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cronaca

Nba: la statistica record di LeBron James e il pronostico in corsa

Anche quest’anno, come tradizione vuole, la prima metà di Giugno è il periodo in cui si disputano le finali NBA e, come anche negli ultimi tre campionati, la sfida prevede il confronto tra i campioni in carica di Golden State contro i Cleveland Cavaliers.
Nonostante il percorso tumultuoso che ha condotto i Cavs fino all’ultimo stadio della stagione, passando dall’addio di Kyrie Irving nell’estate scorsa fino ad arrivare allo smantellamento semi-totale del roster in concomitanza con la pausa per l’All Star Game tenutosi a Febbriao, il fattore LeBron James è stato ancora una volta risolutore per accedere alle Finals.
A differenza degli ultimi tre tornei, non potendo disporre di un vero trio di tenori, con il solo Kevin Love come unico All Star oltre all’imprescindibile James, i Cavaliers hanno dovuto faticare più del previsto in ben due dei tre turni che hanno preceduto la serie contro i Warriors, arrivando a giocarsi il passaggio del turno nella decisiva gara-7 sia contro i sorprendenti Indiana Pacers, sia contro i promettentissimi Celtics nella finale di conference.
La sfida con Boston, se non fosse stato per un’operazione al ginocchio che ne ha concluso la stagione anzi tempo, avrebbe visto tra le fila biancoverdi proprio quel Kyrie Irving che non più tardi di dieci mesi fa decideva di abbandonare Cleveland per diventare il leader di una sua squadra, uscendo così dall’ombra di James, ma che aveva contribuito al titolo del 2016 tanto quanto ad alimentare la più o meno supposta teoria per la quale gli ingranaggi di Cleveland fossero troppo vincolati al numero 23 dei Cavs.

Ora, che LeBron James – usando un eufemismo – eserciti da sempre un certo ascendente sulla città di Cleveland è praticamente risaputo: provenienza da Akron, prodigio già dalle scuole medie con inimmaginabile seguito mediatico (e relativo giro di affari anche per la stessa città) e selezione al draft con la chiamata numero uno sono solo i primissimi passi compiuti prima di disputare una singola stagione nella NBA.

Dall’arrivo del “Chosen One” ad oggi, sono poi stati riscritti innumerevoli record statistici che lo vedono già in cima a diverse graduatorie con altre che lo proiettano in quella strettissima élite del basket americano in cui solo pochissimi hanno saputo arrivare, con annessi siparietti più o meno costruttivi sull’ormai eterno dibattito che tiene banco da parecchi anni in merito al suo status di G.O.A.T della pallacanestro, ossia Greatest Of All Time, scalzando dal trono Michael Jordan, l’icona della precedente era cestistica.

A prescindere dagli schieramenti coinvolti c’è un aspetto che mette d’accordo quasi tutti (d’altra parte gli irriducibili resteranno sempre arroccati sulle loro posizioni) ed è fortunatamente quello più oggettivo: i numeri.

Nell’infografica che segue sono rappresentati i numeri delle 15 regular season disputate da LeBron James a partire dalla stagione 2003/04 con particolare attenzione sulle medie per quanto riguarda punti segnati, rimbalzi catturati e assist distribuiti ai compagni.
Per ognuna di queste voci statistiche sono state plottate le trend-line della carriera contrassegnate da un marker per ogni stagione di colore giallo in caso di partecipazione alle finali e con forma di stella in caso di vittoria del titolo NBA.
A seguire è riportata anche la lista dei top performer per la stagione corrente in termini di somma di punti, rimbalzi ed assist arricchita con il fattore età rappresentato con un gradiente di colore che varia dal verde intenso per i giocatori più giovani al blu scuro per quelli più “anziani”.

 

L’indiscutibile grandezza di King James, oltre che nei numeri pazzeschi in senso assoluto, va apprezzata specialmente nell’incredibile continuità che lo rendono una specie di scherzo della natura visto che a 33 anni compiuti (saranno 34 il prossimo 30 Dicembre) ha disputato una quindicesima stagione numericamente irreale se si considera che, oltre a segnare 27,5 di media, ha fatto registrare i massimi in carriera sia sul fronte dei rimbalzi (8,6 a partita) sia sul fronte degli assist (9,1).
Tanto per avere un metro di conronto scontato molto caro ai fan di LeBron, Michael Jordan a 34 anni, pur mantenendo un bottino realizzativo in linea con la sua media in carriera, catturò 5,8 rimbalzi a gara distribuendo 3,5 assist di media in quella che di fatto risulta essere la sua dodicesima stagione tenendo conto del ritiro dal basket di quasi due anni tra il 1993 ed il 1995 a seguito della morte del padre e durante la quale tentò l’avventura nel baseball professionistico.

