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politica

Sanità: in 7 anni perso un professionista ogni 1000 persone

Stando ai nuovissimi dati appena pubblicati nel Rapporto Sanità 2019 del Centro Studi Nebo, il bilancio dal 2010 al 2017 è negativo: nel 2017 lavorano in sanità 6 persone su 100 in meno rispetto al 2010: 670 mila persone a fronte delle oltre 707 mila di inizio decennio. Si tratta di una analisi che riguarda 670.000 dipendenti impegnati a vario titolo (medici, infermieri e altri operatori sanitari, profili tecnici e professionali, dipendenti del ruolo amministrativo e di direzione) nelle 201 Aziende Sanitarie (AS) censite nel 2017 fra Aziende Sanitarie Locali (ASL) e 100 Aziende Ospedaliere (AO).
Il rapporto presenta due indicatori: il personale effettivo in servizio, che indica il totale delle persone attualmente dipendenti dell’Azienda (a tempo indeterminato e determinato, full time o part-time); e il personale equivalente, calcolato in base alle mensilità stipendiali erogate. I grafici qui ricostruiti si basano su quest’ultimo indicatore, poiché quantifica le risorse umane realmente disponibili pesando le unità di personale effettivo anche in base alla porzione d’anno in cui hanno prestato lavoro presso l’Azienda e alla percentuale dell’eventuale rapporto part-time.
Come si diceva, dal 2010 al 2017 il numero di dipendenti delle Aziende selezionate è passato da oltre 707.000 unità a poco meno di 670.000: una diminuzione del 5,5%. Tuttavia, se ragioniamo in termini di personale equivalente la diminuzione appare tuttavia più incisiva dal momento che il tipo di contratto (a tempo pieno o parziale) conta, eccome. In termini di personale effettivo, si contano quasi 633.000 dipendenti con contratto a tempo indeterminato (dei quali circa 583.000 a tempo pieno e 50.000 a tempo parziale) e 36.000 unità di personale con contratto a tempo deter- minato.
Pesando infatti ciascun dipendente anche in funzione del tipo di rapporto e dei mesi effettivamente lavorati (si pensi ai pensionamenti in corso d’anno, a titolo di esempio) la forza lavoro del 2010 è stimabile in poco più di 652.000 unità di personale, contro le 609.000 del 2017. Il -6,6% di cui si parlava in apertura.
In termini percentuali la contrazione più marcata nel numero di lavoratori ha riguardato chi si occupa di direzione e amministrazione. Abbiamo registrato un -12,4% in sette anni, passando dalle oltre 75.000 unità alle 66 mila nel 2017. La seconda area che ha vissuto i tagli maggiori è quella tecnico-professionale, di dimensione analoga a quella medica con oltre 100 mila unità, che sconta un taglio dell’8,6%, con oltre 10.000 unità in meno. Il numero di medici, veterinari esclusi, è invece diminuito del 7% (7.600 unità in meno, da 110 mila a 103 mila unità equivalenti nel 2017).
Gli infermieri e il personale per la riabilitazione sono invece 12.500 unità equivalenti in meno rispetto al 2010, a un calo del 4,4%. Il restante personale sanitario scende di 3.500 unità, vale a dire una decurtazione del 6% delle oltre 57.000 unità rilevate nel 2010;
Per stimare la dotazione sul territorio è stata calcolato il rapporto fra personale equivalente per 1.000 assistiti equivalenti. In sintesi in soli sette anni a livello nazionale abbiamo perso un’ unità di personale per 1000 assistiti, determinata per quasi un terzo da infermieri e riabilitatori.
Dal punto di vista regionale i dati mostrano rilevanti variazioni, anche se è necessario tenere presente i Piani di rientro hanno richiesto tra gli altri, incisivi interventi sui costi del personale, spesso concretizzati nel blocco delle assunzioni. Non è un caso infatti che tra le Regioni dove emergono maggiormente segnali di criticità siano evidenziate quelle ancora oggi sottoposte a tale provvedimento, e cioè Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Nel complesso Lazio, Campania e Calabria hanno 17-18 professionisti su 100 in meno del 2010 e per alcune categorie anche meno. Per i medici il primato negativo è del Molise, che ha perso un professionista su tre dal 2010, seguito dal Lazio, dove la diminuzione è equivalente a un medico ogni cinque (-20%), dalla Campania (-17%), dalla Calabria (-15%), dalla Sicilia (-14%) e dalla Liguria (-11%).