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economia

Retorica apocalittica, scetticismo e felicità: ecco chi pensa cosa del cambiamento climatico

Nell’esplorare un dataset (da interrogare poscia con maggiore rigore), mi sono imbattuto in qualche incrocio tra variabili che potrebbe anche solleticare un utile spunto di riflessione.

Il dataset è la European Social Survey, un progetto transnazionale in cui cittadini di diversi paesi europei e di aree geograficamente limitrofe rispondono a svariate domande in merito al proprio orientamento politico, la percezione di benessere soggettivo, norme sociali e valori di riferimento  e altro.

La Wave 8, relativa a interviste condotte tra il settembre del 2016 e il novembre del 2017, è particolarmente interessante perché contiene una sezione speciale dedicata al cambiamento climatico.

In questo articolo, mostriamo alcune correlazioni interessanti, in particolare, relative alla risposta a una domanda fatta agli intervistati:

“Pensi che il clima mondiale stia cambiando?”

Con una scala di risposte possibili tra 1 e 4, dove 1 è il valore di chi è convinto che esista il problema del cambiamento climatico e 4, viceversa, quello di riferimento per i clima-scettici.

Abbiamo provato a incrociare la risposta a questa domanda con alcune variabili di interesse e qui di seguito mostriamo le evidenze (ripetiamo, si tratta di semplici correlazioni, per quanto statisticamente significative) trovate.

Cominciamo con l’età: c’è una correlazione tra l’età di chi risponde alla domanda e la percezione rispetto al cambiamento climatico?

Ebbene sì.

 

La relazione sembra quadratica, con la sensibilità ambientale che tende a crescere fino ai 40 anni per poi ridursi con l’età: frutto di un livello educativo più basso degli anziani (che hanno dunque una minore percezione del problema cambiamento climatico?) o di un’attitudine egoistica orientata al breve periodo, con logica riassumibile nell’espressione: “che me ne frega a me, che tanto la cosa non mi impatta?”.

Difficile rispondere, ma è interessante osservare la correlazione tra l’attitudine verso il cambiamento climatico e la percezione di giustizia: quanto si ritiene che la propria comunità di riferimento sia giusta, cioè, su una scala tra 0 e 10.

 

 

In questo caso, seppur con una significatività statistica meno elevata, la correlazione va nella direzione attesa: più si ha fiducia nella giustizia della comunità e più si è sensibili al problema cambiamento climatico.

Una correlazione delicata ma assai interessante è quella con l’indicatore di felicità: alle più di 40 mila persone intervistate, è stato chiesto quanto si sentono felici su una scala da 0 a 10.

 

La correlazione è molto significativa e l’evidenza piuttosto chiara: persone che si dichiarano più felici sono anche quelle per le quali il problema ‘cambiamento climatico’ è molto reale.

Questo dato sarebbe tutto da esplorare, perché la retorica apocalittica che a volte circonda i messaggi di Greta Thunberg sembra ispirarsi a un’idea di infelicità di fondo: le cose non vanno bene nella vita e ti lamenti del clima.

E se, invece, le cose fossero un filo più complesse di così e la soddisfazione (molto correlata, tra l’altro, alle dimensioni della fiducia e della giustizia) fosse positivamente correlata alla percezione di gravità del climate change?

Chiudiamo questa breve galleria senza poterci esimere dall’investigare l’uso dei media e l’attitudine politica.

 

 

Il dataset contiene informazioni interessanti sull’intensità (in minuti trascorsi in rete) dell’uso di Internet. Qui la relazione sembra negativa, come a catturare la sensibilità crescente di chi si informa di più. Tuttavia, a mano a mano che l’uso di Internet aumenta e il dato diventa ‘rumore’, la correlazione perde di significatività.

La European Social Survey contiene informazioni anche sul collocamento politico dei rispondenti su un’ipotetica scala sinistra – destra: 1 per chi si dichiara vicino alle posizioni di estrema sinistra e 10 per chi è simpatizzante, invece, dell’estrema destra.
Non sorprendentemente, la correlazione è chiara e molto significativa: la sensibilità al cambiamento climatico sembra essere un fattore divisivo molto netto tra le differenti posizioni politiche in campo.

