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economia

Quanto costa il pane in Italia? E nel resto d’Europa?

 

Inizia oggi una serie a puntate sul costo della vita. Ci siamo concentrati sull’Europa e per ora sui beni di prima necessità. Partiamo dal cibo, anzi dal pane per essere più precisi. Anche a livello simbolico, il pane è un bene di consumo per misurare il livello di reddito di un popolo. “Non poter portare il pane a casa toglie la dignità” disse Papa Francesco alcuni anni fa durante una visita in Molise. Noi di Info Data cercheremo di stare più terra-terra per capire dove è più conveniente comprare il pane.

Eurostat ha analizzato il costo del pane in tutti i 27 Paesi membri dell’Unione europea nel 2019. I forni più cari sono quelli della Danimarca: fatto 100 l’indice del livello dei prezzi della media Ue, un cittadino danese paga il pane più caro, a 151 punti. Circa il triplo rispetto ai cittadini rumeni, il cui prezzo si attesta a un indice pari a 53 punti. Il podio è completato dall’Austria (con 133 punti) e dal Lussemburgo, insieme alla Finlandia (125 punti). Nel 2019, il prezzo del pane e dei cereali in tutta l’ UE era circa tre volte più alto nello Stato membro più costoso rispetto a quello più economico.

Quando i livelli dei prezzi nei paesi sono confrontati con l’indice del livello dei prezzi medio dell’UE di 100, i risultati mostrano che nel 2019 il prezzo del pane e dei cereali era più alto in Danimarca (con un indice del livello dei prezzi di 151), seguito dall’Austria (133) , Lussemburgo e Finlandia (entrambi 125).

E in Italia?

Secondo Coldiretti,  dal grano al pane il prezzo aumenta di quasi 15 volte per effetto delle speculazioni e delle importazioni selvagge di prodotto dall’estero con pagnotte e panini spacciati come italiani all’insaputa dei consumatori”.
“Oggi – scrive la Coldiretti – un chilo di grano tenero è venduto a meno di 21 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini a valori variabili attorno ai 3,1 euro al chilo, con un rincaro quindi di quasi quindici volte, tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito”.

I prezzi nelle città.

Se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4,22 euro, a Bologna si arriva addirittura a 4,72 euro, ma a Napoli si scende fino a 1,89, mentre a Roma si viaggia sui 2,63 euro, a Palermo sui 3,02 euro e a Torino sui 3,05 euro, secondo analisi Coldiretti su dati Osservatorio prezzi. Analizzando l’andamento nelle città una ipotesi che si fa strada è che l’andamento andamento del prezzo del pane dipende solo marginalmente dal costo del grano, con le quotazioni dei prodotti agricoli ormai sempre meno legate all’andamento reale della domanda e dell’offerta.

Questo per quanto attiene al pane. Cercheremo di capire nelle prossime puntate cosa è cambiato con il Covid-19 e quali sono gli scenari a brevissimo termine per misurare la qualità della vita della persone.

Segue…

Ultimi commenti
  • Roberto Mira |

    Serve meno manualità, ma le assicuro da studente universitario di nutrizione che il pane modaiolo di Bologna è molto meglio dal punto di vista nutrizional del vecchio pane bianco (anch’esso frutto di una tradizione non così antica tra l’altro), per il resto il gusto è soggettivo!

  • Daniele |

    Parlare di rincari di 15 volte è veramente ridicolo, visto che un panificio acquista farina, non grano (costo dai 35 ai 60 centesimi al chilo). Senza considerare che i costi più importanti sono affitto, utenze, costo del personale, spese di consegna, prodotto invenduto. Consiglio vivamente a chi scrive certe informazioni una bella notte di lavoro in un panificio……

  • valeria |

    bisognerebbe vedere anche quanti fornai sono rimasti in una regione, per dare un significato più ampio ai numeri. Quando ero piccola a Bologna c’erano moltissimi fornai, con proprio forno,ora rarissimi, e il pane che viene venduto nei supermercati è tutto precotto. Sono loro che fanno il prezzo forse, dove il fenomeno è più diffuso. A parte la triste constatazione che i pani bolognesi tipici sono spariti e hanno lasciato il posto a nuove mode. Quest’ultimo è un tema che esula dall’articolo,ma a me spiace. Però una relazione con i prezzi c’è: un fornaio già oltre 20 anni fa mi commentò che non produceva i “ragnini” perchè venivano a costare troppo. Infatti le piccole forme tipiche bolognesi, anche estremamente decorative, richiedevano molta manualità, a fare un grosso pane rotondo si fa prima di gran lunga, con un dispendio assai inferiore di mano d’opera. (e di professionalità)

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