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politica

Una persona su sei nel mondo soffre di infertilità. Anche fra i paesi poveri

A inizio aprile l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato le stime di infertilità per tutte le regioni del mondo (che grosso modo corrispondono ai continenti) analizzando 133 studi pertinenti pubblicati dal 1990 al 2021, tenendo conto dei diversi approcci di stima utilizzati. Risultato: una persona su sei ha sofferto di infertilità nel corso della propria vita: il 17,8% di chi vive nei paesi ricchi e il 16,5% di chi vive nei paesi a basso reddito. Chiaramente averla sperimentata non significa poi non aver avuto dei figli negli anni a venire.

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L’OMS definisce infertilità quando non si riesce a raggiungere una gravidanza dopo 12 mesi o più di rapporti sessuali regolari non protetti.

I 5 principali risultati che sono emersi dal rapporto sono i seguenti:

1. L’infertilità colpisce un’ampia percentuale della popolazione mondiale, con circa una persona su sei ne soffre almeno una volta nel corso della vita. La prevalenza una tantum dell’infertilità è stimata infatti al 17,5%, mentre la prevalenza di  infertilità solo in un dato periodo tempo  al 12,6%. In quest’ultimo caso l’intervallo significa che prima o dopo il periodo considerato la persona ha avuto una o più gravidanze.

2. L’infertilità può essere primaria o secondaria. Con il primo termine si definisce una situazione in cui la persona non ha mai ottenuto una gravidanza nella vita, mentre l’infertilità secondaria è quando è stata raggiunta almeno una gravidanza precedente al periodo di infertilità. Per quanto riguarda l’infertilità primaria, il 9,6% delle persone esaminate l’ha sperimentata nel corso della vita, il 9,% per un periodo. Riguardo l’infertilità secondaria, il 6,5% delle persone l’ha vissuta, mentre il 4,9% per un dato periodo.
La distinzione tra infertilità primaria e secondaria è importante per analizzarne le cause e strutturare meglio i servizi. Alti tassi di infertilità secondaria sono associati a patologie correlate alle infezioni, quali infezioni postpartum, da aborti non sicuri, e alcune infezioni a trasmissione sessuale.

3. Gli approcci metodologici alla misurazione dell’infertilità variano notevolmente. Per esempio, molti studi hanno utilizzato altre definizioni di infertilità rispetto a quella dell’OMS, che considerano range temporali più lunghi per poter parlare di infertilità, come 24 o addirittura 60 mesi. Diverse ricerche si sono basate su definizioni di infertilità non legate alla durata ma alle condizioni di salute che giustificano il ricorso ai servizi.

4. Si tratta dunque di stime, con buona probabilità al ribasso a causa di una persistente mancanza di dati in molti paesi e in alcune regioni, nella differenza di criteri di inclusione delle persone negli studi disponibili e nei metodi diversi nel misurare l’infertilità. Detto questo, i confronti che è stato possibile fare hanno permesso ai ricercatori di stimare che in Europa il 16,5% delle persone ha sperimentato infertilità nella vita, e non è la prevalenza più elevata del mondo. Si tratta di una stima relativamente solida, dal momento che la regione europea è quella con la quota più alta di studi sull’infertilità fra quelli esaminati in questo rapporto. La percentuale più alta di persone che hanno sperimentato infertilità nel corso della propria vita si è registrata nella regione del Pacifico occidentale (il 23,2% di infertilità) e la più bassa nella regione che chiamiamo Medio Oriente, che include qui anche il nord Africa (10,7%). In Africa subsahariana ha sperimentato infertilità il 13% delle persone esaminate negli studi considerati, mentre in America (nord e sud) il 20%.

5. Le stime della prevalenza dell’infertilità sono simili tra i paesi indipendentemente dal livello di reddito del paese. La prevalenza dell’infertilità era del 17,8% per i paesi ad alto reddito e del 16,5% per i paesi a basso e medio reddito. La prevalenza dell’infertilità in un dato periodo della vita, era del 12,6% nei paesi ad alto reddito e del 12,6% in quelli a basso e medio reddito.

Il perché dell’infertilità non è semplice da capire, ma sicuramente è più comune di quanto si pensa. Le stime del Ministero della Salute per l’Italia parlano di un 15% di coppie infertili. Anche qui le stime vanno prese con il beneficio del dubbio, e dovrebbero essere considerate in base all’età della donna, ma quando si riesce a stimarne il motivo, in un terzo dei casi circa è dovuta a difficoltà nella donna, il 30% nell’uomo, e nel resto dei casi di entrambi. E’ definita infertilità idiopatica la condizione in cui non si riesce a concepire un bambino dopo un anno di tentativi, in assenza di problematiche fisiche note.

In ogni caso, i trattamenti per l’infertilità, in particolare la fecondazione in vitro, non sono per tutti. Costano molto e si pagano quasi sempre di tasca propria. Una nuova ricerca finanziata pubblicata sulla rivista Human Reproduction Open ha valutato i costi associati ai trattamenti per l’infertilità nei paesi a basso e medio reddito, rilevando che i costi medici diretti pagati dai pazienti per un singolo ciclo di fecondazione in vitro (IVF) sono spesso superiori al reddito medio annuo, il che indica costi proibitivi per la maggior parte delle persone in queste parti del mondo.
Senza considerare che in molte zone del mondo pesa ancora molto lo stigma rispetto a chi non riesce ad avere figli e ricorrre a tecniche di fecondazione assistita.