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Finali Nba, Los Angeles Lakers contro Miami Heat: chi vincerà? Le previsioni

 

Le Finals Nba che si disputeranno quest’anno rappresentano un’edizione particolare per una moltitudine di motivi con origini estremamente differenti, un po’ come diverse lo sono anche le due squadre che si contenderanno il titolo 2020.

 

Cosa è accaduto all’Nba Il 26 gennaio l’intera NBA è stata travolta dalla notizia dell’improvvisa morte di Kobe Bryant che, se umanamente ha sconvolto chiunque da tutti i punti di vista, calata nello scenario ha creato una sorta di “must win situation” per la quale la vittoria di Los Angeles sembra essere l’unico risultato accettabile al termine di queste Finals.

Già dall’arrivo di LeBron in California era ovvio che il metro di paragone sarebbe sempre stato Bryant sia in quanto icona, sia per essere stata l’ultima superstar in grado di condurre i gialloviola al titolo (back to back tra 2009 e 2010).

Con la morte del Black Mamba, i Lakers in realtà sembrano una squadra in missione e che pare avere tutto per riportare la gloria a Los Angeles a distanza di una decade esatta, anche come tributo alla leggenda venuta a mancare troppo presto per via di un incidente in elicottero.

Per non farsi mancare nulla, questa è stata la prima stagione nella storia NBA ad essere interrotta e poi ripresa, chiaramente a causa del Coronavirus che, come noto, ha imposto misure di sicurezza sanitarie super stringenti per garantire la ripresa del campionato. È infatti per questo motivo che la parte rimanente della regular season e tutti i playoff si sono giocati nella “bolla” di Orlando, annullando di fatto qualsiasi forma di fattore campo.

In tutto ciò Miami è stata probabilmente la prima squadra a trovare una vera identità da playoff già alle prime uscite dopo la ripresa del campionato, presentandosi ai nastri di partenza della post season con la consapevolezza di poter valere molto di più della quinta piazza ad Est.

 

Scommesse e previsioni. Secondo i bookmaker, prima dell’inizio dei playoff i Lakers erano considerati i favoriti per la vittoria finale condividendo quasi a pari merito la quota più bassa con i Milwaukee Bucks (3,4 volte la somma giocata, contro i 3,5 della squadra del Greek Freak Antetokounmpo), mentre gli Heat venivano dati come potenziali noni in fatto di probabilità di vittoria finale, a fronte di un incasso pari a 31 volte la posta scommessa.

Se l’avanzata dei Lakers verso le Finals era tutto sommato pronosticabile, pur senza considerare il clamoroso stop dei cugini Clippers fermatisi alle semifinali di conference con i Denver Nuggets, il percorso degli Heat è stato un susseguirsi di conferme cominciato al primo turno con gli Indiana Pacers (4-0), conclamato con l’eliminazione dei Bucks nel secondo round (4-1) e consolidato con la vittoria della finale di conference alle spese dei Boston Celtics, sancendo quindi la fine del campionato per le due squadre maggiormente quotate sulla costa atlantica.

Si arriva quindi alla fase finale di questa stagione con una grande favorita sin dall’inizio (i Lakers) e con una piacevole scoperta (gli Heat) che puzza molto di “io lo sapevo” anche se, col senno di poi, analizzandone gli elementi presenti nel roster, stupisce fino ad un certo punto.

Le quote alla vigilia rispecchiano quindi la sensazione diffusa che sia più una questione di quante gare serviranno a Los Angeles per battere Miami, rispetto ad una serie veramente combattuta.
Scommettere sui Lakers come prossimi campioni NBA paga infatti solamente 1,22 l’importo giocato, mentre l’eventuale vittoria degli Heat restituirebbe 4,75 volte la quota scommessa.

Restando in tema di azzardo, anche sulla vittoria dell’MVP delle Finals i bookmaker sono piuttosto convinti che l’esito volgerà in favore dei californiani come dimostrano i numeri assegnati a LeBron James (1,91) ed Anthony Davis (3), decisamente meno redditizi rispetto agli altri quattro nomi con quote tutto sommato contenute, prima tra tutte quella di Jimmy Butler fissata a nove volte l’importo.

 

Chi scenderà in campo?

Non è un caso se i sei nomi che sono menzionati per le scommesse sul titolo di MVP corrispondano anche ai sei migliori realizzatori che si apprestano ad affrontare le finali.

Benchè ridurre il contributo di un cestista al “semplice” saper segnare, molto spesso le doti realizzative sono una caratteristica che va di pari passo con l’assegnazione del trofeo e che ha trovato solo poche eccezioni nel recente passato.
Curiosamente una coinvolge proprio un giocatore degli Heat, Andre Iguodala (fino allo scorso anno in forza ai Golden State Warriors) che, grazie alla sua prestazione eccezionale principalmente sul fronte difensivo, riuscì a portare a caso il titolo di miglior giocatore delle Finals 2015, curiosamente contro LeBron James, allora uomo icona dei Cleveland Cavaliers.

Ad ogni modo, come illustrato nel primo grafico, la differente natura delle due squadre finaliste è riscontrabile anche nella suddivisione dei compiti realizzativi.

Appare infatti evidente che i Lakers si appoggiano completamente al proprio tandem di stelle grazie a cui riescono a segnare mediamente oltre 55 punti a partita durante la post season (28,8 Anthony Davis e 26,7 LeBron James), dato addirittura migliore rispetto alla stagione regolare (51,4 complessivo) e sintomo di un innalzamento del livello agonistico da parte delle due superstar gialloviola.

