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cronaca

Come si misura il “senso” della vita?

Posto che: la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto dà come risultato 42 (cit Douglas Adams, The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy), e su questo non ci sono dubbi, il senso della vita in quanto tale non si misura. Al limite possiamo provare a classificare delle priorità. Ed è esattamente quello che ha fatto il Pew Research Center che he ha intervistato 19.000 persone in 17 Paesi per scoprire “che cosa dà significato alla nostra vita”. Vale la pena menzionare questa ricerca perché non si sono limitati a un test con le crocette ma hanno lasciato risposta libera. Il risultato non è sorprendente come si vede nel grafico.

La maggior parte delle persone mette davanti la famiglia, poi l’occupazione e il benessere materiale. Del campione non fanno parte paesi poveri. Nel  senso che nelle economie  avanzate spesso la prima esiste in funzione della seconda e viceversa. In 14 delle 17 Paesi analizzati, più di qualsiasi altro fattore menzionano la famiglia come fonte di significato nelle loro vite.  Il  lavoro si conferma una delle tre principali fonti di soddisfazione per le persone nella maggior parte dei luoghi intervistati. Tuttavia, la forchetta varia da Paese e Paese. Per si esempio si parte da un massimo del 43% in Italia a un minimo del 6% in Corea del Sud. Per avere un quadro più ampio qui sotto trovate quello che rende soddisfacente la nostra vita. Sono 17 voci. Usando la mediana delle risposte in % abbiamo rispettivamente: la famiglia e i figlio, il lavoro, il benessere materiale, gli amici, la salute mentale e fisica, la società e  le istituzioni, la libertà e l’indipendenza, gli hobby e l’intrattenimento, l’istruzione, la natura e la vita all’aperto, l’amore, i servizi, i viaggi, il riposo, la religione e gli animali domestici. Messe in ordine di importanza non svelano nulla di nuovo a chi è abituato a vivere in  una democrazia occidentale. La spiritualità si gioca l’ultimo posto con il cane e il gatto. E la libertà viene dopo gli amici. Tutti indizi di una situazione tutto sommato soddisfacente.

Più interessante è come cambiano le nostre idee con il passare del tempo. Di seguito, esploriamo l’importanza relativa di 17 possibili fonti di significato nella vita in quattro gruppi di età: dai 18 ai 29 anni, dai 30 ai 49, dai 50 ai 64 anni e dai 65 anni in su.

Per semplificare e senza soffermarsi troppo sulle sfumature tra i diversi Paesi si può dire che se hai meno di 29 anni tieni alla famiglia ma anche agli amici e all’istruzione.  Più ti avvicini alla mezza età e più il lavoro scale posizioni. Se si un italiano tra i 30 e i 49 anni hai in testa la carriera. Ad ogni modo per gli altri una vita appagante è un mix di lavoro, famiglia e amici. Sopra i 50 anni e fino ai 64 anni comincia a preoccuparti di più del benessere materiale e della salute. Come spiega lo studio, fino a quando sei giovane o ti senti giovane la salute viene data un po’ per scontata. Quando diventi ufficialmente anziano, e quindi parliamo degli over 65, cambia radicalmente la prospettiva. Meno famiglia e più salute, meno amicizia (sempre rispetto alle altre fasce d’età) e più benessere materiale. Messe così, mi rendo conto, non ha molto senso. I risultati di questo studio appaiono al limite dell’ovvio. In realtà la ricerca è molto più articolata e interessante. Quando però nulla ci sorprende i casi sono due: o le domande sono state poste male oppure tutto sommato non c’è molto da capire.