Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
cronaca

Non c’è solo #Facebookdown. L’impatto dei blackout di internet raccontato con i grafici

L’accesso ad internet è chiaramente un elemento fondamentale della nostra quotidianità al punto che è diventato uno di quei beni o servizi a cui difficilmente si potrebbe pensare di rinunciare.

Ma cosa succede quando per causa di forza maggiore questo accesso viene bloccato?

Quello che si verifica è il cosiddetto “shutdown” – di cui ci siamo già occupati anche in passato  – che, secondo una delle definizioni più comuni, rappresenta una serie di interruzioni intenzionali di internet o delle comunicazioni, al fine di renderli inaccessibili o inutilizzabili per una determinata popolazione o una specifica area geografica con lo scopo di esercitare il controllo sui flussi delle informazioni.

Tipicamente esistono tre tipologie di shutdown: gli internet blackout che si verificano quando l’accesso internet è totalmente negato, prevenendo in ogni modo ogni forma di comunicazione; i blocchi ai social media che possono essere indirizzati verso una o più piattaforme ma che tipicamente potrebbero essere aggirati con una rete VPN; i rallentamenti drastici che riducono al minimo la velocità di navigazione, rendendo di fatto disponibili solo sms e chiamate vocali.

Anche quest’anno, noi di Info Data abbiamo voluto dare uno sguardo a quello che è successo a livello mondiale e per farlo ci siamo nuovamente affidati ai dati pubblicati da Top10VPN  che monitora costantemente l’impatto che hanno questi shutdown dal punto di vista economico, con un occhio di riguardo anche al volume di persone toccate direttamente dalle interruzioni.

Nei grafici che seguono sono stati riportati i numeri riferiti al 2021 per quanto riguarda il costo di questi blackout espresso in milioni di dollari americani, la loro durata complessiva e il numero di utenti finiti vittime degli episodi verificatisi nelle varie nazioni, corredati da un dato aggiuntivo relativo all’eventuale violazione di tre categorie di diritti umani come l’avere elezioni libere ed eque, il poter protestare pacificamente e la libertà di stampa.

Dai grafici appare evidente che ci siano paesi colpiti in maniera massiva da queste interruzioni come nel caso del Myanmar per il quale è stato stimato che l’impatto economico sia superiore ai 2,6 miliardi di dollari, avendo raggiunto un blocco totale di oltre 6700 ore.

Il caso birmano è figlio di una delicatissima situazione politica caratterizzata da numerose proteste nei confronti di un colpo di stato militare verificatosi a febbraio che, dopo un primo blackout, ha fatto sì che venisse poi bloccato anche l’accesso a Facebook per un presento controllo della stabilità del paese.

Ad aggravare la situazione, tra i vari blocchi dei social media durante il giorno e una serrata notturna durata 72 notti conclusasi solo il 27 aprile, le manifestazioni pacifiche della popolazione hanno avuto un epilogo fatale quando le autorità le hanno represse uccidendo decine di manifestanti.

Scorrendo l’elenco delle nazioni più colpite a livello complessivo, anche la Nigeria figura tra i primi – e poco edificanti – posti “grazie” ad un costo stimato in 603 milioni di dollari ed oltre 100 milioni di persone vittime delle restrizioni.

Nello specifico, le autorità nigeriane hanno bloccato Twitter a tempo indeterminato il 5 giugno come rappresaglia per la rimozione di un tweet del presidente Muhammadu Buhari colpevole di aver violato le regole della piattaforma social.

Al terzo posto, pur avendo numeri inferiori rispetto alle prime due nazioni, anche in India la situazione non è di certo rosea in virtù dei continui rallentamenti alla rete (con velocità pari a 2G) imposti dal governo Modhi nella regione del Kashmir a partire dall’inizio di febbraio che si affiancano poi ad un blackout organizzato durante le proteste degli agricoltori di Delhi ad inizio dell’anno.

Da un punto di vista prettamente analitico, oltre al già citato Myanmar, la durata complessiva degli shutdown ha visto un valore quasi paragonabile anche in Etipoia (oltre sei 6400 ore, solo 300 in meno rispetto alla prima posizione), mentre a livello di persone impattate da questi blocchi informatici il terzetto di testa è formato dal Bangladesh (primo con oltre 112 milioni), Nigeria (104 milioni) e Pakistan (poco meno di 98 milioni).

Al netto delle interruzioni e dei loro effetti pratici dal punto di vista prettamente informatico, c’è da dire che, specialmente quando si parla di persone, le restrizioni a carattere così massivo rendono particolarmente difficile la partecipazione sociale o anche la semplice quotidianità di chi le vive prevalentemente “online”, come nel caso di persone affette da disabilità; basti pensare ad esempi banali come la didattica a distanza o la gestione dell’home banking, senza dimenticare l’accesso alle informazioni sanitarie di base, fondamentali durante il corso di una pandemia mondiale come quella in atto a causa del COVID-19.

 

Anche i ricchi piangono…

Anche se l’impatto a livello socio-politico è decisamente meno di rilievo rispetto alle situazioni citate in precedenza che, ad onor del vero, si presentano mediamente in nazioni con equilibri piuttosto precari, c’è da dire che il recente blackout verificatosi alla corte di Mark Zuckeberg ha avuto un riscontro economico particolarmente dirompente, specie per le tasche del suo fondatore.

Il lunedì nero di Facebook (ma anche di Instagram e Whatsapp) durato circa sette ore che ha coinvolto Stati Uniti ed Europa è infatti costato qualcosa come sei miliardi di dollari, facendo scendere la sua ricchezza a 121 miliardi, con annesso uno scivolone al quinto posto del Bloomberg Billionaires Index, alle spalle di Bill Gates.

A differenza dei colpi di stato o delle privazioni di alcuni diritti umani, la causa scatenante del disservizio di Facebook è stata attribuita ad un’errata configurazione dei server della piattaforma che ha poi investito il resto delle app dell’impero Zuckeberg per via degli intoppi nei router che instradano il traffico di rete tra i vari data center.

Per approfondire

Malfunzionamenti e black-out: davvero Internet è diventata più fragile? 

Facebook down, così si blocca un giro di affari miliardario

L’impatto economico degli internet shutdown nel mondo. Come si misura il danno quando il web si rompe