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finanza

L’impatto della guerra sul mercato del grano (e sui nostri consumi) spiegato con i grafici

Quando una guerra coinvolge due paesi che rappresentano da soli un quarto delle esportazioni mondiali di grano, il 18,4% la Russia e il 7% l’Ucraina nel 2019 secondo l’Observatory of Economic Complexity, il conflitto non può non avere ripercussioni sul mercato di questo cereale. Il primo e più immediato è stato quello di un aumento dei prezzi: il 24 febbraio, giorno di inizio dell’invasione russa, per acquistare una tonnellata di grano occorrevano 316,5 euro, il 7 marzo si è arrivati a 422,5. In nemmeno due settimane, un incremento del 33,5%.

Un effetto, questo, che riguarda il mondo intero. Un’eventuale distruzione dei campi, l’impossibilità a procedere con il raccolto nella malaugurata ipotesi in cui il conflitto dovesse protrarsi fino all’estate o eventuali sanzioni imposte alla Russia rischierebbero però di impattare su quei paesi che dipendono maggiormente dal grano coltivato in queste due nazioni. Già, ma quali sono?

Per capirlo, InfoData ha innanzitutto estratto dalla banca dati della Fao (Food and Agricolture Organization) le informazioni relative alla produzione di grano nel corso del 2019. Quindi ha cercato su Comtrade, portale anche questo che fa capo alle Nazioni unite, i numeri relativi alle importazioni e alle esportazioni. Innanzitutto quelle di ogni singolo paese: in questo modo sommando alla produzione l’import e sottraendo l’export si è arrivati a calcolare il consumo di grano nel corso del 2019.

Dopodiché, per ciascun paese, InfoData ha estratto i dati relativi alle importazioni dalla Russia e dall’Ucraina. Un numero, questo, che ha consentito di calcolare il tasso di dipendenza dal grano delle due nazioni in guerra. Ovvero quanta parte del cereale consumata in ogni singolo paese dipende dalle importazioni da Mosca e Kiev. E quanto un impatto del conflitto su produzione ed esportazione rischi di mettere in difficoltà le nazioni che questo grano sono abituate ad acquistarlo. Il risultato è rappresentato nell’infografica che apre questo pezzo.

Infografica nella quale ogni bolla rappresenta un paese, tanto più grande quanto maggiore è stato il consumo di grano nel corso del 2019. Ulteriore precisazione: i valori estratti dal database Fao fanno riferimento al solo grano (wheat), mentre quelli di Comtrade riguardano grano e frumento segalato (wheat and meslim). Possibile, dunque, che il valore del consumo sia sottostimato. Purtroppo, però, i dati relativi al solo grano non sono presenti nella seconda fonte consultata da InfoData.

La più esposta nei confronti dell’Ucraina è la Thailandia: nel 2019 Bangkok ha importato da Kiev il 30% del grano consumato. A dipendere da Mosca c’è invece l’Armenia, il cui consumo di questo cereale dipende all’88,5% dalle importazioni dalla Russia. In Georgia si scende al 73%, a Cipro al 62. In una situazione di equidistanza si trova invece Israele, nel senso che il 27% del grano che ha consumato nel 2019 l’ha importato dall’Ucraina, il 23% dalla Russia. E chissà che non sia questa una delle ragioni che lo scorso sabato hanno portato il premier israeliano Naftali Bennett a volare a Mosca per proporsi come mediatore tra le due nazioni in conflitto.

Ma qual è, invece, la situazione italiana? Per permettere di visualizzare meglio il dato, ecco una versione zoomata della prima infografica:

Come si può notare, almeno sotto il profilo alimentare le conseguenze del conflitto sul nostro paese appaiono limitate. Nel corso del 2019 appena l’1,24% del grano consumato nel nostro paese proveniva dall’Ucraina, solo lo 0,75% dalla Russia. In questa versione è stata esclusa la Cina, l’enorme bolla che nel primo grafico si trovava all’incrocio dei due assi, per una questione di chiarezza. E, per lo stesso motivo, InfoData ha pensato di produrre una versione del grafico ulteriormente ingrandita:

Tornando al nostro paese, si è detto di come le importazioni da Russia e Ucraina incidano marginalmente sul totale dei consumi di grano in Italia. Se ci si limita alle sole importazioni, escludendo cioè la produzione interna, la situazione, sempre aggiornata al 2019, è questa:

Come si vede, il principale mercato di origine del grano importato in Italia è quello francese, responsabile nel 2019 sempre secondo Oec del 10,3% delle esportazioni mondiali. In questa particolare classifica, l’Ucraina si trova al nono posto. A differenza di quanto avviene con il gas, insomma, il conflitto non dovrebbe avere ripercussioni sulla capacità del paese di far fronte al proprio fabbisogno di grano.