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Quanto uccide il monossido di carbonio?

A quanto sembra, il monossido di carbonio (CO) ha inciso e incide in maniera significativa sulla mortalità giornaliera per tutte le cause, anche in concentrazioni ben al di sotto della soglia delle attuali linee guida sulla qualità dell’aria.

Lo evidenzia la più vasta indagine epidemiologica internazionale mai condotta sino a oggi sulla mortalità correlata al CO a breve termine, che ha coinvolto 337 città in 18 paesi del mondo con dati giornalieri su inquinamento atmosferico, meteorologia e mortalità totale (oltre 40 milioni di decessi considerati) coprendo vari periodi dal 1979 al 2016. Tutte le città incluse  nello studio avevano fornito almeno due anni di dati sia sulle emissioni di CO che sulla mortalità.  Lo studio è apparso su The Lancet Planetary Health.

È emerso che complessivamente, un aumento di 1 mg per metro cubo della concentrazione media di CO del giorno precedente  era associato a un aumento dello 0,91%  della mortalità totale giornaliera,

I risultati indicano effetti negativi sulla salute dei livelli di CO ambientale, anche al di sotto delle attuali linee guida sulla qualità dell’aria e stime significative del rischio di mortalità sono state trovate a concentrazioni giornaliere inferiori a 0,6 mg per metro cubo. L’attuale standard di qualità dell’aria ambiente è di 7 mg di CO per metro cubo per 24 ore di media negli Stati Uniti e in Europa, che è lo stesso stabilito nel 2010 dall’OMS nelle linea guida sulla qualità dell’aria. In questo studio, tutte le 337 città avevano bassi livelli di CO, con concentrazioni medie annuali inferiori a 2,3 mg per metro cubo. Tuttavia, limitando le concentrazioni di CO a meno di 4 mg per metro cubo è stata comunque osservata un’associazione significativa tra l’esposizione a breve termine alla CO e la mortalità per tutte le cause.

L’Italia pare sia decisamente maglia nera. Gli autori hanno osservato alcune differenze regionali nelle associazioni di mortalità da CO tra i paesi e le stime maggiori del rischio di decesso (un aumento superiore al 2%) sono state osservate in Corea del Sud, Spagna e in Italia, mentre associazioni nulle sono state trovate in paesi come Svezia e Taiwan.

Tuttavia  – precisano gli autori – sono necessari ulteriori studi per districare il suo effetto indipendente da altri inquinanti legati al traffico. “Questi risultati suggeriscono che le linee guida globali e nazionali sulla qualità dell’aria per il CO dovrebbero essere riviste – scrivono gli autori – e oltre alle norme sui singoli inquinanti, le politiche dovrebbero anche affrontare le miscele di inquinamento atmosferico legate al traffico.”

Le emissioni di CO ambientale derivano principalmente dalla combustione dei carburanti dei veicoli, mentre il contributo delle fonti naturali è generalmente inferiore.  Questa fonte primaria di CO rende difficile capire l’impatto specifico del monossido di carbonio da solo sulla salute, slegato dall’azione di altri co-inquinanti legati alla combustione. In questo studio tuttavia, le stime del rischio di mortalità da CO sono state attenuate ma sono rimaste positive anche dopo “l’aggiustamento” per PM10 e SO2 (altri due inquinanti prodotti dal traffico). L’associazione persiste infatti al netto della co-esposizione ad ozono, si attenua con il PM, e si riduce molto con l’NO2.

Ma “impatto sulla salute” in che termini? In questa ricerca è stata indagata la mortalità complessiva, per tutte le cause. Ma studi epidemiologici precedenti considerati dagli autori, avevano fornito prove di un legame tra l’esposizione a CO ambientale e marcatori ematici di infiammazione e coagulazione.  L’esposizione a lungo termine all’inquinamento da CO potrebbe anche portare ad ipertensione nelle donne e alla compromissione della funzione polmonare nei bambini asmatici.

Uno dei principali punti di forza di questo studio è aver utilizzato un ampio set di dati con un grande potere statistico applicando un approccio analitico standardizzato a città in diversi paesi e regioni. Tuttavia, come spesso accade, si tratta di risultati parziali, che riguardano solo una certa metà del mondo, a causa di un’insufficienza di dati riguardanti Africa, Medio Oriente e America Latina.

In conclusione, questa analisi di serie temporali multipaese fornisce la prova che l’esposizione alla CO ambientale, nonostante i suoi livelli inferiori alle attuali linee guida sulla qualità dell’aria, potrebbe ancora rappresentare una minaccia per la salute pubblica. Forse  sarà necessario ripensare le attuali soglie presenti nelle linee guida internazionali.