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cronaca

Celiachia: sempre più diagnosi, specie fra le donne. E la formazione?

Sono 198.427 gli italiani celiaci nel 2016, tanti quanti gli abitanti dell’intera area metropolitana di Taranto. Erano 182.858 nel 2015 e 172.197 nel 2014. Nel 2016 il numero totale delle nuove diagnosi è stato di 15.569, oltre 5.000 in più rispetto all’anno precedente. E c’è di più: si stima un sommerso, cioè persone celiache non ancora diagnosticate di 407.467 unità. In altre parole per ogni diagnosticato ci sarebbero altre due persone che sono celiache ma che non lo sanno.

Sono i dati  riportati nella relazione al Parlamento depositata dal Ministero della Salute lo scorso gennaio, che raccoglie i dati regione per regione, e  per sesso.

Da qualche mese inoltre la celiachia è passata all’interno dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) dall’elenco delle malattie rare a quello delle malattie croniche invalidanti, per la sua sempre maggiore prevalenza. Che cosa significa questo? Significa che le procedure diagnostiche non sono più in regime di esenzione, ma una volta diagnosticati, i pazienti possono usufruire delle esenzioni fino a un tetto massimo mensile stabilito dalla legge. La relazione stima che nel 2015 il Servizio Sanitario Nazionale abbia speso 270 milioni di euro per garantire ai malati l’accesso in regime di esenzione ad alimenti senza glutine.

Qui si incontra un dato interessante: sebbene la celiachia colpisca il doppio delle donne rispetto agli uomini, le donne adulte celiache hanno diritto a un “rimborso” pari a circa due terzi di quello dato agli uomini: 99 euro mensili a fronte di 140 euro. Lo ha stabilito la normativa ) vigente in sui limiti massimi di spesa per l’erogazione dei prodotti senza glutine datata 2006, che attualmente si trova in fase di revisione.

Vi sono regioni, come la Sardegna, il Molise, il Friuli Venezia Giulia, dove il rapporto fra pazienti donne e uomini è addirittura di 3 a 1. Le regioni dove la prevalenza di celiaci è maggiore sono appunto la Sardegna e la Toscana (è celiaco lo 0,41% della popolazione), proprio grazie alla massiccia prevalenza fra le donne (0,60% in Sardegna e 0,56% in Toscana). Le regioni invece con prevalenza complessiva più bassa sono le Marche (0,22%), il Veneto (0,25%) e la Basilicata (0,26%).

Importante è infine la stima del numero di malati non diagnosticati per regione. In Lombardia per esempio ci sarebbero addirittura 62 mila persone malate ma senza diagnosi, in Campania e Lazio oltre 40 mila, in Veneto quasi 38 mila.

Dato il numero crescente di nuove diagnosi che vengono effettuate ogni anno e date le stime da non sottovalutare sul sommerso, la formazione del personale sanitario è cruciale. Eppure, i corsi di formazione  in materia di celiachia organizzati a livello regionale (oltre 600 nel 2016 per una media di 25 persone per corso e 5 ore di formazione) vedono un’offerta a macchia di leopardo. In regioni cruciali in termini di prevalenza come la Lombardia e il Lazio, nel 2016 non sono stati proposti corsi di formazione per gli operatori sanitari. Viene da chiedersi se questa mancanza di offerta sia da imputarsi a una maggiore offerta negli anni passati. Non pare sia così. Andando a cercare i dati delle relazioni dei precedenti anni, scopriamo che nel 2014  il Lazio ha proposto 13 corsi, la Lombardia 7 (e si tenga conto che nel 2014 a livello nazionale erano stati organizzati 1.204 corsi di formazione). Nel 2015  i corsi sono stati 8 nel Lazio e 5 in Lombardia.

Il sud in questo senso invece se la cava meglio. In particolare in Abruzzo nel 2016 sono stati organizzati ben 119 corsi per un totale di oltre 3500 partecipanti. A seguire Emilia Romagna e Veneto con 90 corsi offerti a oltre 2000 persone.