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economia

Oltre l’accoglienza, quali ostacoli devono affrontare gli stranieri per lavorare nell’Ue

Bene l’accoglienza, ma poi? L’invasione russa dell’Ucraina ha generato una forte risposta solidale da parte dell’Europa, anche da quei paesi come la Polonia spesso ostili di fronte all’immigrazione. Il 1 marzo il Parlamento europeo ha attivato per la prima volta da che è entrata in vigore la direttiva per la protezione temporanea. Ovvero ha concesso permesso di soggiorno e di lavoro ai cittadini ucraini all’interno dell’Unione. Una misura valida per un anno e prorogabile per altri due.

Ma che succederà poi? E che succede, già oggi, a chi non arriva dall’Ucraina? O anche a chi, comunitario, sceglie di lavorare in un paese dell’Unione del quale non ha la cittadinanza? Fila tutto liscio o ci sono degli ostacoli che rendono difficile il loro ingresso nel mercato del lavoro?

Per rispondere a queste domande, Eurostat ha estratto alcuni dati dalla Labour force survey 2021, ovvero quelle interviste che conduce ogni anno per descrivere il mercato del lavoro nei 27 paesi membri. Concentrandosi, ovviamente, sulle risposte fornite da residenti stranieri tra i 15 e i 74 anni. Ai quali è stato chiesto quali e quante difficoltà abbiano incontrato per ottenere un lavoro adeguato al livello del titolo di studio che hanno conseguito.

I risultati sono rappresentati nell’infografica che apre questo pezzo e, molto sinteticamente, ci dicono che la situazione è peggiore per le donne e per coloro che arrivano da nazioni con un basso Human development index (HDI). Si tratta di un indicatore sviluppato dalle Nazioni unite per misurare il grado di sviluppo di una nazione prendendo in considerazione anche aspetti che vanno al di là di quelli meramente economici.

La barriera più significativa è quella linguistica, rappresentata dalla barra rossa nel grafico. Una barriera che vale anche per i cittadini comunitari (le due colonne sulla sinistra, mentre la prima riga riguarda le donne e la seconda gli uomini), ma che tocca il picco per gli extracomunitari in arrivo da paesi con un basso HDI (le due colonne a destra). La lingua è stata un’ostacolo per il 10,5% delle femmine e per il 9,7% dei maschi.

Hanno pesato in maniera significativa anche il mancato riconoscimento del titolo di studio conseguito all’estero (riga azzurra) e la mancanza di offerta (riga viola). Quest’ultimo elemento fa riferimento al fatto che gli stranieri non sono riusciti a trovare un’occupazione confacente al grado del titolo di studio che hanno conseguito.

Minoritaria, ma comunque presente, la xenofobia (riga marrone). Per quanto la stessa Eurostat specifichi che il dato relativo alle donne comunitarie e a quelle nate in paesi con un HDI basso sia poco affidabile. Ma è comunque un elemento con cui una parte dei lavoratori stranieri si è trovata a dover fare i conti e che ha rappresentato un ostacolo per riuscire a trovare un lavoro adeguato al grado del titolo di studio conseguito.