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Una famiglia su tre, addirittura più della metà dei nuclei calabresi, siciliani e sardi, non si fida a bere l’acqua del rubinetto

Quello che emerge dall’ultimo aggiornamento di Istat sull’utilizzo delle risorse idriche da parte delle famiglie è che negli ultimi anni non vi sono stati sostanziali passi in avanti nel miglioramento delle forniture. Dei servizi idrici comunali non ci si fida molto, sia in termini di sicurezza che l’acqua sia davvero potabile, che di continuità nell’erogazione.

“Non mi fido”

Una famiglia su tre, addirittura più della metà dei nuclei calabresi, siciliani e sardi, non si fida a bere l’acqua del rubinetto. Vent’anni fa la fiducia era decisamente più esile, con il 40% delle famiglie che dichiarava di non sentirsi a proprio agio nel bere l’acqua di casa. Sono tuttavia ampie le differenze geografiche: a nord-est a non fidarsi è solo il 17% dei cittadini, mentre in Sicilia addirittura il 61,7%, in Calabria il 51,1% e in Sardegna il 48,6% degli utenti.

Si prelevano quantitativi sempre maggiori di acque minerali nazionali per produrre l’acqua in bottiglia. Questo mercato coinvolge 173 comuni italiani per un totale di 297 concessioni rilasciate ai privati dalle istituzioni pubbliche. Nel 2020, questi prelievi hanno raggiunto i 19,8 milioni di metri cubi, segnando un +3,6% rispetto al 2019. L’aumento è costante dal 2015, con un tasso medio annuo di crescita del +4,1%.

Si tratta di una paura fondata o infondata? Pare fondata. Solo 3 famiglie su 4 in Italia si dicono soddisfatte del colore (limpidezza), dell’odore e del sapore dell’acqua che arriva dal rubinetto. In Calabria è insoddisfatto il 43% dei rispondenti, in Sicilia il 39,6% e in Sardegna il 32,8%. Affermare di fidarsi dell’acqua di rubinetto non significa poi effettivamente berla. Il maggiore consumo di acqua minerale si registra nel Nord-ovest (86,3%) e nelle Isole (84,5%), quello minore nel Sud (76,1%). Il primato nel consumo di acqua in bottiglia lo detiene l’Umbria con il 91,4% dei cittadini che la acquista.

Dove il servizio è discontinuo

Nel 2022 una famiglia su dieci (il 9,7%) lamenta irregolarità nel servizio di erogazione dell’acqua, un dato pressoché stabile nell’ultimo triennio, ma la media falsa la percezione del problema: se al nord appena il 3% delle famiglie vive un disservizio di questo tipo, al Sud, specie in Calabria, Sicilia e Sardegna, si arriva al 40%.L’irregolarità nell’erogazione dell’acqua è avvertita durante tutto l’anno dal 36,4% delle famiglie, durante il periodo estivo dal 31,5% mentre è considerato un evento sporadico dal 31,3%.

I razionamenti aumentano

I razionamenti dell’acqua coinvolgono sempre più città. Il razionamento dell’acqua arriva anche al Nord, ma è il sud a vivere più intensamente il problema. Nel 2021 misure di razionamento sono adottate in quasi tutti i capoluoghi della Sicilia (tranne Messina e Siracusa), in tre della Calabria (Reggio di Calabria, Cosenza e Crotone), in uno della Campania (Avellino), due dell’Abruzzo (Chieti e Pescara), uno della Toscana (Prato) e uno del Veneto (Verona). Nel 2021, 15 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana hanno attuato misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile, segnando un incremento rispetto al 2020 (+4 comuni).

Metà dell’acqua la perdiamo per strada

Di fatto grossa parte dell’acqua viene persa perché l’infrastruttura è vecchia e perde. Sono 27 i capolouoghi di provincia che perdono oltre il 50% dell’acqua erogata, 12 che ne perdono oltre il 60%, e Latina e Belluno sono ai primi posti, con oltre il 70% dell’acqua che viene erogata ma che non arriva mai a destinazione. Per contro, Milano, il comune più “virtuoso” in questo senso, ne perde “solo” il 17%. Il capoluogo lombardo, Pavia, Ascoli Piceno, Ravenna e Aosta perdono meno di un quarto dell’acqua erogata nelle tubature. A nord-ovest si perde in media il 32% dell’acqua immessa nella rete fognaria, a nord est il 37,8%, al Centro il 46% al Sud il 48% e nelle isole addirittura il 52%.

Nel 2021 ha piovuto di meno

“L’adozione di misure restrittive nell’erogazione idrica è legata alla obsolescenza dell’infrastruttura, soprattutto nel Mezzogiorno, a problemi di qualità dell’acqua per il consumo umano e ai sempre più frequenti episodi di riduzione della portata delle fonti di approvvigionamento, a causa del cambiamento climatico – scrive Istat – che rendono insufficiente la disponibilità della risorsa idrica in alcune aree del territorio”. Nel 2021 ha piovuto pochissimo, con una precipitazione totale di circa 718,8 mm, in calo di 74,8 millimetri rispetto al corrispondente valore medio del decennio 2006-2015. Sono 20 le città nelle quali si rileva una diminuzione, più alta per Bologna (-311,4 mm), Trieste (-261,4), Milano (-238,0) e Venezia (-218,7) (Figura 11). Essendo disponibili per i capoluoghi di regione serie ampie e complete di dati, l’anomalia di precipitazione del 2021 viene calcolata rispetto al valore climatico del trentennio 1971-2010 (Normale Climatologica CLINO) e risulta in media pari a -55,8 millimetri. Anomalie negative si registrano in 12 città, molto significative per Trieste e Venezia (-320,0 mm), Bologna (-306,3) e Milano (-296,6). Nel 2021, in media fra le 24 città osservate l’indice giorni con pioggia registra una flessione di cinque giorni rispetto al corrispondente valore del decennio 2006-2015 (81 giorni).