Per trovare il terzo miglior marcatore tra le fila di Los Angeles bisogna scorrere fino ai 10,5 punti di Kyle Kuzma – unico giovane Laker rimasto a seguito della scorsa estate – che comunque non sta del tutto convincendo come dimostra la flessione rispetto ai 12,8 punti della regular season.

La forza degli Heat invece, benchè costituita da singolarità di certo non trascurabili, risiede probabilmente nel collettivo che sa trovare una sorta di equilibrio nella continuità delle sue tre principali armi offensive ai quali si aggiunge un giovane di belle speranze.

Se di Jimmy Butler, che oltretutto non nasce come attaccante purissimo (basti solo pensare ai suoi inizi nelle fila dei Bulls), abbiamo già parlato e le sue cifre attorno a quota 20 punti sono solo una parte di ciò che lo rende indispensabile per Miami, non si può di certo soprassedere sul salto di qualità compiuto da Goran Dragic durante i playoff.

La guardia slovena è infatti passata dai 16,2 punti realizzati in stagione agli attuali 20,9 che lo stanno consacrando come una pedina insostituibile per le economie dell’attacco degli Heat, in maniera molto simile a Bam Adebayo (18,5 in crescita da 15,9) che ha sancito la vittoria in gara 6 contro i Celtics fissando il proprio career high a 32 punti.

E parlando di record personali, di certo non può passare inosservato Tyler Herro come ultimo (ma solo per un fatto di anzianità) elemento del quartetto di Miami, specialmente dopo l’acuto di gara 4 contro Boston in cui il prodotto dell’università di Kentucky ha messo a referto 37 punti (14/21 al tiro), record di ogni epoca per un rookie in uscita dalla panchina.

Lo stesso Herro, benchè giovanissimo, si è guadagnato sempre più considerazione da parte dello staff di Miami e i suoi 33,3 minuti di media giocati nei playoff (rispetto ai 27,4 della regular season) ne sono la dimostrazione, risultando assolutamente in linea con le altre tre punte degli Heat (Adebayo guida tutti con 36,8) e dell’energico Jae Crowder (31,4).

Nuovamente diversa la situazione tra le fila californiane visto che il duo Davis-James (rispettivamente 35,9 e 35 minuti di media) è nettamente distaccato dal terzo Laker in classifica, vale a dire Kentavious Caldwell-Pope (28,1) che oltretutto, con il massimo rispetto, non è nemmeno il terzo giocatore più forte di Los Angeles, segnale di un gruppo più orientato a fare da contorno alla coppia di superstar assolute rispetto alla suddivisione degli oneri adottata da Miami.

 

Si ma chi vince?

I numeri farebbero pensare ai Lakers così come tutto il resto che si è creato attorno a loro dopo la morte di Kobe; però, visti i due precedenti pronostici ribaltati, attenzione a Miami che potrebbe avere il vantaggio di non aver nulla da perdere.

Diciamo quindi 4-1 e buone Finals a tutti.

 

Le puntate precedenti

Volendo ripercorrere la strada che ha condotto fino a qua i Los Angeles Lakers ed i Miami Heat, bisogna fare un salto alla scorsa estate in cui di fatto sono state poste (o rinforzate) le basi per la solidità dei due roster che, in un certo senso, avevano già una loro identità, anche se per motivi opposti.

I Lakers chiudevano la loro prima stagione dell’epoca LeBron mancando l’accesso ai playoff (anche a causa di vari infortuni qua e là) e con una serie di rumor più o meno già anticipati che coinvolgevano l’arrivo estivo della superstar Anthony Davis, a condizione che i gialloviola fossero disposti a sacrificare quasi tutti i loro giovani dal futuro promettente.

Analogamente, anche a Miami il campionato si era concluso senza centrare l’obiettivo playoff e, sebbene l’impronta della dirigenza e dell’allenatore Spoelstra fossero sempre ben visibili, era chiaro che mancava qualcosa per fare un, se non “il”, salto di qualità.

Approfittando dell’eliminazione dalla post season subita dai Philadelphia 76ers, avvenuta per mano dei futuri campioni NBA di Toronto, e facendo leva sulla loro impossibilità di rifirmare due dei free agent che sarebbero andati in scadenza di contratto, gli Heat hanno fatto il loro All-in per convincere Jimmy Butler ad accasarsi in Florida, centrando l’obiettivo.

Cosi facendo, in un certo senso, entrambe le franchigie hanno aggiunto il pezzo mancante del puzzle per completare l’identità a cui poco prima si accennava: LeBron avrebbe avuto finalmente una seconda superstar con cui dividere il peso della tradizione gialloviola e gli Heat avrebbero consegnato le chiavi del loro futuro a Butler che, anche durante la stagione scorsa, aveva manifestato senza mezze misure la voglia di sentirsi considerato come un giocatore franchigia.

Sul finire dell’estate e nel corso della stagione 2019/20, le due finaliste hanno avuto evoluzioni diametralmente opposte: i Lakers, forti del duo di punta, sono riusciti a firmare un gruppo di veterani pronto uso, tra cui Dwight Howard e Danny Green, da buttare subito nella mischia, contribuendo al raggiungimento del primo posto ad Ovest; gli Heat invece, oltre al neo arrivato Butler, hanno fatto leva su due rookie (Herro e Nunn) e su un giocatore al secondo anno nella lega (Robinson) per cementare le basi poste nella passata stagione (Bam Adebayo su tutti), centrando il quinto piazzamento nella Eastern conference.