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politica

La pandemia non pare aver inciso per nulla sull’abitudine al fumo, né rispetto a fumare di meno, né a fumare di più

L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato i dati della sorveglianza PASSI sulle abitudini al fumo nel biennio 2021-2022 (esclusa la Lombardia per la quale non compaiono dati in merito). Risultato: la pandemia non pare aver inciso per nulla sull’abitudine al fumo, né rispetto a fumare di meno, né a fumare di più. La diminuzione che si riscontra negli ultimi dieci anni di sorveglianza fra gli adulti 18-69 enni è lenta e costante. Nel 2011-2014 (le sorveglianze PASSI sono biennali o triennali) fumava i non fumatori erano il 54,5% degli italiani, mentre oggi sono i 59,1%. dieci anni fa fumava ogni giorno il 25% della popolazione, oggi il 22,4%. Il consumo medio giornaliero è di circa 12 sigarette, tuttavia 22 fumatori su 100 ne consumano più di un pacchetto. Contrario invece è l’andamento degli ex-fumatori: aveva smesso di fumare il 18% dei fumatori nel 2011-2014, contro il 16,7% di oggi. In questo computo non sono inclusi gli over 70, che vengono interrogati in un’altra rilevazione, PASSI d’argento.

L’aspetto importante di questi dati è che fumano molto di più le fasce di popolazioni più fragili in termini socioeconomici, e fra loro il numero di fumatori in dieci anni è aumentato. Parliamo di chi ha difficoltà economiche (nonostante i costi elevati delle sigarette) e/o ha un livello inferiore di istruzione. Dieci anni fa fumava il 36% di chi aveva difficoltà economiche (oggi il 37%), il 23% di chi non ne aveva (oggi il 21%).
Oggi fuma il 27% di chi ha al massimo la licenza media, contro il 17% dei laureati. Lo stesso gap si riscontra fra nord e sud del paese. Questo trend non è evidentemente abbastanza preso in considerazione nella messa a punto di politiche e campagne di comunicazione mirate. In dieci anni non è cambiato nulla. l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ritiene che sia responsabile di 8 milioni di decessi l’anno fino al 2030. Gli ex-fumatori fra le persone con difficoltà sono meno rispetto agli ex fumatori senza difficoltà o laureate. Dieci anni fa gli ex-fumatori fra i più poveri erano il 15% contro il 19% di chi non aveva difficoltà economiche, oggi le percentuali sono identiche.
Oggi inoltre fuma il 15% delle donne in gravidanza e l’11% delle donne che allattano, percentuali in netta crescita rispetto al pre-pandemia, quando dichiarava di fumare in gravidanza il 12% delle future mamme e il 9% delle donne che allattavano.

Ancora troppo bassa l’attenzione degli operatori al fumo: meno di 5 fumatori su 10 riferiscono di aver ricevuto il consiglio di smettere di fumare da un medico o da un operatore sanitario. Ciò che è cambiato – come è prevedibile – in periodo pandemico è l’attenzione degli operatori sanitari nel suggerire percorsi per smettere di fumare. Il 35% degli intervistati nel 2021-22 si è visto chiedere se fuma, e al 47% dei fumatori è stato consigliato di smettere. Nel pre-pandemia (2016-2019) al 38% era stato chiesto se fumava e il 51,6% aveva ricevuto consiglio di smettere. Dieci anni fa le percentuali erano ancora migliori: 39,9% e 52,1%.

Si osserva anche che chi ha un livello inferiore di istruzione tende a fumare prevalentemente sigarette, mentre l’abitudine al tabacco trinciato, ossia al confezionamento a mano delle sigarette è meno frequente. Si considerano fumatori di tabacco coloro che ne consumano almeno la metà rispetto al totale del fumato.
Negli ultimi anni le vendite di tabacchi trinciati sono andate aumentando in tutta l’Unione Europea, Italia inclusa: siamo passati dall’11% di chi fumava tabacco nel 2015 al 15% del 2022.
Questo perché costa meno delle sigarette (la pressione fiscale è minore di quella imposta sulle sigarette confezionate) e perché ancora circola il falso mito che fumare sigarette confezionate a mano con tabacco sciolto sia meno dannoso per la salute, perché conterrebbe meno additivi. In realtà i danni alla salute sono i medesimi delle sigarette. Nel biennio 2021-2022 poco meno del 15% dei fumatori intervistati dichiara di utilizzare esclusivamente o prevalentemente sigarette confezionate a mano con tabacco trinciato. Fumano più frequentemente tabacco trinciato i giovani 18-24 enni (il 26%), le persone mediamente più istruite (il 20% fra i laureati contro il 7,8% di chi non possiede la terza media). Fra le persone più mature per età l’uso dei trinciati è prerogativa dei meno abbienti.

Le sigarette elettroniche sono predilette dai giovani. Nel biennio 2021-2022 l’uso della sigaretta elettronica coinvolge il 6% dei 18-24 enni, contro il 3% medio fra la popolazione. In realtà anche se non vi è combustione e quindi il rischio cancerogeno sia teoricamente più basso – la e-cig riscaldando glicole propilenico o glicerolo produce aerosol – il rischio di dipendenza da nicotina resta lo stesso delle sigarette. È aumentato anche l’uso dei dispositivi a tabacco riscaldato (HTP) in aumento significativo dallo 0,5% del 2018 al 3,4% nel 2022. si tratta di dispositivi nei quali si inserisce una piccola sigaretta di tabacco e il dispositivo scalda il tabacco senza però bruciarlo.

Il problema principale è che i dati mostrano che fumare sigarette elettroniche non incide sullo smettere di fumare sigarette tradizionali. Il 4% dei fumatori fuma sia sigarette che e-cig, il 20% solo sigarette e il 2,3% solo e-cig.