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politica

Odiatori, divanisti o radical chic? Come si misura il rapporto tra gli stili di leadership e gli elettori

È stata una campagna elettorale breve, estiva, coperta dai fatti inglesi ed ucraini e la cui agenda è diventata stringente sul tema energia e pressata da risposte agli eventi internazionali. Non può essere considerato solo razionale il voto in simili condizioni, se mai lo è stato davvero. Per una parte dell’elettorato, l’appartenenza e la vicinanza ad un partito è data, ma gli altri non hanno “calcolato il proprio vantaggio” con una qualche forma di algoritmo comparativo delle proposte in campo. al più “si son fatti una ida di massima” e poi sono stati influenzati dalle emozioni, ovvero il sentirsi Vicino o Lontano in qualche modo emozionale alla narrazione dei diversi leader, alla visione generale, ed anche alla loro coerenza ed empatia col messaggio e con l’elettorato.

Per questo proponiamo un modo nuovo per leggere il legame tra leader ed elettori e quindi le recenti dinamiche elettorali: capire quanto le leadership abbiano saputo parlare e conquistare specifici segmenti elettorali, la loro visione del mondo e stato psico-sociale che, nell’ Italia del 2022, trascendono e si incrociano con caratteristiche demografiche o professionali.

 

 

Per identificare questi segmenti e gli stili di leadership, ci siamo rifatti agli archetipi psicologici (con la logica dei tipi e delle loro corrispondenti ombre come propose K.G. Jung) e diverse segmentazioni psicoattitudinali.

Ognuna di queste categorie oltre ad avere specifiche caratteristiche demografiche e professionali ne ha altre psicologiche, riassunte dai nomi che gli abbiamo attribuito. Ciascun segmento tende a preferire certi stili di governo e di leader, che sanno proporre delle policy (ed una narrazione) coerente a tale stile ed utile al segmento di riferimento.

Abbiamo finalizzato e validato il modello con 4 rilevazioni in questi ultimi due anni

 

Aggiungiamo così nuovi significati alla contrapposizione tradizionale di destra e sinistra, combiniamo le proposte di policy (promesse elettorali) agli stili dei leader che le propongono, sapendo che tutto questo porta nel breve al risultato elettorale, nel medio alla costruzione del valore di ciascuna marca (capitale simbolico).

I risultati dell’indagine realizzata all’inizio di settembre 2022 si evidenzia che coi leader in campo si erano formati tre grandi gruppi psico-sociali:

  1. gli esclusi- “vittime” e “odiatori” (in crescita rispetto a due anni fa, fino a oltre il 40% della popolazione maggiorenne);
  2. i combattivi: “guerrieri” e “pragmatici” (circa un terzo della popolazione, in crescita rispetto a prima del governo Draghi).
  3. in opposizione netta agli esclusi o ai combattivi si trovano agli etici – o politically correct – “illuminati”, “radical chic” a cui si abbinano gli “anarcoidi” (totale gruppo circa un quarto della popolazione, in decrescita rispetto a due anni fa);

Esistono poi alcuni gruppi meno concentrati i “divanisti”, e molto piccoli e lontani da tutti, i “depressi”.

 

Nel concreto…

Il voto espresso è stato in prevalenza, non contro qualcuno, ma per qualcosa che ragionevolmente fosse vicino ai propri bisogni o desideri oltre che di “nuovo”. Pensare che gli elettori votino semplicemente pro o contro chi ha sostenuto o meno un governo è una generalizzazione. Può contare nella valutazione chi ha fatto cadere un governo gradito, per i gruppi più consapevoli, ma non vale per tutti gli elettori. Lo sguardo è al futuro (le promesse) non al passato.

Ciascun leader parla ad un elettorato di riferimento, che in qualche modo vi si identifica sia razionalmente che emotivamente.

