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economia

Se andiamo avanti così nel 2060 produrremo il triplo della plastica. Ed è un problema

Mancano solo 27 anni, il tempo che diventi adulta la generazione dei nati oggi. Da qui al 2060 la popolazione mondiale si attesterà sui 10 miliardi di consumatori, con la crescita più cospicua in Africa Sub-Sahariana. Nel frattempo si stima che il consumo di plastica, e i rifiuti di plastica saranno il triplo, come volume, rispetto a oggi.
Sono i dati pubblicati dal Global Plastics Outoook dell’OECD, che disegna gli scenari da qui al 2060.

Nel cosiddetto Baseline scenario si stima che l’uso di plastica triplicherà dal 2019 al 2060, passando dai 460 milioni di tonnellate a 1,3 miliardi di tonnellate. Per avere un parametro, nel 1950 si producevano 1,5 milioni di tonnellate di plastica nel mondo.

Grazie alle tecnologie che le aziende di tutto il mondo stanno mettendo a punto, e alle variazioni della struttura dell’economia – in relazione a quanto effettivamente si può immaginare con trent’anni di anticipo – la quantità di plastica prodotta per avere come output 1 dollaro di PIL calerà del 16% dal 2019 al 2060.
Ma non basta. Le economie emergenti pare si baseranno ancora sulla plastica, perché saranno loro a trainarne produzione e consumo Saranno l’Africa Sub-Sahariana e il continente asiatico a costituire i maggiori consumi futuri, che saranno addirittura 6 volte superiori a quelli del 2019, se non si metteranno in campo politiche diverse per ridurne drasticamente l’utilizzo in favore di altri materiali più sostenibili. Se nel 1980 i paesi OCSE usavano l’87% della plastica prodotta a livello globale, il Medio Oriente e l’Africa un misero 5% e le economie emergenti come la Cina l’’1%, oggi la situazione è ribaltata: i paesi OCSE consumano il 46% della plastica, India e Cina il 35%. Nel 2060 si stima che i paesi non OCSE consumeranno il 64% della plastica prodotta a livello mondiale, trainati dalla Cina. Il problema più grosso riguarderà il packaging.

Riciclare di più potrebbe migliorare sensibilmente le cose? Insomma. Secondo le stime OECD, la quantità di emissioni di gas serra evitate riciclando la plastica e producendone quindi di nuova, dipende dal tipo di polimero, anzitutto. La plastica – i polimeri che la costituiscono – non sono tutti uguali. Il problema rispetto al riciclaggio è che secondo i Baseline scenario, nel 2060 continueranno a dominare la scena le plastiche costituite da materiali fossili non riciclabili.

Senza policies diverse nel 2060 la metà della plastica finirà comunque in discarica. Il riciclo della plastica è possibile, ma non è certo prassi in tutti i paesi del mondo come lo è (quasi ovunque) in Italia, dove siamo a 1 milione di tonnellate di plastica riciclate l’anno. Oggi in Europa quasi un terzo dei rifiuti in plastica viene riciclato (dato 2018 dell’Europarlamento).Una così piccola percentuale di riciclaggio di plastica in Europa – si legge – implica grosse perdite sia per l’economia che per l’ambiente. Si stima che il 95% del valore dei materiali per imballaggio di plastica si perda nell’economia dopo un ciclo di primo utilizzo molto breve.
Si stima che nel 2019 siano state immesse nell’atmosfera oltre 850 milioni di tonnellate di gas serra per la produzione e l’incenerimento della plastica, che se continuiamo in questo modo potrebbero diventare 2,8 miliardi di tonnellate entro il 2050.
Una precisazione di metodo. Quando si fanno delle stime per il futuro sull’andamento di un fenomeno, si immaginano degli scenari che si avrebbero qualora venissero implementate o non implementate delle politiche per migliorare la situazione. I Baseline scenarios descrivono uno stato futuro della società e/o dell’ambiente in cui non vengono attuate nuove politiche ambientali oltre a quelle già in cantiere oggi; o in cui queste politiche non hanno un’influenza percepibile rispetto alle questioni analizzate.

Le emissioni dovute al ciclo di vita della plastica raddoppieranno, passando da 1,8 Gt di CO2 equivalente del 2019 alle 4,3 Gt di CO2 equivalente del 2060, che significa che se nel 2019 rappresentavano il 3,7% del totale delle emissioni di gas serra a livello mondiale, nel 2060 costituiranno il 4,5% delle emissioni. Un impatto sempre più rilevante. Il rapporto ha considerato anche l’impatto del mercato delle bioplastiche nei prossimi 35 anni, ma dalle previsioni pare che non dovrebbero incidere granché sul livello di emissioni di gas serra. Il problema? Le coltivazioni agricole necessarie per sfamare 10 miliardi di persone.
L’impatto di questo sfrenato consumo di plastica sul pianeta – in particolare nel settore agroindustriale – è e sarà determinante, in termini di uso del suolo, di ozono, eco tossicità, acidificazione del terreno, e di eutrofizzazione, un fenomeno che porta alla proliferazione incontrollata di alghe e altri organismi vegetali nelle area acquatiche dovuta alla presenza eccessiva di sostanze nutritive come azoto e fosforo. Insomma, un sistema in forte disequilibrio.

Non da ultimo, il problema enorme del Plastic leakage, cioè delle microplastiche che vengono immesse nell’ambiente, in special modo nelle acque, senza controllo e dunque senza possibilità di cattura e riciclo. Chiaramente questo fenomeno non è facilmente misurabile. Le stime, basate su ricerche accademiche, parlano di un raddoppio della quantità di plastica immessa nell’ambiente (da 22 a 44 milioni di tonnellate) emissioni pari a 2 Mt di CO2 equivalente l’anno di metano.

Secondo gli esperti, un potere enorme nella riduzione delle emissioni dovute alla produzione di plastica lo giocano i prezzi dei combustibili fossili. Se cresceranno sarà un bene. In uno scenario dove i prezzi dovessero rimanere bassi – il 15% inferiori allo scenario attuale – le emissioni dovrebbero crescere del 2,4% rispetto allo scenario Baseline (se non si facesse nulla). Questo perché si produrrebbe di meno e quindi si produrrebbero meno emissioni. La plastica costerebbe di meno e la domanda crescerebbe. Se invece i prezzi dei combustibili fossili aumentassero, si avrebbero meno emissioni (115 Mt di CO2 equivalente nel 2060), con il 2,7% in meno di emissioni.

Per approfondire. 

L’inquinamento della plastica, l’ambiente e l’Italia in cinque numeri

Chi sono i Paesi responsabili dell’inquinamento della plastica nell’oceano #infographics

In una mappa animata la concentrazione delle microplastiche