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economia

Dieta vegana e dieta onnivora. Inchiesta su cibo e scienza, puntata 1

A inizio gennaio 2024 Netflix ha pubblicato un documentario in 4 puntate dal titolo Sei ciò che mangi, che racconta uno studio pubblicato sulla nota rivista scientifica JAMA, il quale ha evidenziato che mangiare vegano porta più benefici alla salute rispetto a seguire un’alimentazione onnivora, per quanto sana. La particolarità della ricerca è che per la prima volta il campione era composto da coppie di gemelli omozigoti – solo 22 coppie, quindi relativamente poche – tutte onnivore. A uno dei gemelli scelto casualmente è stata fornita per 8 settimane una dieta esclusivamente vegana mentre all’altro una dieta onnivora ma ben bilanciata e sana. Esperti di fitness hanno inoltre disegnato un programma di attività fisica per ogni coppia, a seconda delle loro caratteristiche di partenza. Alcune di queste persone erano nel loro peso forma, alcune addirittura molto sportive, mentre altre persone erano in sovrappeso. Alcune avevano abitudini alimentari più sane di altre ma nessuna delle persone considerate soffriva di una malattia cronica come diabete, colesterolo alto o ipertensione. In tutte le coppie, chi aveva mangiato vegano mostrava dopo soli due mesi un miglior stato di salute.

L’obiettivo del test era valutare una serie di indicatori considerati fattori di rischio per la salute – glicemia, peso, colesterolo, aspetti del microbiota intestinale, skills cognitive – prima e dopo le 8 settimane. In ogni coppia considerata il gemello che aveva seguito una dieta vegana sana mostrava un miglioramento significativo della concentrazione di colesterolo lipoproteico a bassa densità, del livello di insulina a digiuno e della perdita di peso rispetto ai gemelli che seguivano una dieta onnivora sana. Sono stati raccolti campioni di feci per analisi future per esaminare i cambiamenti nel microbioma intestinale (ad esempio, diversità microbica), metaboliti, marcatori infiammatori e ulteriori fattori di salute, che sono risultati anch’essi migliori nei soggetti che avevano seguito una dieta vegana. “I risultati di questo studio suggeriscono che una dieta sana a base vegetale offre un significativo vantaggio cardiometabolico protettivo rispetto a una dieta onnivora sana” si legge nell’articolo.

Bene. Questi risultati sono senza dubbio interessanti, e confermano anni di revisioni della letteratura su questo argomento. Bisogna però fare qualche precisazione di metodo, per capire bene l’articolo scientifico di JAMA.