 

Ancora una volta, sono state premiate le leadership che si sono poste con tono e proposte da Salvatore (Meloni e Conte), perché gran parte degli italiani rientra nelle categorie delle “vittime” (economiche-sociali o culturali dei cambiamenti dei nostri tempi) ed in parte degli “odiatori” (che hanno una minore partecipazione elettorale). Giorgia Meloni, in aggiunta alle vittime, è risultata più in sintonia degli altri alleati-concorrenti di centro destra, come Coach (Allenatore) che ispira i “pragmatici”, che cercano soluzioni di breve periodo ed immediate ed i “guerrieri” che vogliono essere messi in condizioni di fare.

Le “estreme dell’asse sinistra-destra” hanno raggiunto risultati particolarmente rilevanti che non sono spiegabili da quella visione semplificata del mercato elettorale

 

Come si vede dallo schema, i bacini elettorali dei principali leader di centro destra sono relativamente prossimi, la competizione è in primis, interna: Berlusconi e Salvini.

Meloni riesce a parlare e piacere anche a segmenti diversi, fenomeno piuttosto interessante e difficile da realizzare. Lo fa sia con le proposte che con la sua storia (“underdog” si definirà nel suo discorso di insediamento alla camera dei deputati)

Le leadership con approcci da Maestro (Letta), molto lungimiranti ed astratti o ideologici, parlano a segmenti definiti e sono una area di presidio stabile, il punto è che da quella posizione è molto difficile crescere. I segmenti sociali con capacità di valutare e preferire le prospettive di lungo periodo sono minori, abbiamo visto: “gli illuminati”, i “radical chic”, certo hanno un maggior senso delle istituzioni e partecipano al voto. In questa ottica leader del Partito Democratico può fare un bilanciamento ragionevole di quello che era il risultato possibile, ed il partito valutare meglio le opzioni per la prossima direzione strategica. Spostarsi in altre aree implica abbandonare elettori “sicuri” ed affrontare la concorrenza di altri player.

Gli “odiatori” non hanno trovato una offerta sufficientemente agguerrita e credibile di Sobillatori che vi si rivolgevano (sarà forse lo scenario delle Europee? O quello tra 5? Qualcuno si preparerà per questo target?). O forse non hanno ritenuto, come in precedenza, le loro possibilità di successo sufficienti a fare la differenza verso un cambiamento anti-sistema; anche da questo gruppo buona dipende parte del calo di partecipazione rispetto alle precedenti;

I “divanisti”, anche questa volta si sono piuttosto disinteressati del voto, in parte hanno scelto chi gli ha promesso un aiuto per rimanere a guardare.

Chi ha scelto lo stile di leadership da Manager (Calenda/Renzi) si è posizionato a metà del guado tra i segmenti elettorali e non è risultato del tutto convincente rispetto ai competitors che puntavano a guerrieri e pragmatici o a quelli che sono sostenuti dagli illuminati. Certo per costruire una marca serve tempo. Forse possono ritenersi soddisfatti.

Qualche altro insight rispetto ai partiti nuovi o piccoli. Chiarezza del messaggio e del posizionamento delle proposte rispetto ad alcuni (grandi o piccoli) segmenti elettorali è l’unico modo per convertire l’attenzione in voto. Chi riesce meglio, viene scelto, copie o versioni sbiadite o non coerenti e divergenti si ritrovano con posizionamenti più fragili perché mutevoli. Ci vuole tempo a costruire narrazioni (storie) che uniscano i valori alle promesse agli strumenti per realizzarne -almeno una parte. La reputazione non si crea in due mesi, ma la si ridimensiona con pochi errori.

E da oggi, col Governo Meloni?

3Fin dai giorni scorsi abbiamo visto come lo stile di leadership della premier in pectore abbia dovuto arricchirsi di tonalità da Manager (velocità, determinazione, look…) che la rafforzerà, se le cose andranno bene, verso Pragmatici e Guerrieri, ma la indebolirà verso vittime e odiatori se non ci saranno risultati concreti forti per includerli o contenerne l’interesse a votare per altri. La leader di Fratelli di Italia potrà utilizzare certi argomenti e risultati per continuare il dialogo coi segmenti di riferimento. Certamente la comunicazione del Premier avrà dei toni diversi tra canali istituzionali e personali/politici, tre stili di leadership non possono coesistere a lungo con facilità.

