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tecnologia

L’impatto economico degli internet shutdown nel mondo. Come si misura il danno quando il web si rompe

Ci sono le grandi piattaforme che possono avere malfunzionamenti come è accaduto a Google per 45 minuti nei giorni scorsi. Poi ci sono dei guasti o attacchi che possono compromettere il funzionamento del web come è avvenuto nel 2016 con il bot Mirai. E poi ci sono i blocchi a internet voluti dai governi per impedire la comunicazione o controllare il traffico.  Internet Shutdown è un sito che prova a tenere traccia dei blocchi governativi. Anche Access Now come molti altri siti indipendenti si occupa di censura in rete.

Ma cosa succede quando si verifica un arresto completo della rete noto come “Internet shutdown”?
Ci sono varie risposte a questa domanda, come ad esempio i numeri riportati da NetBlocks secondo cui il danno economico sofferto a fronte di un blocco totale di internet può assumere proporzioni davvero diverse, spaziando ad esempio tra i 61 milioni di dollari al giorno dell’Iran fino ai 7,3 miliardi degli Stati Uniti di America.

Per avere un quadro mirato relativo ad interruzioni deliberate, tipicamente a seguito di un’azione che parte direttamente dal governo del paese interessato, ad Infodata abbiamo recuperato uno studio condotto da Top10VPN in cui sono state censite alcune nazioni sull’arco di tutto il 2019 in modo valutare quale sia stato l’impatto di questi shutdown sia in termini economici sia dal punto di vista delle persone coinvolte.

Riprendendo la definizione di “shutdown” fornita da Access Now, questi episodi si identificano come interruzioni intenzionali di internet o delle comunicazioni elettroniche che li rendono inaccessibili o inutilizzabili per una determinata popolazione o una specifica area geografica allo scopo di esercitare il controllo sui flussi delle informazioni.
Tutte le nazioni analizzate in questo studio sono accomunate da una situazione politica quantomeno delicata che ha generato, in forme diverse, alcune ripercussioni sulla fruibilità dei servizi internet spesso a seguito di proteste o disordini civili, tipicamente in concomitanza di eventi particolarmente sentiti come le elezioni.

Nell’infografica che segue sono rappresentati i numeri relativi all’impatto economico (espressi in milioni di dollari) per le nazioni analizzate, riportando in aggiunta anche il dettaglio di quanti siano stati gli utenti interessati al blocco assieme all’informazione sulla durata complessiva del disservizio.
Interagendo con i singoli elementi dei grafici verranno evidenziati i dati del medesimo paese nelle altre rappresentazioni.

Stando ai numeri dell’analisi condotta da Top10VPN, l’Iraq è stato il paese maggiormente impattato dalle interruzioni di internet arrivando a toccare un impatto economico superiore ai 2,3 miliardi di dollari (2320 milioni) durante l’intero 2019, valore che gli ha consentito di staccare con un notevole margine le altre tre nazioni in cui si è superato quota un miliardo, vale a dire Sudan (secondo con 1,87 miliardi), l’India (terza con 1,33 miliardi) ed il Venezuela (quarto con 1,07 miliardi).

Il caso dell’Iraq è stato determinato in gran parte dai blackout avvenuti in ottobre in concomitanza con le proteste antigovernative incentrate sull’aumento della disoccupazione e sulla costante presenza di corruzione che sono sfociate in repressioni fisiche da parte del governo, causando oltre 220 vittime, a cui hanno quindi fatto seguito le restrizioni per ridurre al minimo la visibilità mediatica di quanto stava accadendo.
In Sudan invece, la maggior parte delle interruzioni ha riguardato i social media, con particolare attenzione a Twitter, per i quali c’è stato un blocco totale di 68 giorni cominciato già a dicembre 2018 e protrattosi per i primi due mesi del 2019, salvo poi riprendere in aprile sempre per via delle proteste scoppiate in tutto il paese nei confronti di Omar al-Bashir – al potere da trent’anni – e che è stato poi destituito a seguito di un colpo di stato.

Non solo impatto economico
La stima in dollari di quanto siano costati gli shutdown del 2019 non è l’unico criterio con cui questi possono essere misurati visto che nell’analisi sono fornite anche altre due indicazioni di rilievo come il numero di utenti coinvolti e la durata totale dell’interruzione dei servizi.
E proprio alla luce di questi due nuovi punti di vista è interessante osservare come i volumi cambino a seconda di quale fattore si tiene in considerazione.
Monitorando il numero di utenti coinvolti, nelle prime posizioni di questa specifica graduatoria si trovano Iran (primo con 49 milioni di utenti), Egitto (43,9), Indonesia (29,4), Venezuela (20,7) ed Algeria (19,7).
Come anticipato, di queste nazioni nessuna figura nella top3 per quanto riguarda l’impatto economico espresso in milioni di dollari; in particolare, l’Egitto, benchè secondo per numero di utenti è addirittura fermo a “soli” quattro milioni di dollari in fatto di impatto stimato.
Analogamente, se si prende in esame la durata complessiva degli arresti della rete, ecco che in cima alla lista spuntano altri due paesi come Myanamr e Chad che, a fronte rispettivamente di 4880 e 4728 ore, osservando il fenomeno con i precedenti punti di vista sarebbero figurati decisamente più in basso nelle relative graduatorie.
Ad ogni modo, anche alla luce di queste differenze che delineano uno scenario mutevole in funzione delle metriche utilizzate per classificare le nazioni coinvolte, se si dovesse stabilire paese sia quello maggiormente colpito per i tre punti di vista esaminati, l’India risulterebbe come principale indiziata.
Per quanto il numero assoluto di utenti estromessi dalla rete non assuma proporzioni di primissimo livello come in altre nazioni (8,4 milioni) collocandola circa a metà della specifica lista, risultare al terzo posto sia per impatto economico che per durata complessiva dei disservizi (4196 ore) costituiscono uno scenario piuttosto significativo per quanto riguarda il fenomeno degli suhtdown nella sua interezza.