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Startup: come è andato nel 2016 il mercato europeo del venture capital

Gli investimenti europei in startup e aziende tech corrono fino a sfiorare una previsione di 14 miliardi di dollari entro il 2016. Ma i round restano bloccati in fase early stage: i primi finanziamenti, quelli che dovrebbero fare solo da rampa di lancio sul mercato. È quanto emerge dalla fotografia scattata dall’edizione 2016 di State of European tech, il report realizzato fondo di investimento Atomico in collaborazione con l’associazione Slush.
Nonostante la battuta d’arresto del terzo trimestre di quest’anno, fermo a 3 miliardi contro i 3,6 del 2015, i capitali riversati nelle aziende tech del Vecchio Continente hanno già centrato quota 10,6 miliardi e potrebbero chiudere l’anno a 13,6 miliardi: un volume pari a cinque volte i 2,8 miliardi del 2011, a fronte di un totale previsto di 2.825 accordi (tre volte e mezzo gli 815 di cinque anni fa).
I portafogli dei venture capitalist si stanno facendo sempre più diversificati, se è vero che la “top 5” dei settori più finanziati nei primi nove mesi di quest’anno vede svettare l’industria musicale (1,3 miliardi), servizi finanziari (1,1 miliardi), software di impresa (913 milioni), moda (785 milioni) e food (663 milioni).
La cattiva notizia? La crescita è concentrata nei primi round, per poi calare proprio quando la startup avrebbe bisogno di più risorse per stabilizzarsi o andare in attivo. Per farsene un’idea, basta dare un occhio alla percentuale di startup passate dalla fase seed (il primissimo finanziamento) a round Series A e successivi. Tenendo in conto un intervallo medio di tre anni per chiudere almeno due round, la percentuale di aziende capaci di crescere dalla fase seed a un round Series A è calata dal 33% del 2009 al 21% del 2013, mentre quelle arrivate al Series B (lo step seguente) si sono dimezzate dal 16% all’8%.
Secondo l’analisi di Atomico, il raffreddamento degli investimenti dopo l’esordio sarebbe la spia di un limite strategico: le startup o ex startup europee più promettenti tendono a farsi acquisire dai colossi di settore, sopratutto da Usa e Cina, piuttosto che continuare ad espandersi con mezzi propri. Basti pensare al deal da 1,4 miliardi di sterline che ha consegnato il motore di ricerca Skyscanner all’agenzia di viaggio cinese Ctrip, all’acquisizione da 8,6 miliardi della casa di videogiochi Supercell a opera della connazionale Tencent o alle varie startup della consegna cibo inglobate dal gigante britannico Just Eat (come l’italiana PizzaBo, oggi scomparsa).
Il trend non ha impedito comunque di aggiungere sei new entry alla lista europea degli “unicorni”,le società con valutazione sopra al miliardo di dollari, portando a 37 il totale del Continente. I nuovi ingressi? La piattaforma per la consegna di cibo Deliveroo (474,5 milioni di dollari in finanziamenti), il sistema end-to-end Unity (289,2 milioni di dollari), il colosso dei casinò online Evolution Gaming, la piattaforma di software as a service Mimecast, il retail online di Boohoo e Mindmaz, un’azienda svizzera di information technology che ha incassato 108,5 milioni di finanziamenti.
E nel confronto tra Paesi? Il grosso degli investimenti si concentra tra Regno Unito e Germania, dove si registrano rispettivamente 3,7 e 2,1 miliardi di dollari nei primi nove mesi dell’anno contro i 7,8 miliardi del resto d’Europa. A margine, però, si fanno avanti le piazze candidate a nuovi hub su scala continentale. La “Brexit” delle imprese tecnologiche non è ancora iniziata, ma tra i concorrenti che insidiano Londra compaiono Francia (2,7 miliardi raccolti, meglio della stessa Germania), Svezia (1,6 miliardi) e qualche outsider come il Portogallo, l’ex periferia che ha visto i capitali impennarsi da zero a 51 milioni nell’arco di un quinquennio.
Chi fa ancora fatica a risalire la china, per ora, è proprio l’Italia. Gli ultimi dati dell’Aifi, associazione italiana private equity e venture capital, hanno registrato investimenti nel segmento seed-startup pari a 35 milioni di euro per i primi sei mesi dell’anno. Il dato fa segnare un aumento di quasi l’80% (77%) rispetto ai 20 milioni messi a segno in precedenza, ma rende difficile avvicinarsi ai picchi raggiunti in annate come il 2012 (135 milioni) e allunga, ancora di più, le distanze con la media europea per quantità e ritmo degli investimenti riservati all’innovazione.
startup@ilsole24ore.com