Secondo il primo rapporto mondiale sul traffico aereo di Airports Council International (ACI) – l’associazione commerciale degli aeroporti del mondo – nel 2018 il traffico passeggeri nel mondo sarebbe in crescita del 6% sull’anno precedente: 8,8 miliardi di persone. Come se tutti gli abitanti del pianeta avessero fatto almeno un viaggio nel 2018, compresi anziani e bambini. Un aumento addirittura accelerato rispetto agli anni passati: il decennio 2007-2017 aveva registrato un +4,3% di traffico passeggeri. Le previsioni globali a medio termine di ACI rivelano che la crescita della domanda di servizi aerei tra il 2018 e il 2023 crescerà di quasi il 30%.
Sono chiaramente i grandi poli ad attrarre maggiore traffico. I 20 aeroporti più trafficati del mondo rappresentano il 17% di tutto il traffico passeggeri globale: 1,5 miliardi di persone.
Gli autori del rapporto – trattandosi di un’associazione di aeroporti – sono ben lieti di questa crescita inarrestabile del traffico aereo “resiliente” – scrivono – rispetto alle difficoltà del mercato. Ma per il pianeta questa mobilità sempre più accelerata (anche perché sempre più low cost) non sarà per niente un bene, se le aziende non lavoreranno nella direzione di ridurre i livelli di emissioni per passeggero per unità di spazio percorso.
Secondo dati diffusi dall’Air Transport Action Group , consorzio di esperti del settore dell’aviazione che si occupa di questioni relative allo sviluppo sostenibile, il settore produrrebbe oggi il 2% circa delle emissioni di CO2 prodotte dall’attività umana globalmente (il 3% di quelle Europee). Secondo i dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, nel 2016 il 13% delle emissioni di CO2 dovute al settore dei trasporti. Per fare un paragone, le auto di tutto il mondo inciderebbero per il 72% sul totale delle emissioni del comparto. Gli aerei sono il mezzo di trasporto più inquinante. Volare produce 285 grammi di CO2 per ogni passeggero (una media di 88 persone a volo) per ogni chilometro percorso. Un’auto ne produce 42 per passeggero per chilometro.
Circa 8 tonnellate su 10 di questa CO2 emessa riguarda tratte lunghe, oltre i 1500 km.
Secondo le stime di Supporting European Aviation, a luglio 2019 in Europa il traffico aereo (oltre 1 milione di voli) avrebbe generato 20,7 milioni di tonnellate di CO2.
La Commissione Europea annovera fra le 10 big companies più inquinanti d’Europa, nove centrali a carbone, e al decimo posto una compagnia aerea, con 9,9 mega tonnellate di CO2 equivalente prodotte nel 2018.
È anche vero che non tutte le compagnie inquinano allo stesso modo. Secondo un rapporto della Transition Pathway Initiative (TPI) – un’iniziativa globale che valuta la preparazione delle aziende alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio – EasyJet sarebbe la compagnia che produce il minore impatto in termini di CO2 emessa. Le linee guida ICAO (Organizzazione internazionale dell’aviazione civile, agenzia autonoma delle Nazioni Unite) per migliorare il consumo di carburante fissano come soglia una riduzione dell’1,5% annuo. Quasi tutte le compagnie esaminate dovrebbero soddisfare questo diktat entro il 2020, chi più chi meno. Ogni aereo di EasyJet dovrebbe emettere circa 75 g di CO2 per passeggero per km entro il 2020, rispetto ai 172 grammi per persona per chilometro di Korean Air. Il gruppo International Airlines (IAG), che comprende British Airways, dovrebbe emettere 112 g.
Un passo intermedio è la cosiddetta “compensazione”. Eppure – come ha raccontato un’inchiesta della BBC https://www.bbc.com/news/science-environment-48133365 – sono poche le compagnie aeree che offrono ai passeggeri l’opportunità di compensare l’anidride carbonica prodotta dai loro voli, pagando un po’ di più il proprio biglietto in modo che la compagnia possa finanziare progetti ambientali. Secondo le stime, per compensare l’impronta ecologica di un volo andata e ritorno da Londra a Malaga, basterebbero circa 4 sterline, per uno da Londra e Città del Capo, in Sud Africa, servirebbero circa 20 sterline. Le emissioni di CO2 per passeggero di quel volo sono all’incirca le stesse di quelle prodotte dal riscaldamento della casa media per un anno.
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