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politica

Quanti casi di Covid-19 ci sono stati nei centri di accoglienza?

Durante la prima ondata di Coronavirus il sistema delle strutture di accoglienza sembra aver risposto tutto sommato bene. Secondo il primo studio pubblicato ad agosto dall’INMP (ente pubblico del SSN) e condotto sul periodo 1 febbraio-12 giugno 2020, i casi confermati di persone positive nei centri di accoglienza italiani sono stati 239 su 59.648 ospiti censiti, cioè lo 0,38% del campione esaminato. Una prevalenza di casi positivi analoga a quella rilevata nella popolazione generale. Queste 239 persone positive erano distribuite in 68 strutture di 8 Regioni (Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Lazio, Molise), con una mediana di 2 casi per provincia. 62 persone sono state ricoverate e non si è registrato nessun decesso.

Il sondaggio dell’INMP ha coinvolto 5.038 delle 6.837 strutture di accoglienza censite dal Ministero dell’Interno, quindi tre strutture su quattro, per un totale del 70% di ospiti coinvolti, appunto oltre 59mila su più di 85 mila ospiti presenti in Italia.

E nelle successive ondate? Non lo sappiamo al momento, ma dovremmo saperlo fra poco.

 

Un nuovo accordo per avere il polso della situazione

La buona notizia è infatti che finalmente il 22 dicembre 2020 al Ministero della Salute è stato sottoscritto il primo accordo tra Ministero dell’Interno e INMP (’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà) per il monitoraggio della diffusione del virus SARS-COV2 fra la popolazione immigrata che vive in strutture di accoglienza.

Sì perché al di là delle storie che sono emerse sui giornali, non esisteva prima un sistema di raccolta dati preciso sull’incidenza di COVID-19 in questi contesti svantaggiati.  Nonostante l’ampio sondaggio dell’INMP condotto a posteriori, non era stata finora messa in campo un’infrastruttura, una procedura informatizzata in grado di garantire un flusso informativo dedicato ai nuovi casi confermati di positività al SARS-CoV-2 rilevati all’interno delle strutture di accoglienza. Così come non vi sono state indagini simili condotte su base nazionale, riferite a migranti giunti da poco tempo e ospitati all’interno di setting organizzati nel corso dell’epidemia.

Uno degli obiettivi dell’accordo è proprio il completamento dell’Indagine nazionale COVID-19 nelle strutture del sistema di accoglienza per migranti, la cui prima parte si è conclusa il 12 giugno 2020. La piattaforma, si legge, è disponibile a partire dal 4 gennaio 2021.

 

Quanti casi sono stati notificati alle ASL?

Tornando alla rilevazione INMP, il tracciamento nei centri di accoglienza nella prima ondata sembra aver funzionato tutto sommato bene. I casi sospetti sono stati 572, prima di individuare 239 persone realmente positive, di cui 62 ricoverate. Se guardiamo i dati sui casi sospetti, l’89,5% dei casi sospetti  (precisamente 512 casi) è stato notificato alla ASL, che ha provveduto a prescrivere la quarantena nel 39,6% dei casi fuori dalla struttura e nel 51,4% presso la struttura stessa. Come abbiamo anticipato all’inizio, alla fine i positivi confermati sono stati solo 239 e di questi il 75% (3 su 4) ha fatto la quarantena fuori dalla struttura e il 25% dentro la struttura stessa.

Quanti hanno fatto una vera quarantena?

Il rapporto dell’INMP mostra che di focolai ce ne sono stati relativamente pochi nei centri di accoglienza strutturati. Fra le strutture che hanno visto almeno un caso positivo, nella metà dei casi se ne sono registrati almeno due, mentre nel 30% più di 3. La mediana – ricordiamo- è di 2 casi per provincia.

Insomma: poteva andare peggio, con il senno di poi, dal momento che nella grossa parte dei casi non è stato possibile attuare una quarantena completamente isolata. Fra i casi sospetti: nell’8,2% dei casi non c’è stato alcun provvedimento della ASL, nel 40% è stata stabilita la quarantena fuori dalla struttura, nel 51% dentro la struttura.  Il 44,1% dei sospetti in quarantena presso la struttura ha avuto la possibilità di essere isolato in una stanza singola con servizi privati, il 25% in stanza singola ma con servizi condivisi e nel 9,5% in una stanza con altri positivi.

Fra i casi confermati invece, tre su quattro hanno vissuto la quarantena fuori dalla struttura, uno su quattro dentro la struttura e solo la metà di questi ultimi avevano a disposizione una stanza singola con bagno personale, un altro 23% una stanza con altri positivi e l’8,2% una stanza singola con bagno condiviso.

Il dato interessante è che il 98% delle strutture intervistate ha dichiarato di non aver avuto difficoltà a reperire i Dispositivi di Protezione Individuale (DPI).

 

Il ruolo dell’affollamento

La rilevazione ha mostrato, come era intuibile, una maggiore incidenza di positività nelle strutture più affollate. Il rapporto riporta l’indice di saturazione di ogni struttura, che è definito come il rapporto tra il numero degli ospiti e la capienza totale (moltiplicato per 100).

In Italia ci sono diversi tipi di strutture di accoglienza. Nella maggior parte dei casi si tratta di CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) che ospita più della metà degli ospiti, ma ci sono anche i CPA (Centri di Prima Accoglienza), i CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio),  i CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo) e i SIPROIMI (SIstema di PROtezione per titolari di protezione Internazionale e per MInori stranieri non accompagnati). L’82% dei casi positivi (2197 su 239) si sono verificati nei CAS, ma non deve stupire dato che sono la maggior parte delle strutture. Tuttavia nei CAS si registra lo 0,4% di positività sul totale degli ospiti. La percentuale di positivi sul totale delle persone si è avuto nei CPA e nei CPR con l’1,5% di positività in media. Non si sono rilevati casi positivi nei centri CARA.

La saturazione media fra le strutture italiane era del 79% rispetto ai posti disponibili, mentre fra le 169 strutture che hanno avuto almeno un caso di COVID la saturazione era dell’88,1%, ma con ampie differenze per tipo di struttura. Fra i CARA l’indice di saturazione era del 90,8%,nelle strutture per MSNA l’87,1%, nei CAS dell’ 82,6%, nelle strutture SIPROIMI del 61,0% e nel resto delle strutture del 76,2%. A nord le cose sono andate peggio: la saturazione delle 66 strutture con almeno un positivo era dell’89,4%.