un solo genitore, la frequenza al nido è del 14,2%, mentre sale al 38,7% nei casi in cui entrambi sono occupati.

Oggi i pedagogisti concordano sempre più sul valore delle esperienze di qualità sin dai primissimi anni di vita. L’asilo nido non è più quello di 30 o 40 anni fa; oggi rappresenta un ambiente sicuro e ricco di stimoli, dove il bambino può iniziare a esplorare il mondo grazie e a relazionarsi con gli altri grazie al supporto di insegnanti qualificate. Considerando che quasi la metà delle famiglie italiane oggi ha un solo figlio, è importante imparare sin da subito a relazionarsi in modo funzionale con altri bambini.

Sul fronte delle agevolazioni economiche, la misura principale è rappresentata dal bonus “Asilo nido” erogato dall’INPS. Questo contributo, che si affianca all’Assegno unico universale introdotto nel 2022, copre parte dei costi delle rette per nidi pubblici e privati, sezioni primavera e servizi educativi domiciliari. Secondo il XXIII Rapporto annuale dell’INPS, nel 2023 il bonus ha raggiunto circa 480.000 bambini, con un’erogazione media mensile pari a 204 euro per una durata media di 6,6 mesi. In media, il contributo ha coperto il 62% delle rette effettivamente pagate dalle famiglie, ma la copertura varia in base al reddito: si va dal 78% per chi appartiene alla fascia ISEE più bassa al 32% per le famiglie nella fascia più alta o per chi non ha presentato la dichiarazione sostitutiva unica.

Per approfondire.

Asili nido: crescono ancora le liste d’attesa – Parte 1