Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
economia

Come si misura e quanto vale il mercato islamico? #howmeasuring

 

Sulla base delle stime dello State of the Global Islamic Economy Report 2020/2021, il cosiddetto “mercato islamico” – cioè il commercio di prodotti alimentari Halal,  di abbigliamento, media, turismo e cosmetica – ha fatto spendere ai consumatori musulmani nel mondo un totale di 2,02 trilioni di dollari nel 2019, cioè 2000 miliardi di dollari (1 trillion = 1000 miliardi nella scala americana e anglosassone). Per dare un contesto numerico, i famosi Panama Papers parlavano di 20 trilioni di dollari nascosti nei paradisi fiscali negli ultimi quarant’anni.

 

Nonostante il 2020, come era prevedibile, abbia registrato peggioramenti in tutti i settori, in particolare quello del turismo, che ha subito perdite del 70% rispetto all’anno precedente, si prevede per questo mercato una crescita generalizzata fino al 2024, supportata dall’incremento demografico costante della popolazione musulmana globale: secondo una previsione del noto Pew Research Centre statunitense, nel 2060, i musulmani nel mondo saranno quasi tre miliardi.

Per le aziende di tutto il mondo, tra le quali moltissime italiane, rappresenta e potrà rappresentare una grande opportunità economica, anche se a oggi non esistono dati condivisi sul peso economico reale del mercato Halal in Italia.

 

Dal settore alimentare, alla moda, alla finanza

Nei decenni passati la priorità iniziale è stata il settore alimentare, con l’esigenza di certificare l’avvenuta macellazione rituale e l’esclusione di prodotti considerati proibiti, come derivati suini e l’alcool. Negli anni il mercato islamico si è diffuso ben oltre il solo campo alimentare, andando a delineare possibilità d’acquisto muslim friendly in pressoché tutti i settori: nel 2019, globalmente, i consumatori musulmani hanno speso infatti 1,17 trilioni di dollari in cibo halal, 277 miliardi in modest fashion, 222 miliardi in muslim media, 194 miliardi in turismo muslim-friendly e, infine, 94 e 66 miliardi in farmaci e cosmetici halal. Una categoria a parte è costituita dalla finanza islamica: nel 2019 i suoi asset valevano 2,88 trilioni di dollari.

 

L’Islam è plurale

L’Islam, nella sua pluralità, prevede che fede e appartenenza religiosa si esprimano attraverso delle azioni giudicate coerenti e corrette dal sistema religioso stesso: chiarire cosa sia lecito, halal, assume quindi un’importanza considerevole. È tuttavia un errore pensare che tutti i musulmani siano consumatori musulmani, poiché non tutti ritengono un obbligo di fede acquistare prodotti halal, inevitabilmente all’aumento dei musulmani seguirà un aumento di coloro che sceglieranno questo stile di consumo etico per esprimere vivere la propria fede.

Sebbene all’inizio, per il settore alimentare fossero nati una serie di enti, sia privati che statali, per rilasciare, alle aziende che ne facevano richiesta, il certificato halal per i prodotti valutati, appunto, leciti, sulla base di standard di riferimento, non esiste oggi un unico standard di riferimento né un unico ente di certificazione per questi prodotti. Questo appunto perché nell’Islam non esiste un’ortodossia: l’interpretazione delle fonti giuridico-religiose è competenza di diverse scuole giuridiche, non sempre concordi né sui parametri dell’halal né sulla necessità di acquistare solo beni certificati.

Quale prospettiva?

Le potenzialità di questo mercato sembrano quindi importanti e sono molte le aziende, anche in Italia, che fanno richiesta del certificato halal per poter esportare: lo dimostra, ad esempio, la Convenzione interministeriale di sostegno all’iniziativa Halal Italia , che nel 2010 ha visto collaborare la COREIS, una delle associazioni di rappresentanza dell’Islam italiano, con diversi Ministeri per la creazione di un ente di certificazione nazionale che favorisse questa possibilità.

Per comprenderla davvero, però, è necessario integrare la prospettiva economica e la prospettiva religiosa, affinché siano chiare da un lato le potenzialità commerciali, dall’altro le motivazioni che sottendono il sistema di certificazione halal o le scelte modest, al fine di evitare un’equivalenza forzata tra fede islamica ed acquisto etico.