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economia

Perché se vivi a Oslo non conviene bere Coca Cola

Diffuso ormai in ogni angolo del mondo, il marchio Coca Cola è probabilmente il primo nome che viene in mente nell’immaginario collettivo quando si fa riferimento alle bibite.

Con ben centotredici anni di storia alle spalle, nata ad Atlanta (Georgia, Stati Uniti) dall’idea del farmacista statunitense John Stith Pemberton che ne voleva fare un rimedio contro mal di testa e stanchezza – in modo simile a quanto proposto in Europa da Angelo Mariani – la bevanda nacque originariamente con un altro nome: Pemberton’s French Wine Coca.

Il nome a cui tutti siamo abituati arrivò in seguito quando la parte alcolica del vino (miscelato con foglie di coca) venne sostituita da un estratto di noci di cola che determinò quindi i due ingredienti fondamentali che sarebbero poi rimasti impressi nel brand per gli anni a venire.

Dalla quotazione in borsa nel 1919, passando per la diffusione su scala mondiale avvenuta pochi anni dopo, tramite The Coca-Cola Company il business è cresciuto in maniera esponenziale passando dalle case dei consumatori (in Italia arrivò nel 1927) fino ad arrivare ai fortunati matrimoni con il mondo dei fast food.

Questa notorietà globale ha reso la Coca Cola uno dei prodotti di riferimento con i quali è possibile misurare le differenze di prezzo nelle varie parti del mondo per osservare come questo cambi a seconda di dove viene commercializzata.

Analogamente a quanto abbiamo pubblicato relativamente ad un altro bene di consumo estremamente diffuso come l’iPhone , noi di Infodata abbiamo dato un’occhiata ai numeri pubblicati da Deutsche Bank nel rapporto del 2019 “Mapping the World’s Prices”.

Nell’infografica interattiva sono riportati i prezzi al litro (espressi in dollari americani) registrati in cinquantacinque città per le quali sono disponibili sia i numeri del 2019 sia quelli del 2014.
Nel grafico a linee sono indicati in bianco tutti i casi in cui si è assistito ad una diminuzione (Drop) dei prezzi, mentre in rosso sono rappresentati quelli contraddistinti da un aumento (Rise).
In aggiunta, per avere un’indicazione di massima sui range di prezzi, le città sono state raggruppate (e colorate) in sei categorie ad intervalli di cinquanta centesimi di dollaro, contrassegnandole con un cerchio grande o piccolo in funzione dell’aumento o della diminuzione rispetto ai valori del 2014.
Interagendo con i grafici è poi possibile filtrarne i dati per intervallo di prezzo ed ottenere i dettagli puntuali per ogni città.

Partiamo dalle certezze: bere un litro di Coca Cola ad Oslo richiede una quantità di denaro decisamente più alta rispetto a tutte le altre città del mondo visto che occorrono ben 4,73 dollari, quasi due in più rispetto alla seconda classificata Copenaghen (2,98).

E se la capitale norvegese è l’unica che supera (abbondantemente) i tre dollari per litro, ci sono altri casi (tutti nel nord Europa) in cui occorre spenderne almeno due e mezzo: oltre alla già citata Copenaghen, compaiono in graduatoria anche Amsterdam, Bruxelles e Dublino appaiate a quota 2,67, con Helsinki chiude a “soli” 2,56 dollari.

Scendendo di prezzo, la fascia compresa tra due dollari e due dollari e cinquanta è quella più numerosa come dimostrano le diciannove città esaminate e distribuite in maniera piuttosto omogenea tra Europa (c’è anche l’Italia con Roma a quota 2,12 e Milano a 2,23), nord America (New York 2,40), Asia e Oceania.

Relativamente agli altri tre segmenti di prezzo, c’è un sostanziale equilibrio tra 1,5-2 dollari (quattordici casi equamente suddivisi a livello geografico) e 1-1,5 (tredici città prevalentemente tra Asia e Africa), mentre il raggruppamento più economico sotto il dollaro per litro conta solamente tre realtà: Kuala Lampur (0,92), il Cairo (0,76) ed Istanbul (0,74).

Il calo dal 2014

Complessivamente, come appare evidente dai dati, nell’arco dei sei anni si è registrato un abbassamento generalizzato dei prezzi che ha riguardato ben l’80% delle città (44/55) e che si è esteso a tutte e sei le fasce di prezzo identificate.

Nel dettaglio, per i due segmenti più costosi e per quello più a buon mercato, per un totale di nove città coinvolte, si segnalano esclusivamente diminuzioni di prezzo, mentre per gli altri tre range le variazioni sono state più eterogenee.

Dei diciannove casi tra i 2 e i 2,5 dollari per litro (in arancio nel grafico), sono stati solo due gli aumenti registrati e per la precisione entrambi avvenuti negli Stati Uniti con Boston passata da 1,90 a 2,30 e New York arrivata a 2,40 partendo da 1,80 nel 2014.

Nell’intervallo che oscilla tra 1,5 e due dollari compare un’altra città americana, Chicago, che ha visto il prezzo a litro passare da 1,60 a 1,90, facendo compagnia a due casi nel medio oriente (Dubai e Riyadh) ed Hong Kong, per un totale di quattro sui quattordici totali.

L’unico range di prezzo per il quale potrebbe esserci una condizione più equilibrata rispetto alle altre è quello compreso tra uno e un dollaro e mezzo per litro, in cui a fronte di otto diminuzioni si sono verificati cinque aumenti.

Se da un lato, il dato di Lagos è sceso vertiginosamente da 3,02 a 1,06, ci sono poi quasi tutte le città asiatiche in cui si è registrato il fenomeno inverso come nel caso di Manila, Dhaka, Nuova Delhi, Bangalore e Mumbai.

Concludendo, dando uno sguardo finale alla mappa, come anticipato, si potrebbe affermare che a livello globale c’è un trend complessivo in diminuzione, fatta eccezione per gli Stati Uniti e la zona asiatica meridionale.