  • Anzitutto, lo studio non dice che solo la dieta completamente vegana porta a quei risultati, perché non c’è stato un confronto fra persone che seguivano una dieta vegetariana o prevalentemente vegetariana o prevalentemente vegana. Ci dice, genericamente due cose: che “più vegetale è meglio” e che se mangi sano completamente vegetale puoi stare benone, salvo integrare la vitamina B12 come da linea guida. “Sebbene i nostri risultati suggeriscano che le diete vegane offrono un vantaggio cardiometabolico protettivo rispetto a una dieta sana e onnivora – chiosano gli autori – l’esclusione di tutte le carni e/o dei latticini potrebbe non essere necessaria suggerisce che i benefici cardiovascolari possono essere ottenuti con modeste riduzioni degli alimenti di origine animale e dei latticini. aumento degli alimenti sani a base vegetale rispetto alle diete tipiche.”
  •  In relazione al punto sopra, non è chiaro quali siano gli alimenti che più hanno favorito il vantaggio vegano.
  • Sui valori di TMAO, un comune sottoprodotto del metabolismo umano e di molti animali, c’è dibattito. La concentrazione di TMAO nel sangue cresce quando consumiamo molta (quanta però non si sa di preciso) carnitina o lecitina, soprattutto in presenza di una specifica flora batterica intestinale che trasforma queste sostanze in TMAO. Possiamo parlare quindi di fattore di rischio. Diversi studi infatti associano elevati livelli di TMAO nel sangue con un aumentato rischio di eventi avversi come infarti e ictus, dal momento che favorisce il deposito di colesterolo nelle arterie. Nello studio sono emersi anche valori inattesi, alti in persone che avrebbero dovuto mostrare valori più bassi, anche se in media i partecipanti alla dieta vegana hanno mostrato una diminuzione media nella differenza di TMAO dal basale a 8 settimane rispetto ai partecipanti alla dieta onnivora. “Sono necessarie ulteriori indagini sul TMAO come fattore di rischio per le malattie cardiovascolari e sull’associazione di colina e carnitina nella dieta rispetto al pesce con le concentrazioni sieriche di TMAO” concludono gli autori.
  • Un tempo di sole 8 settimane di cambio dieta è molto breve e per questo i risultati sono davvero importanti e sono ancora più rilevanti perché aver considerato gemelli monozigoti significa abbassare incredibilmente l’errore dettato dalla genetica, dal fatto che “ognuno di noi è diverso”. Va comunque detto che si tratta di persone sane in partenza.
  • È molto complesso chiarire il peso dei diversi fattori in gioco quando si dice genericamente che un certo alimento “fa male” o “fa bene”. Fa male di per sé o perché se ne abusa o magari perché è stato sottoposto a procedimenti industriali? Come raccontiamo qui, mangiare tanta carne più far male per quello che contiene, ma senza dubbio più conservanti, antibiotici e coloranti contiene, peggio è.
  • La ricerca e la serie TV parlano degli Stati Uniti. Nonostante le linee guida per la pratica clinica dell’American Heart Association  raccomandano chiaramente ai medici di incoraggiare i pazienti a scegliere fonti sane di proteine, principalmente vegetali, per promuovere la salute cardiovascolare, la dieta media statunitense non è la dieta mediterranea classica. Qualcosa sta cambiando, ma sono tentativi sparuti. Dal punto di vista poi dei regolamenti sugli allevamenti e sulla qualità dei prodotti animali, è importante considerare come funzionano le cose nei vari paesi. Alcuni mesi fa Antonia Ricci, Direttrice dell’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie – IZSVe, ci spiegava che negli ultimi cinque anni sembra essersi registrato in media un crollo verticale del loro utilizzo: -90% dal 2015 al 2020 fra i polli da carne e -80% nei tacchini. Non benissimo ma è qualcosa. Una conferma viene dall’ultimo rapporto dell’ECDC, che evidenzia una tendenza di riduzione della percentuale di batteri multiresistenti presenti negli animali da allevamento. In ogni caso anche in Italia esistono linee di indirizzo su come costruire una dieta a base vegetale equilibrata.
  • I pasti sono stati pensati per essere il più perfetti possibile dal punto di vista nutrizionale con il giusto apporto di verdure, legumi, frutta, cereali integrali, noci e semi, per evitare le distorsioni di una dieta fai da te. I principi guida sono stati: scegliere alimenti minimamente trasformati, costruire un piatto equilibrato con verdure, amidi, proteine e grassi sani; scegliere la varietà all’interno di ciascun gruppo alimentare; e personalizzare queste linee guida per soddisfare le preferenze e le esigenze. È chiaro che questi risultati si hanno con un regime alimentare di questo tipo non con un generico fai da te. Una dieta vegana mal formulata può includere alimenti vegetali di bassa qualità, come carboidrati raffinati e zuccheri aggiunti. È chiaro che possiamo comunque sempre inferire che orientarsi verso una dieta a base vegetale è una scelta saggia.

In sintesi, i risultati dello studio confermano anni di letteratura scientifica ci mettono con le spalle al muro sul fatto che dobbiamo prendere seriamente in considerazione una dieta a base vegetale se vogliamo poter dire di vivere cercando di fare prevenzione. Tanto quanto non fumiamo, non abusiamo di alcol, evitiamo troppi zuccheri, o facciamo attività fisica.

Inchiesta su cibo e scienza. Prima puntata di sette.