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Che cosa accadrebbe se decidessimo di mangiare carne solo la domenica?

All’Università di Oxford c’è un team che si occupa di misurare seriamente l’impatto dell’alimentazione di onnivori, vegetariani e vegani sull’ambiente. Recentemente  è uscito sulla rivista NatureFood un nuovo studio, il primo a individuare la differenza che le diete ricche e povere di carne hanno sulle emissioni di gas serra, di uso del suolo, di consumo di acqua, e del suo inquinamento con conseguente perdita di specie. In tutti i casi, i grandi mangiatori di carne hanno avuto un impatto negativo significativamente più elevato rispetto ad altri gruppi. Una differenza enorme, ben maggiore di quanto altri scienziati avevano stimato precedentemente.

L’analisi è la prima a esaminare l’impatto dettagliato delle diete concrete di un campione eterogeneo di eprsone su una serie di indicatori ambientali. Il professor Scarborough, che fa parte del progetto Livestock Environment And People (LEAP), ha intervistato 55.000 persone suddivise in grandi mangiatori di carne, – cioè che consumano più di 100 grammi di carne al giorno, grosso modo l’equivalente di un grande hamburger – piccoli mangiatori di carne, la cui assunzione giornaliera era di 50 g o meno (potremmo discutere se questo quantitativo, comunque quotidiano sia davvero da considerarsi poco!), mangiatori di pesce ma non di carne, vegetariani e vegani.

Risultato: una dieta di un grande mangiatore di carne produce una media di 10,24 kg di gas serra che riscaldano il pianeta ogni giorno. Un basso mangiatore di carne ne produce quasi la metà con 5,37 kg al giorno. I vegani 2,47 kg di gas serra al giorno.
Tutti gli indicatori ambientali hanno mostrato un’associazione positiva con le quantità di alimenti di origine animale consumati, che significa che al crescere del consumo di alimenti di origine animale cresce l’impatto sull’ambiente. Per la maggior parte degli indicatori sono state riscontrate differenze di almeno il 30% tra piccoli e grandi consumatori di carne. Nonostante le sostanziali variazioni dovute a dove e come viene prodotto il cibo, la relazione tra impatto ambientale e consumo di alimenti di origine animale è chiara. Le emissioni di CO2 dei vegani sono risultate essere il 30,3% di quelle del gruppo che mangiava molto carne. Anche mangiare poca o tanta carne fa differenza. Chi consuma poca carne produce il 57,2% di CO2 di chi ne consuma tanta. Resta il fatto, come si diceva, che 50 grammi di carne al giorno forse non sono da considerarsi “pochi”. Ma questo risultato ci fa capire quanto potremmo abbattere il nostro impatto se decidessimo di consumare, per esempio, l’equivalente di 100 grammi di carne alla settimana.

Il CH4 (metano) è un gas serra che, in termini di emissioni agricole, è prevalentemente associato alla produzione di ruminanti, quindi non sorprende vedere ampie disparità nelle emissioni di metano associate ai diversi gruppi dietetici. Le emissioni di metano degli alti consumatori di carne erano 15,3 volte superiori a quelle delle diete vegane. Le emissioni di N2O sono prevalentemente associate all’uso di fertilizzanti, e quindi i gradienti nelle emissioni di N2O per gruppo alimentare sono principalmente il risultato delle inefficienze associate all’allevamento di colture per l’alimentazione animale. Questo gradiente è inferiore a quello del CH4 ma comunque sostanziale, con emissioni di N2O per i grandi mangiatori di carne 3,6 volte superiori rispetto ai vegani.

I vegani e i vegetariani intervistati erano più giovani dei mangiatori di pesce e di carne, e i vegani hanno riportato un apporto calorico inferiore rispetto a tutti gli altri gruppi dietetici. Il consumo di pesce era simile nei mangiatori di pesce e nei mangiatori di carne bassi, suggerendo che i mangiatori di pesce non stavano sostituendo la carne con il pesce. Mentre il consumo totale di latticini era inferiore nei vegetariani e nei mangiatori di pesce rispetto ai mangiatori di carne, in questi due gruppi c’era un consumo maggiore di formaggio.

 

Per avere il polso della situazione a casa nostra. La più recente stimai Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) riporta che in Italia il consumo reale procapite corrisponda invece a 104 grammi al giorno di carne, pari a 38 kg all’anno. Molto meno della maggior parte degli altri paesi europei. Le cose forse stanno lentamente cambiando. Basti pensare al successo di profili social legati all’alimentazione vegana, come Cucina Botanica, il progetto di Carlotta Perego che appena quattro anni fa soddisfava la richiesta di una nicchia e che oggi conta migliaia di libri venduti, 930 mila utenti su Instagram e 154 imla su TikTok.

Un precedente studio pubblicato sempre su NatureFood nel 2021 aveva concluso che la produzione alimentare fosse responsabile di un terzo di tutte le emissioni globali di gas serra. E una revisione indipendente per il Department for the Environment Food and Rural Affairs aveva chiesto una riduzione del 30% del consumo di carne entro il 2032.

L’impatto sostanziale del sistema alimentare globale sull’ambiente è ormai consolidato. Si stima che il sistema alimentare sia stato responsabile di 18 Gt di emissioni di gas serra (GHG) di anidride carbonica equivalente (CO2e) nel 2015, pari al 34% delle emissioni globali totali di gas serra di quell’anno. Il sistema alimentare è anche responsabile del 70% dell’uso mondiale di acqua dolce e del 78% dell’inquinamento delle acque dolci. Circa tre quarti della superficie terrestre libera dai ghiacci del mondo è stata interessata dall’uso umano, principalmente l’agricoltura, e il cambiamento dell’uso del suolo (principalmente la deforestazione per l’agricoltura) è una delle principali fonti di perdita di biodiversità.