Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
cronaca

Quanti sono 3.173 focolai di Covid-19 nelle scuole? Tre numeri del report dell’Iss

Un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità analizza l’andamento epidemiologico nazionale e regionale dei casi di Covid-19 in età scolare (3-18 anni).  Il periodo esaminato va dal 31 agosto al 27 dicembre 2020.  Quindi bene. Cosa dice il rapporto. Prima una premessa: in Italia il 15,8% dei residenti è costituito da minori di 18 anni; in particolare, l’1,4% ha un’età compresa tra 0-1 anno, il 4,1% tra 2-6 anni, il 5,6% tra 7-12 anni e il 4,8% tra 13-17 anni. La popolazione in età scolare compresa tra 3 e 18 anni ammonta ad un totale di circa 8.900.000 soggetti, circa il 15% della popolazione totale. Ora passiamo al report proviamo a riassumerlo con tre numeri.

3.173

In primis l’Iss dice che sono stati rilevati 3.173 focolai in ambito scolastico, pari al 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale. Leggendo il report che trovate qui  scopriamo che il dato è in ogni caso sottostimato. Sono stati diagnosticati in Italia come positivi per SARS-CoV-2 1.783.418 casi, di questi 203.350 (11%) in età scolare (3-18 anni). La percentuale dei casi in bambini e adolescenti è aumentata dal 21 settembre al 26 ottobre (con un picco del 16% nella settimana dal 12 al 18 ottobre) per poi tornare ai livelli precedenti (Figura 5). Le percentuali di casi in età scolare rispetto al numero dei casi in età non scolare oscillano tra l’8,6% della Valle d’Aosta e il 15,0% della PA di Bolzano

40%

La maggior parte dei casi in età scolare (40%) si è verificata negli adolescenti di età compresa tra 14 e 18 anni, seguiti dai bambini delle scuole primarie di 6-10 anni (27%), dai ragazzi delle scuole medie di 11-13 anni (23%) e dai bambini delle scuole per l’infanzia di 3-5 anni (10%). Da metà settembre (riapertura delle scuole 14-24 settembre), si è osservato un aumento progressivo dei casi giornalieri diagnosticati in bambini e adolescenti dai 3 ai 18 anni di età, che ha raggiunto la fase di picco dal 3 al 6 novembre (oltre 4000 casi).

0,7%

Il tasso di ospedalizzazione nella popolazione in età scolare è stato dello 0,7% a fronte dell’8,3% nel resto della popolazione. Nella popolazione 0-3 anni il tasso di ospedalizzazione è molto più elevato, pari al 6,2%

Quindi si tratterebbe di stabilire se 3mila casi sono tanti o pochi. In realtà non è così. Leggiamo le conclusioni degli autori; “Dopo la riapertura delle scuole, nel mese di settembre 2020, l’andamento dei casi di COVID-19 nella popolazione in età scolastica ha seguito quello della popolazione adulta, rendendo difficile identificare l’effetto sull’epidemia del ritorno all’attività didattica in presenza. Quello che si può notare è che pur con le scuole del primo ciclo sempre in presenza, salvo che su alcuni territori regionali, la curva epidemica mostra a partire da metà novembre un decremento evidenziando un impatto sicuramente limitato dell’apertura delle scuole del primo ciclo sull’andamento dei contagi”.

La decisione di riaprire le scuole, sottolinea ancora il rapporto, comporta un difficile compromesso tra le conseguenze epidemiologiche e le esigenze educative e di sviluppo dei bambini. “Per un ritorno a scuola in presenza, dopo le misure restrittive adottate in seguito alla seconda ondata dell’epidemia di COVID-19, è necessario bilanciare le esigenze della didattica con quelle della sicurezza. Le scuole devono far parte di un sistema efficace e tempestivo di test, tracciamento dei contatti, isolamento e supporto con misure di minimizzazione del rischio di trasmissione del virus, compresi i dispositivi di protezione individuale e un’adeguata ventilazione dei locali”.

In conclusione.  Come si legge nel report, “Allo stato attuale delle conoscenze le scuole sembrano essere ambienti relativamente sicuri, purché si continui ad adottare una serie di precauzioni ormai consolidate quali indossare la mascherina, lavarsi le mani, ventilare le aule, e si ritiene che il loro ruolo nell’accelerare la trasmissione del coronavirus in Europa sia limitato. L’esperienza di altri Paesi, inoltre, mostra che il mantenimento di un’istruzione scolastica in presenza dipende dal successo delle misure preventive adottate nella comunità più ampia. Quando sono in atto e ampiamente seguite misure di mitigazione sia a scuola che a livello di comunità, le riaperture scolastiche pur contribuendo ad aumentare l’incidenza di COVID-19, causano incrementi contenuti che non provocano una crescita epidemica diffusa. 

Sul fronte scientifico invece,  il report precisa: allo stato attuale, sono necessarie ulteriori ricerche sull’efficacia della chiusura delle scuole e di altre pratiche di distanziamento sociale per informare i decisori politici. Sarebbe importante una conoscenza più approfondita di come COVID-19 colpisce bambini e giovani, poiché il ruolo delle misure scolastiche nel ridurre la trasmissione del virus dipende dalla suscettibilità dei bambini alle infezioni e dalla loro contagiosità una volta infettati. Tuttavia, gli studi osservazionali potrebbero non essere in grado di valutare l’impatto della sola chiusura delle scuole se le chiusure sono attuate a livello nazionale e contemporaneamente ad altre misure di mitigazione.

La palla ora passa alla poltica