Indica un intervallo di date:
  • Dal Al
finanza

Startup: digital retail e turismo i settori più performanti

Maggiori opportunità di investimento, ma anche più exit, più fondi dedicati alle nuove imprese innovative e più hub tecnologici. Lo scenario dipinto da due diversi report resi pubblici a fine dicembre, “State of Startups 2016” del venture capital americano First Round e “The State of European Tech 2016” dell’inglese Atomico Ventures, è estremamente promettente. Per lo meno per le startup che operano negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Sia in Europa che Oltreoceano, in generale, la sensazione dei nuovi imprenditori è quella di un anno terminato all’insegna della crescita e di concreti presupposti per acquisizioni e Ipo nell’immediato futuro. O addirittura, lo pensano il 20% dei founder di startup oggetto di indagine, per la scalata a unicorno. La fiducia, nel caso dei nuovi capitani d’impresa americani, è giustificata dal fatto che, mediamente, un terzo delle aziende hi-tech da loro fondate o gestite ha chiuso almeno un round di finanziamento nel corso dell’ultimo anno, fra operazioni seed e Series A, ottenendo in diversi casi investimenti più corposi di quanto preventivato.
Nel Vecchio Continente il sentiment degli startupper tecnologici non è molto diverso. La stragrande maggioranza (l’88% degli intervistati da Atomico) si dice sicuro che il 2017 sarà un anno positivo per l’ecosistema delle nuove imprese e oltre il 70% conferma una fiducia crescente nei venture capitalist europei come prima fonte di finanziamento, forti del fatto che il numero di round conclusi nell’ultimo anno supera quota 2.400, contro i 2.077 del 2015. Un altro fattore incoraggiante, fanno notare gli esperti di P101 (venture capital specializzato in investimenti early stage nel settore digitale), è l’espansione degli hub tecnologici in tutta Europa, un fenomeno che dai bacini “storici” di Londra o Berlino si via via allargando a città come Parigi, Stoccolma, Lisbona, Barcellona, Praga e Copenaghen.
Lo stato di salute dell’hi-tech, a livello di startup, è dunque più che buono e lo provano diversi indicatori. Gli investimenti nei settori dell’intelligenza artificiale, dell’Internet of things, della realtà virtuale e dell’hardware di nuova generazione sono saliti negli ultimi due anni, nella sola Europa, a 2,3 miliardi di dollari. Parimenti stanno aumentando le acquisizioni fra Vecchio Continente e Stati Uniti: dal 2011 ad oggi, le scalate di società tech europee ad opera delle varie Apple, Amazon, Alphabet (Google), Microsoft e Facebook sono state oltre una cinquantina, mentre una trentina sono state le exit europee di startup tech (contro le 16 contate negli Usa).
Stando alle rilevazioni di Tracxn, invece, sono i comparti della sicurezza di classe enterprise (le grandi e grandissime aziende) e delle soluzioni informatiche e digitali per il mondo sanitario ad aver raccolto più investimenti dai venture capital su scala globale, con circa sette miliardi di dollari ripartiti più o meno equamente in poco meno di 600 round. In Europa, sempre secondo i dati della società di ricerca indiana, l’operato dei VC ha interessato soprattutto le startup attive nel campo dell’online retail e dell’e-travel, verso cui sono stati destinati rispettivamente 661 e 522 milioni di dollari. Di circa 320 milioni di dollari è invece l’entità dei funding per gli specialisti dell’intelligenza artificiale mentre il volume complessivo di finanziamenti erogati da venture capital nel Vecchio Continente è salito invece oltre quota 18,5 miliardi attraverso 1.600 round.
Le opportunità di crescere, e molto velocemente, quindi ci sono e le hanno sapute cogliere, stando alla sedicesima edizione della “Technology Fast 500 Emea” stilata da Deloitte, anche alcune startup italiane. Fra le 500 società hi-tech che hanno visto aumentare i ricavi più rapidamente negli ultimi quattro anni spiccano infatti di nomi di Beintoo (specializzata in servizi di mobile data, entrata nel ranking al 45esimo posto), Marketing Arena (digital marketing, al 90esimo) e Caffeina (digital creative agency, al al 92esimo). Altri nomi che hanno segnato incrementi del fatturato a tre cifre (dal 200 al 1000 per cento) sono Afinna One, FiloBlu, MotorK Italia, Sardex, EiS, 01s e Crestoptics. Nella classifica generale, dominata dalla Francia davanti al Regno Unito (l’Italia è dodicesima), le aziende del software sono le più rappresentate (271 su 500) mentre la percentuale di crescita cumulativa più alta è appannaggio dei settori hardware (962%), media (644%) e clean technology (471%).

Articolo sul Sole 24 Ore del 13 gennaio a pagina 29