In ottica di differenziazione potrebbe lasciare il campo ad altri del suo partito o della sua alleanza per specializzarsi verso alcuni segmenti e provare a contenere le spinte di chi dall’opposizione, proverà a prenderle il consenso di quei segmenti da cui inizierà a distaccarsi. Non entriamo qui ovviamente nel merito, non potendo sapere come svolgerà nei prossimi mesi lazione di governo. L’attacco esterno con più probabilità potrà venire dal lato delle vittime/odiatori. Ma la competizione interna potrà assumere forme le più divrse. Scelte strategiche andrebbero valutate con cura.

Ognuno dei leader giocherà le proprie strategie e…potrà influenzare il campo di gioco in vario modo.

E nei prossimi 18 mesi cosa può succedere alla composizione dei segmenti e della partecipazione? non è una previsione…

  • Da qui alle Regionali ed alle Europee, le forze in campo avranno modo di riorganizzarsi e rigenerare le proprie strategie non solo nomi e candidature; ogni elezione è un punto sia di arrivo che di inizio. Quelli che sapranno identificare un elettorato di riferimento, rispondere ai suoi bisogni e parlare con il tono adeguato sapranno cogliere migliori risultati (fatto salvo l’impatto delle leggi elettorali).

Lo schema non è fisso, i rapporti (vicinanza – distanza) tra leader e segmenti elettorali possono mutare – non velocemente non drasticamente, ma non sono immobili-, per questo è opportuno monitorare il cambiamento:

  • Alcuni leader escono di scena, altri possono farsi avanti
  • Le politiche del governo modificano (in parte) lo stato di alcune categorie di elettori che possono quindi contrarsi o allargarsi (o essere più o meno motivate a votare/astenersi)
  • Il nuovo ruolo (maggioranza/opposizione /governo/non governo) che hanno assunto i protagonisti gli da spazi di manovra di proposta e comunicazione diversi rispetto alle elezioni precedenti
  • Il contesto esterno…
  • Le scelte esplicite dei leader e dei partiti di posizionarsi verso alcuni segmenti piuttosto che altri (o di unirsi/allearsi o di separarsi)

 

Per ciascun leader e forza politica ci sono possibilità molteplici che non abbiamo qui lo spazio di esplorare. sono scelte strategiche, puntare a crescere o mantenere il proprio elettorato, sono entrambe valide alternative, nessuna è obbligata, Dipende da chi si è, e cosa si vuole diventare e dagli obiettivi possibili, le risorse ed i vincoli. Diversamente dalle aziende, in politica, molto di più contano le persone che hanno soggettività maggiori, dei prodotti, e la cui psicologia è molto più complessa, così come il libero arbitrio che spesso li porta a grandi gesti ed avventure o a fare errori incredibili.

 

Nota metodologica e prospettiva

Questa lettura del rapporto tra segmenti psico-sociali e stili di leadership spiega le macro-dinamiche del voto del 25 settembre e lascia intuire possibili direzioni strategiche di cambiamento, predire insomma in senso lato, gli impatti di scelte strategiche dei diversi leader. Grazie a schemi consolidati di analisi della domanda (con segmentazioni psicologiche) e della offerta (stili di leadership, policy e narrazioni di marca), in questo modo anticipiamo le tendenze e, con un uso avanzato della statistica, possiamo dare indicazioni tattiche (www.ospo.it).

Lo studio a cui ci riferiamo è datato 7 settembre (1.500 interviste rappresentative dell’elettorato), ed anticipava bene le tendenze che abbiamo visto nelle urne anche perché i trend, monitorati ogni sei mesi, mostravano come gli allarmi sollecitati dalle continue emergenze climatiche, sanitarie, economiche e geopolitiche alimentavano certi segmenti sociali e li attivavano di più rispetto agli altri.

 

 

Autore. Simone De Battisti, Fondatore e direttore Hokuto, ricerca, analytics and intelligence (www.hokuto.eu)