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economia

Trapianti: bilancio positivo, ma ancora pochi i Comuni abilitati alla dichiarazione

La prima buona notizia è che negli ultimi anni sono state sempre di più le persone che hanno deciso di donare i propri organi e che lo hanno fatto. Con la conseguenza che il numero di persone in lista d’attesa è in alcuni casi riuscito a diminuire.
Secondo quanto emerge dal rapporto del Sistema Informativo Trapianti, aggiornato al 31 marzo 2019, in 27 anni il numero di donazioni e di trapianti effettuati è aumentato incredibilmente. Nel 1992 si contavano 329 donazioni d’organo per un totale di 1083 trapianti da cadavere. Nel 2018 le donazioni sono state 1371 e i trapianti effettuati 3407.
Il trend 2014-2018 è in decisa ascesa, con una crescita delle donazioni pari al 24,4% e il 2018 è stato il secondo anno migliore di sempre, con 1.680 donatori (tra deceduti e viventi), ben al di sopra della media degli ultimi 5 anni. Si contano 4.446.619 dichiarazioni registrate nel Sistema Informativo Trapianti: 2,8 milioni rilasciate ai comuni, 1,3 all’AIDO (Associazione italiana per la donazione di organi) e 179 mila alle ASL.
Oggi sono in lista d’attesa per trapianto 8847 persone: 6719 per il rene, 991 per trapianto di fegato, 689 per il cuore, 363 per il polmone, 245 per il pancreas e 11 per l’intestino. Il totale dei reni richiesti è invece 8158, dal momento che per il trapianto di rene ogni paziente può avere più di una iscrizione.

La vita dopo il trapianto
La seconda buona notizia è che la maggior parte dei pazienti trapiantati sopravvive a un anno dall’intervento: il 97% di chi ha ricevuto un rene, l’86% di chi ha ricevuto un fegato, l’80% dei trapiantati di cuore, il 70% di chi ha ricevuto un nuovo polmone. Questi ultimi dati sono calcolati sulla media del periodo 2002-2015. Mediamente il 70% dei pazienti è ancora in età da lavoro, e quasi tutti – dall’80% al 90% di loro – è in grado di riprendere le attività a un anno dall’intervento.
Ci sono infine le donazioni di tessuti: cornea, osso, vasi, cute, valvole e membrana amniotica. Nel 2018 si è registrato un vero e proprio boom nel numero di nuovi iscritti al registro: ben 37.835 persone, su una media di poco più di 20 mila l’anno dal 2014 al 2017. Nel 2018 sono stati effettuati 16.468 trapianti, una leggera flessione rispetto agli anni precedenti: 7.583 di ossa, 5.945 di cornea, 1.171 di cute, 855 di membrana amniotica, 226 di vasi e 142 trapianti di valvole.

Disuguaglianze nei servizi
Sul territorio sono attivi 96 programmi di trapianto di organi e 98 programmi per le cellule staminali emopoietiche. Il Centro Nazionale Trapianti Operativo, invece, gestisce 15 programmi nazionali, tra i quali quello per i pazienti pediatrici e quello per le urgenze. Tuttavia non ovunque in Italia si procede alla stessa velocità: i volumi di attività nelle regioni centro-settentrionali sono ancora molto superiori a quelli del Sud. La città con il volume maggiore di trapianti di rene è Torino (168 interventi da donatore deceduto è 16 da vivente), seguita da Padova (120 da deceduto e 59 da vivente), Verona (97 da deceduto e 17 da vivente), Roma La Sapienza (73 da deceduto e 5 da vivente), Genova (72 da deceduto) e Bologna (72 da deceduti e 24 da vivente). Per i trapianti di fegato, al primo posto troviamo Pisa (161 interventi) seguita da Torino (152), Padova (101) e Bergamo (90). Per il trapianto di cuore gli istituti con il volume maggiore di interventi sono l’Ospedale Niguarda di Milano con 31 trapianti, Padova con 30, Udine con 24. Per il polmone al primo posto troviamo ancora Torino con 33 interventi, il Policlinico di Milano con 31 e Padova con 30 trapianti; mentre per quanto riguarda il pancreas, il primo posto in Italia per numero di interventi è Padova (11), seguito dal San Raffaele di Milano (8 interventi).
Anche la possibilità stessa di donare differisce di molto da regione a regione. Al sud i comuni abilitati a trasmettere le dichiarazioni di volontà sul totale per ogni regione sono mediamente di meno rispetto al nord. In Basilicata solo il 20% dei comuni è attivo, in Molise il 18%. Al centro nord su supera mediamente l’80%, tranne in Veneto dove solo la metà dei comuni è oggi abilitata.