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cronaca

La procreazione medicalmente assistita che abbiamo perso durante il Covid

 

Il Covid19 ha avuto conseguenze anche sulle attività di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). L’Istituto Superiore di Sanità a novembre 2020 contava 9289 cicli in meno nei primi 4 mesi dell’anno rispetto al 2019, con una stima di 1.500 nati in meno e con una riduzione globale dell’attività dei Centri del 34,1%, che ha raggiunto circa il 40% dell’attività nelle regioni del Nord Ovest, maggiormente colpite.

Sono i dati della survey  online elaborata dal Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita dell’ISS, che calcola che il 60% dei Centri aveva sospeso la propria attività entro il 17 marzo 2020. Dei 176 centri che hanno risposto alla survey solo 3 hanno dichiarato di non aver sospeso completamente l’attività durante il lockdown. Inoltre, dei centri rispondenti solo la metà ha dichiarato di eseguire trattamenti di PMA con donazione di gameti, la cosiddetta “eterologa”. La maggioranza (il 56,2%) di questi 89 centri ha deciso di rinviare il trattamento.

 

Come funziona la PMA in Italia
In Italia il 3,2% del totale bambini nati nel 2018 è stato concepito grazie a tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita: precisamente sono nati in questo modo 14.139 bambini e bambine. Di questi, 12.137 sono stati concepiti senza bisogno di donazione di gameti, cioè con ovuli e spermatozoi della coppia (fecondazione omologa), mentre 2.002 sono venuti alla luce grazie alla donazione di gameti, cioè con ovuli o seme di un donatore o donatrice, la cosiddetta “eterologa”, legale in Italia dal 2014 per le coppie eterosessuali conviventi o sposate con diagnosi di infertilità.

Come ogni anno, anche a dicembre 2020 è stata presentata in Parlamento la Relazione annuale sullo stato di attuazione della Legge 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita (PMA), relativa ai dati 2018. Esistono diverse tecniche di PMA, sia per l’omologa che per l’eterologa. Si parla di I livello per indicare l’inseminazione intrauterina, cioè il trasferimento in utero degli spermatozoi, dopo essere stati trattati in laboratorio per renderli più idonei al raggiungimento dell’ovocita; e di tecniche di II-III livello per indicare la fecondazione extracorporea, cioè la formazione di embrioni in vitro. In questo caso si parla di tecniche a fresco quando gli embrioni sono formati da gameti non crioconservati. È il caso questo della FIVET, dove l’ovulo viene fecondato in vitro per essere poi trasferito nell’utero della donna. L’ICSI è invece una tecnica di FIVET che permette la microiniezione di un unico spermatozoo nell’ovulo. Nel resto dei casi si utilizzano gameti crioconservati dei partner. (Nel rapporto ISS sono spiegate nel dettaglio tutte le tecniche di fecondazione assistita).

La fecondazione omologa rappresenta il 91,4% di tutti i cicli di trattamento e l’85,8% dei nati. Nel 2018 sono 1.386 sono i bambini nati grazie a tecniche PMA di I livello (inseminazione semplice), mentre le tecniche di II e III livello hanno dato la vita a 6.186 bambini nati grazie alle tecniche “a fresco”  e ad altri 4.565 concepiti con scongelamento di embrioni e di ovociti.

Per quanto riguarda l’eterologa, essa rappresenta l’8,6% dei cicli di trattamento e il 14,2% dei nati con PMA. Nel 2018 abbiamo avuto 107 bambini nati da Inseminazione intrauterina con donazione di seme e 1.895 da tecniche di fecondazione di II e III livello con donazione o di ovuli o di sperma.

 

Sempre più eterologa

La fecondazione eterologa al momento in Italia è riservata solo alle coppie eterosessuali conviventi o sposate con diagnosi di infertilità. Coppie non eterosessuali e donne single o non conviventi non possono accedere ai trattamenti.

Da quando l’eterologa è legale, sono aumentate le coppie che vi fanno ricorso (in un solo anno passiamo da 6.429 a 7.213 coppie, +12,2%), una crescita dovuta in gran parte alle tecniche di II e III livello. Per l’inseminazione eterologa semplice si registra una diminuzione dei cicli iniziati.  I cicli con donazione di gameti che hanno utilizzato seme donato importato per un fattore di infertilità maschile sono stati 1.753, pari al 86,3% di tutti i cicli effettuati con donazione di seme, mentre i cicli eseguiti con donazione di ovociti importati sono stati 5.876, pari al 98,2% del totale dei cicli con donazione di ovociti. In 413 casi c’è stata la donazione di entrambi i gameti.

3.140 sono i cicli con embrioni congelati provenienti da banca estera, ma come precisa ISS, il processo più comune è che il seme sia raccolto ed esportato dall’Italia, che la donazione di ovociti e la fecondazione avvengano nel centro estero utilizzando il seme italiano esportato, per poi importare in Italia gli embrioni formati (e crioconservati) all’estero.

 

Sempre meno gemelli

Negli ultimi 10 anni sono cambiate diverse cose: vediamo anzitutto sempre meno cicli rispetto alle gravidanze ottenute, ed è un buon segno del fatto che si riesca a ottenere una gravidanza e a portarla a termine in più casi. Sono diminuite sensibilmente  le percentuali di parti multipli, riguardo alle tecniche di II e III livello. Nell’ultimo anno per il quale abbiamo i dati, siamo passati dal 12,3% di parti gemellari del 2017 al 10,9% nel 2018. Continuano a diminuire anche le percentuali di parti trigemini, con uno 0,2% nel 2019, portandoci al sotto della media europea che è pari allo 0,4%. Questo anche perché nel 2018 nel 40% dei casi di trasferimenti in cicli a fresco  senza donazione di gameti è stato trasferito solo un embrione, nel 50% dei casi due.

 

Rispetto al resto d’Europa

Dal 2011 a oggi l’Italia si è allineata con il resto d’Europa quanto a numero di cicli avviati. L’indicatore di attività della PMA, che misura l’offerta di cicli totali di trattamenti di PMA per tutte le tecniche di II e III livello per milione di donne in età fertile è pari a 7.341, contro i 7.106 cicli del 2017.  La media Europea nel 2015 era di  7.795 cicli per milione di donne fertili.

Rimane il fatto che in Italia i centri per la fecondazione si concentrano in poche regioni. Per il primo ciclo il 16% dei centri è in Lombardia , il 12% in Campania, l’11% in Sicilia, il 10% in Lazio e in Veneto Sicilia (38 centri, 11,0% del totale) Lazio (36 centri, 10,4% del totale) e Veneto (35 centri, 10,1% del totale). Per quanto riguarda le tecniche di secondo livello a fresco più del 50% sono stati effettuati in regioni del Nord Italia.