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economia

Le tasse sull’inquinamento fruttano 300 miliardi ai paesi europei

Eurostat, che ha raccolto e diffuso i dati, le chiama environmental tax. Intendendo, con questa locuzione, quelle imposte che colpiscono quelle attività che hanno un comprovato impatto sull’ambiente. Tasse su chi inquina, dunque, ad esempio sul settore dei trasporti e su quello legato alla produzione dell’energia. Una voce che nel 2020 ha consentito al fisco dei paesi dell’Unione di generare incassi pari a poco meno di 300 miliardi di euro. Una somma che rappresenta il 5,4% del totale delle entrate fiscali totali.

Il dettaglio, nazione per nazione, è rappresentato nella treemap che apre questo pezzo. Ogni rettangolo rappresenta un paese dello spazio economico europeo: ovviamente, a maggiori dimensioni corrispondono entrate fiscali più alte. L’Italia, che con 50,2 miliardi è la seconda nazione con la più alta pressione fiscale “climatica” dietro la Germania (57,53) e prima della Francia (50,19) è rappresentata in blu.

Questi dati fanno riferimento al solo 2020. Un anno che, per ragioni facilmente intuibili, ha visto una riduzione delle entrate fiscali legate alle tasse ambientali. Il lockdown, ad esempio, ha fermato le aziende e messo a terra gli aerei. In generale, rispetto al 2019, i governi europei hanno registrato una contrazione delle riscossioni pari a 30 miliardi di euro.

Questo grafico mette a confronto la situazione di Germania, Italia e Francia. Il primo elemento che salta all’occhio riguarda il fatto che quest’ultima abbia incrementato significativamente la pressione fiscale “ambientale” nel corso degli ultimi anni. Roma è però quella che ha pagato il prezzo più alto alla pandemia, con una contrazione di 8,1 miliardi rispetto al 2019. Una delle tante conseguenze economiche negative del lockdown.