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Calciomercato: quando è difficile investire in una startup?

Questa mattina, da buon interista, mi sono svegliato pensando agli unicorni (“Trofei europei e dove immaginarli“).

Un unicorno è un’azienda che raggiunge sul mercato una capitalizzazione di almeno un miliardo di dollari.

Qui di seguito la lista delle prime dieci, tratta direttamente da Fortune:

Uno dei temi atavici riguarda la capacità dell’investitore di scegliere l’azienda giusta su cui puntare i propri soldi: qual è la start up il cui valore aumenterà con vera disruption facendo le fortune del business angel più audace?

Sono giorni parecchio caldi, come dimostra la vicenda dell’italiano Matteo Achilli e dell’italianissima storia di Egomnia.

Ma per tornare alla Champions League e alla metafora calcistica, cosa di meglio che andare a ravanare nei cestini della storia del calciomercato, alla ricerca degli affari mancati più clamorosi?

Non è infatti troppo diverso il caso di un giovane talento da quello di una start up. E non è troppo diverso il ruolo del venture capitalist di turno da quello dello scout che scommette sulla crescita del valore di un campione in erba.

Lasciando perdere la storia del mancato arrivo di Platini all’Inter (correva l’anno 1978), ci sono alcuni casi piuttosto clamorosi che vale la pena di ricordare.

Nel 1998, il Torino cercava un rilancio da grande squadra ed ebbe tra le mani un ragazzino di 18 anni, sponsorizzato dal fratello. Si chiamava Ronaldo de Assis Moreira e, pochi anni dopo, il suo sorriso avrebbe fatto il giro del mondo nel segno di Ronaldinho. Il Gremio, la società brasiliana che ne deteneva il cartellino, decise di non lasciarlo partire. E sfumò così il sogno della squadra granata. Un calciatore che costava spiccioli fu acquistato nel 2003 dal Barcellona per 30 milioni di euro ed arrivò ad avere una clausola rescissoria di 125 milioni di euro.

Anno 2002, Parma. Arrigo Sacchi, allora direttore tecnico per gli emiliani, concluse un affare pirotecnico acquistando, per 11 milioni di euro, un giovanissimo Cristiano Ronaldo. L’ex tecnico ci aveva visto giusto, ancora una volta, ma il ragazzo si oppose all’affare. Ora è uno tra i due calciatori più forti al mondo: pagato 94 milioni di euro dal Real Madrid al momento dell’acquisto dal Manchester United, lui è davvero un unicorno, con una clausola rescissoria impossibile da 1 miliardo di euro.

In questa speciale classifica dei rimpianti, l’Inter occupa comunque una posizione di tutto rispetto. E lo fa in merito a 2 affari mancati piuttosto recenti.

Il primo riguarda Paul Pogba, centrocampista tra i più forti al mondo, venduto soltanto la scorsa estate dalla Juventus per 120 milioni di euro, con una plusvalenza niente male, visto che il ragazzo era stato pagato per 600 mila euro, dopo essere stato scartato proprio dai nerazzurri.

Ma la start up su cui il rimorso dei business angels nerazzurri deve fare più mea culpa risponde al nome di Paulo Dybala Srl.

Nel 2012, per tutta l’estate, il ragazzo, promettente attaccante dell’Instituto Atletico Central Cordoba, venne visionato e di fatto acquistato dall’Inter per la cifra di 3 milioni di euro. Dopo un mese di tira e molla, la società nerazzurra ritenne l’investimento troppo rischioso e ne approfittò il Palermo, che lo acquistò facendolo sbocciare in serie B prima e in A l’anno successivo.

Acquistato dalla Juventus due estati fa, si parla ora di un valore di mercato di più di 100 milioni di euro.

Come diceva il grande economista Franco Califano, tutto il resto è Joya. Non ho detto noia, ma Joya Joya Joya.