Abbiamo anche fatto uno speciale ranking dei paesi presenti nella survey, ordinandoli su una scala dal più clima-scettico al più attivo sul fronte ambientale.

 

L’Italia è più o meno a metà classifica ma anche qui la suddivisione in aree è piuttosto netta: il gruppo dei paesi dell’Est spadroneggia tra i clima-scettici, insieme ai paesi scandinavi (ma ha un ruolo, qui, forse, il fatto che il grosso delle interviste è stato condotto tra l’autunno e l’inverno, dove probabilmente in quei paesi il clima è meno anomalo che nelle altre stagioni). I paesi dell’area mediterranea, invece, sono piuttosto sensibili al problema climate change.

 

Ultimi commenti
  • Gianpaolo Papaccio |

    La percezione del climate change non è reale nè commisurata alle enormi mutazioni che si stanno verificando soprattutto in quanto il “consumo” delle informazioni le rende fragili temporalmente e da “cestinare” per cui non è estesa la convinzione che si tratti di un problema grave, permanente ed in divenire con peggioramento delle condizioni di vita.
    Se non si farà comprendere a tutti che a partire dall’acqua la catastrofe ambientale ci porterà a non poter sopravvivere avremmo forse fatto molto ma allarmato.
    Il problema pertanto è grave e va fatto comprendere, ma l’allarme potrebbe anche portare a problemi.
    Le politiche di tutti gli Stati del mondo sono assolutamente lente e NON vanno nella giusta direzione.
    Se tanti ambientalisti vengono uccisi (vedi articolo su questo giornale) nei Paesi dove le multinazionali maggiormente contribuiscono alla distruzione (incendi in Amazzonia ed in Africa sino alle miniere in Asia e così via) e si addossano poi le colpe ai piccoli, laddove sono chiaramente gli interessi dei grandi a contribuire largamente alla accelerazione della distruzione, non è possibile trovare nè una soluzione nè dare speranza.
    La terra è solo questa e ci viviamo in tantissimi, ma ora è come una barca con una grossa falla e sta affondando.
    Se nessuno degli occupanti fa nulla, in un tempo sempre più ravvicinato, affonderà inesorabilmente.
    Questa sola percezione va data: come ciascun buon padre di famiglia sa amministrare occorre agire!

  • Gianpaolo Papaccio |

    La percezione del climate change non è reale nè commisurata alle enormi mutazioni che si stanno verificando soprattutto in quanto il “consumo” delle informazioni le rende fragili temporalmente e da “cestinare” per cui non è estesa la convinzione che si tratti di un problema grave, permanente ed in divenire con peggioramento delle condizioni di vita.
    Se non si farà comprendere a tutti che a partire dall’acqua la catastrofe ambientale ci porterà a non poter sopravvivere avremmo forse fatto molto ma allarmato.
    Il problema pertanto è grave e va fatto comprendere, ma l’allarme potrebbe anche portare a problemi.
    Le politiche di tutti gli Stati del mondo sono assolutamente lente e NON vanno nella giusta direzione.
    Se tanti ambientalisti vengono uccisi (vedi articolo su questo giornale) nei Paesi dove le multinazionali maggiormente contribuiscono alla distruzione (incendi in Amazzonia ed in Africa sino alle miniere in Asia e così via) e si addossano poi le colpe ai piccoli, laddove sono chiaramente gli interessi dei grandi a contribuire largamente alla accelerazione della distruzione, non è possibile trovare nè una soluzione nè dare speranza.
    La terra è solo questa e ci viviamo in tantissimi, ma ora è come una barca con una grossa falla e sta affondando.
    Se nessuno degli occupanti fa nulla, in un tempo sempre più ravvicinato, affonderà inesorabilmente.
    Questa sola percezione va data: come ciascun buon padre di famiglia sa amministrare occorre agire!

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