E se Jordan durante il periodo di pausa dal basket giocato ha potuto saltare quasi due regular season rispetto a James, va anche tenuto conto di come l’icona dei Cavs, a parità d’età, abbia nelle gambe altre stagioni in più considerando che non essendo andato al college, il regime delle 82 gare stagionali è cominciato all’età di diciannove anni.

Fermo restando che LeBron James sembra il risultato della sintesi perfetta tra ingegneria biomedica e talento cestistico, contesto che lo pone di fatto su un altro piano rispetto a tutti i suoi attuali avversari, e pur considerando che la NBA odierna è decisamente meno dura e fisica rispetto a quella di fine anni 80’ in cui Jordan ha costruito la sua leggenda, fatta eccezione per i quattro anni trascorsi a Miami in compagnia di Wade e Bosh, va sottolineato come il supporting cast del numero 23 dei Cavs non sia sempre stato all’altezza dei palcoscenici in cui si è dovuto misurare.

Questo tema è curiosamente un punto di semi-convergenza tra estimatori e detrattori visto che da un lato, leggendo i nomi dei roster in cui ha militato, è evidente come abbia saputo portare in finale (vincendo tre titoli su otto apparizioni precedenti) squadre tutt’altro che indimenticabili come i Cavaliers del 2007, mentre dall’altro c’è chi ricorda come, in altri casi (finale persa contro Dallas nel 2011) il rendimento di LBJ sia stato un po’ sotto le aspettative a differenza del già citato Jordan che può vantare un record perfetto di sei vittorie in altrettante apparizioni nelle finali.

Tornando però a contestualizzare i numeri per quello che sono, le nove finali disputate sono di per sé un traguardo incredibile a maggior ragione se si considera che con quella di quest’anno sono otto consecutive, impresa riuscita solo ad alcuni giocatori dei Boston Celtics degli anni ’60 capitanati dall’intramontabile Bill Russell.

Concentrandosi poi sul presente, abbandonando i paragoni con il passato più o meno recente, la stagione regolare appena conclusa è, come detto, una tra le migliori di sempre disputate da James e che lo vede in seconda posizione assoluta dietro al solo Russell Westbrook (seconda stagione consecutiva chiusa in tripla doppia di media con almeno dieci punti, dieci rimbalzi ed altrettanti assist) in termini di produzione per le tre principali voci statistiche.

Pur tenendo conto di come ultimamente le cifre di tutte le superstar risultino particolarmente in rialzo rispetto agli anni precedenti, probabilmente anche per via di un ritmo di gioco che contribuisce ad aumentare il fondo scala statistico, è impressionante come LeBron James, oltre ad essere il più “vecchio” in senso assoluto, risulti essere l’unico trentenne nelle prime quindici posizioni dei top performer per somma di punti, rimbalzi ed assist in una graduatoria dove nove dei primi 25 giocatori della lega hanno un’età minore o uguale a 24 anni.

Pronostico in corsa

Il quarto episodio della saga contro i Golden State Warriors, come era attendibile, dopo il 2-0 iniziale, pare essere indirizzato verso il terzo titolo della squadra guidata da Steph Curry e Kevin Durant, anche se chi ha assistito alla prestazione del numero 23 dei Cavaliers durante gara-1 sa bene che ogni gara in cui gioca LeBron James potrebbe entrare di diritto nella storia come una delle più grandi imprese di questo sport.

I 51 punti, conditi da 8 rimbalzi e 8 assist, collezionati in una partita che ha dell’incredibile per come è terminato il quarto periodo a cui ha fatto poi seguito un supplementare bugiardo specialmente nel punteggio finale, sono forse la fotografia perfetta di una gara che pare aver messo tutti d’accordo sulla grandezza del giocatore a prescindere dall’esito dell’incontro.

La serie torna quindi a Cleveland per gara-3 con l’ipotesi neanche troppo remota che non ci sia un ritorno alla Oracle Arena dei Warriors dopo le prime 4 partite, ma non va dimenticato che Golden State in questi ultimi quattro anni di playoff ha perso un’unica serie, subendo una storica rimonta dopo essere stata in vantaggio per 3-1.

Indovinate un po’ chi giocava per la squadra avversaria.