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Ogni 40 secondi un suicidio. I numeri dell’offerta psichiatrica pubblica in Italia

Ogni 40 secondi una persona si suicida. Lo mette nero su bianco l’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale (10 ottobre). Il focus è evidentemente la prevenzione, lavorando sui i determinanti sociali che portano a una cattiva salute mentale. I dati europei sull’equità nella salute mostrano chiaramente che le disuguaglianze sociali si esprimono allo stesso modo tanto nella salute fisica che in quella mentale. Dietro un suicidio ci sono in media 20 tentativi non riusciti.
Anche l’accesso ai servizi, specie nell’emergenza, è tuttavia cruciale e le statistiche diffuse da Eurostat evidenziano un gradiente rilevante fra numero di posti letto ospedalieri in questa area fra i paesi europei. L’Italia è all’ultimo posto in Europa con 9 posti letto per 100 mila abitanti, contro i 69 della media europea: meno della metà del paese penultimo in classifica – Cipro – e meno di un terzo del terzultimo paese, la Spagna.

Un panorama più dettagliato lo offre il Rapporto sulla Salute Mentale 2017 del Ministero della Salute: nel 2017 l’offerta per i posti letto in degenza ordinaria in Italia è stata pari a 10,1 posti per 100.000 abitanti maggiorenni. Un dato sostanzialmente in linea con quello citato da Eurostat. Più nel dettaglio: in Italia si contano 318 Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) attivi per un totale di 3.981 posti letto per ricoveri ordinari e 338 posti letto per ricoveri in day hospital. Ci sono poi 22 strutture ospedaliere in convenzione che erogano attività di assistenza psichiatrica con 1.155 posti letto in degenza ordinaria e 16 posti per day hospital.
Sono invece 307.812 le persone che sono entrate per la prima volta in contatto con i servizi di salute mentale nel corso del 2017, su 851.189 utenti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici nel corso del 2017 (mancano i dati della P.A. di Bolzano).

I confronti fra paesi su un unico indicatore sono sempre pericolosi, perché rischiano di non dar conto delle differenze nella struttura dei sistemi sanitari. Non esiste per esempio in Italia la lungodegenza ospedaliera e la degenza media è di meno di due settimane. Nel 13,9% dei casi, cioè quasi una dimissione su sei, si traduce in una riammissione non programmata entro un mese, mentre il 7% dei dimessi viene ricoverato nuovamente dopo solo una settimana. Nel 2017 sono stati registrati 7.608 trattamenti sanitari obbligatori, che sono il 7,8% dei ricoveri avvenuti nei reparti psichiatrici pubblici.

Anche all’interno del nostro paese le differenze regionali si fanno sentire, con tassi standardizzati di ammissione ospedaliera che vanno dal 79,9 per 10.000 abitanti adulti in Sardegna fino a 230,1 nella regione Puglia (valore totale Italia 169,4). Gli utenti sono di sesso femminile nel 53,5% dei casi, e il 67% ha più di 45 anni.

Chi lavora in questo settore nel pubblico? Nel 2017 si contano 28.692 unità: il 18,6% rappresentato da medici (psichiatri e con altra specializzazione), il 7,1% da psicologi, il 45% da infermieri, il 10% da Operatori Socio Sanitari, il 6% da educatori professionali e tecnici della riabilitazione psichiatrica e il 4,5% da Assistenti sociali. Il 31,2% degli interventi è rappresentato da attività infermieristica al domicilio e nel territorio, il 24,1% da attività psichiatrica, il 15,6% da attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale, il 6,5% da attività psicologica psicoterapica e il 6% da attività di coordinamento.

L’assistenza psichiatrica non è solo ospedaliera. Ci sono le strutture residenziali, quelle semi-residenziali e c’è l’attività a domicilio. Sempre secondo i dati del Ministero della Salute, le prestazioni erogate nel 2017 dai servizi territoriali ammontano a oltre 11 milioni, con una media di 15,3 prestazioni per utente. Il 78,1% degli interventi è stato effettuato in sede, il 7,9% a domicilio e il resto in una sede esterna. 32.515 persone nel 2017 vivevano presso strutture residenziali di questo tipo, per trattamenti della durata media di circa due anni e mezzo (815 giorni). Gli accessi nelle strutture semiresidenziali sono pari a 325 per 10.000 abitanti.