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Latina e Belluno perdono oltre il 50% dell’acqua erogata, Milano è il comune più “virtuoso”

L’infrastruttura idrica e fognaria italiana fa decisamente acqua. Più di una persona su 60 risiede in un comune italiano privo di fognature, e laddove i servizi di erogazione idrica ci sono, perdono più o meno metà dell’acqua prima di arrivare nelle case. In un momento storico di mancanza d’acqua nelle aree alpine – pensiamo a quanti rifugi o alpeggi per la prima volta nel 2022 hanno dovuto chiedere agli utenti di non utilizzare l’acqua se non per ragioni strettamente necessarie – un servizio idrico efficiente è fondamentale.
Nel nostro paese ci sono 15 comuni senza servizio idrico (per un totale di 64.693 residenti), 40 senza fognatura (386.835 residenti coinvolti, lo 0,7% della popolazione) e 296 comuni senza servizio di depurazione delle acque reflue urbane (per un totale di 1.3 milioni di persone coinvolte, il 2,2% dei residenti). Il 68% di questi comuni sono localizzati nel Mezzogiorno, soprattutto in Sicilia, Campania e Calabria. Nel complesso sono 6,7 milioni i residenti non allacciati alla rete fognaria pubblica, incluse dunque persone che vivono in comuni dove la rete c’è, ma non nella zona dove risiedono, sebbene risiedere non significhi viverci, questo è chiaro.
A non avere l’acqua potabile sono 6 comuni in provincia di Mantova, 2 a Verona e a Udine, e uno a Vicenza, a Pordenone e a Brescia. A non essere serviti da fognatura sono ben 22 comuni in provincia di Catania, 5 comuni in provincia di Treviso, 2 comuni a Gorizia, Lecce, Messina e Trieste, uno a Napoli, Trapani e Taranto, Alessandria e Trento. Infine, a non godere di servizi per la depurazione delle acque sono 121 comuni del Meridione, 47 al Centro e 48 al Nord.

Sono gli ultimi dati pubblicati da Istat tramite il Censimento delle acque per uso civile relativi al 2020. Come si legge nella nota metodologica, le unità di rilevazione sono gli enti gestori dei servizi idrici per uso civile operativi sul territorio italiano nell’anno di riferimento dei dati. Le unità di analisi sono gli enti gestori e gli impianti gestiti: fonti di approvvigionamento di acqua per uso potabile, reti di adduzione, reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile, reti fognarie e impianti di depurazione delle acque reflue urbane. La raccolta dei dati avviene attraverso la tecnica Computer Assisted Web Interview (CAWI), tramite la compilazione di questionari elettronici sulla piattaforma Istat.

Quanta acqua perdiamo

Sono 27 i capolouoghi di provincia che perdono oltre il 50% dell’acqua erogata, 12 che ne perdono oltre il 60%, e Latina e Belluno sono ai primi posti, con oltre il 70% dell’acqua che viene erogata ma che non arriva mai a destinazione. Per contro, Milano, il comune più “virtuoso” in questo senso, ne perde “solo” il 17%. Il capoluogo lombardo, Pavia, Ascoli Piceno, Ravenna e Aosta perdono meno di un quarto dell’acqua erogata nelle tubature. A nord-ovest si perde in media il 32% dell’acqua immessa nella rete fognaria, a nord est il 37,8%, al Centro il 46% al Sud il 48% e nelle isole addirittura il 52%.

Un ulteriore aspetto che emerge da questi dati è il consumo assai differente di quantità d’acqua a seconda dell’area geografica. Nel meridione il consumo è molto inferiore rispetto alle province del nord. Nel grafico abbiamo rappresentato i volumi pro capite erogati giornalmente per capoluogo di provincia, evidenziando in azzurro le città del nord, in giallo quelle del centro e in rosso quelle di sud e isole. È evidente che a consumare di più, oltre i 200 metri cubi di acqua al giorno, sono le province del nord. In primis Aosta, Trento, Milano, Imperia, che ne utilizzano oltre 300 metri cubi a testa, contro 18 capoluoghi, quasi tutti a sud, che ne consumano la metà ogni giorno.
Il volume di acqua prelevato per uso potabile nel 2020 è stato di 9,2 miliardi di metri cubi (422 litri giornalieri per abitante). A fronte di un volume di acqua immessa nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile pari a 8,1 miliardi di metri cubi (373 litri per abitante al giorno), a causa delle perdite gli utenti finali dispongono di 4,7 miliardi di metri cubi di acqua erogata per usi autorizzati (215 litri per abitante al giorno), comprendente gli usi sia fatturati sia non fatturati, tra gli altri, fontanili, lavaggio strade, antincendio.

E in Europa? Siamo maglia nera

Secondo i dati riportati da Statista relativi al 2019, Where Europeans Consume The Most Tap Water, gli italiani sarebbero i maggiori consumatori d’acqua con 243 litri al giorno (si considera sempre il complesso dell’acqua utilizzata per tutte le attività, non parliamo di quella che ognuno di noi usa a casa propria). Nessun altro paese esaminato ne consuma più di 200 litri al giorno. Germania, Francia e Spagna si assestano sui 130 litri giornalieri; il Regno Unito sui 150 litri.
Stiamo risparmiando? No. Rispetto al 2018, dice Istat, il volume presenta una contrazione, seppur piuttosto modesta: abbiamo consumato solo lo 0,4% di metri cubi in meno.

Non è semplice invertire la rotta. Anche se i miglioramenti nell’efficienza idrica e nella gestione dell’approvvigionamento idrico hanno portato a una diminuzione complessiva del prelievo totale di acqua del 19% dal 1990, l’EEA (European Environment Agency) stima che circa un terzo del territorio dell’UE sia esposto a condizioni di stress idrico, permanentemente o temporaneamente. Paesi come Grecia, Portogallo, Italia e Spagna hanno già registrato gravi siccità durante i mesi estivi, ma la scarsità d’acqua sta diventando un problema anche nelle regioni settentrionali, comprese parti del Regno Unito e della Germania. Le aree agricole con irrigazione intensiva, le isole dell’Europa meridionale frequentate dai turisti e i grandi agglomerati urbani sono considerati i maggiori punti critici di stress idrico. Si può sicuramente consumare di meno, ma la strada è investire denaro per rendere più efficienti le reti che già ci sono.